"La persona che il programma televisivo Le Iene definisce il supertestimone dell’omicidio di Garlasco mi si propose come detective". Lo ha dichiarato l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia di Chiara Poggi, in relazione alla puntata mandata in onda ieri sera in cui l’uomo ha raccontato che una signora gli disse di avere visto Stefania Cappa "nel panico" con una borsa pesante nella casa di sua nonna a Tromello.
"Ho riconosciuto benissimo il supertestimone, è il figlio della signora che faceva le pulizie a casa della mia famiglia quando ero bambino qualche settimana dopo l’omicidio del 13 agosto - ha affermato Tizzoni -. Non ricordo se io gli chiesi se avesse sentito qualcosa in giro o se fu lui a contattarmi. In quelle settimane ricevevo decine di proposte di collaborazione, segnalazioni e suggerimenti come avviene nelle vicende mediatiche. Lui è tornato da me nei mesi successivi dicendo che ’aveva qualcosa' sulle sorelle Cappa ma senza mostrare ’nulla di concreto'. Gli ho detto di andare dai carabinieri perché in quel momento c’era già l’indagine aperta su Alberto Stasi".
Andrea Sempio, l'avvocato a Mattino 5: "Ci avrebbero massacrato"
"Menomale che non ci siamo presentati": Massimo Lovati, avvocato di Andrea Sempio, lo ha detto in collegamento...Intanto anche il "contatto papillare numero 10", ossia un'impronta sulla "parte interna" della porta d'ingresso della villetta dei Poggi, quella di una presunta "mano sporca", su cui all'epoca dell'omicidio di Garlasco non venne fatta "alcuna indagine biologica" per accertare se ci fosse sangue, come scrissero già i carabinieri cinque anni fa, è stato analizzato nella nuova consulenza dattiloscopica disposta dai pm di Pavia. A differenza, però, di quell'impronta, la "numero 33", del palmo di una mano trovata sul muro delle scale vicino al corpo di Chiara Poggi e attribuita ad Andrea Sempio, questo altro "contatto", "fotografato per la prima volta" il 17 agosto 2007 dal Ris di Parma e che era stato, poi, evidenziato dai carabinieri del Nucleo investigativo in un'informativa del 2020, non si è riusciti ad attribuirlo ad alcuno, nelle comparazioni effettuate da Gianpaolo Iuliano e Nicola Caprioli, rispettivamente esperto del Ris e dattiloscopista forense. Se quell'impronta, catalogata come numero 10, "dovesse risultare essere sangue, sarebbe stata lasciata ovviamente - scrivevano gli investigatori - dall'aggressore all'atto dell'allontanamento dalla scena del crimine". Quella traccia, però, si leggeva già all'epoca, "non ha i 16 punti utili ad una comparazione", ma ne ha "solamente otto". Anche nei nuovi accertamenti non si sarebbe riusciti a superare questa difficoltà oggettiva.