Molte supposizioni, qualche suggestione, ma finora nessun elemento che veramente abbia dato una svolta a questa indagine bis che, per l’uccisione di Chiara Poggi avvenuta il 13 agosto 2007, ha come indagato Andrea Sempio per concorso in omicidio. Niente che ci porti a una convinzione “oltre ogni ragionevole dubbio”.
Noi di Libero abbiamo seguito, seguiamo e seguiremo con interesse l’inchiesta sul delitto di Garlasco, anche perché questo giornale è sempre stato convinto che la condanna di Alberto Stasi -16 anni di carcere dopo due assoluzioni - sia arrivata senza prove sufficienti. Quindi, bene che si indaghi per scoprire l’assassino (o gli assassini) di Chiara. Però è necessario arrivare a qualcosa di concreto, di certo. E allora qui di seguito elenchiamo tutti gli elementi emersi fino a questo momento, affiancando da una parte quella che pare essere la tesi della procura, e dall’altra qualche considerazione in senso diverso. Proprio per capire lo stato attuale dell’inchiesta e non rischiare di trasformare Andrea Sempio in un nuovo Stasi.
Iniziamo dall’elemento dal quale è partita questa seconda inchiesta della procura di Pavia: le tracce di Dna trovate sulle unghie di Chiara, che una superperizia degli avvocati di Stasi ha valutato utilizzabili, contrariamente a quanto si stabilì allora. Tesi, quest’ultima, accolta anche dai periti dei pm.
Secondo il genetista Carlo Previderé incaricato dai magistrati di Pavia (dunque di parte, meglio ricordarlo), quelle tracce genetiche possono essere attribuite a Sempio, e dimostrerebbero la sua presenza sul luogo del delitto. D’altro canto, il genetista che fece le analisi all’epoca conferma ancora oggi un’altra interpretazione: quei pochi elementi trovati possono sì essere ricondotti a Sempio, ma così come ad altre centinaia di persone, perché non sono sufficienti a identificare con certezza una persona, e comunque potrebbero essere da contatto indiretto (cioè trasferiti toccando qualche oggetto tipo la tastiera del pc). Insomma, questa certo non rappresenterebbe una prova “oltre ogni ragionevole dubbio”.
In questo senso, una considerazione meno scientifica: ma come è possibile che l’assassino di Chiara abbia lasciato una sua traccia così piccola e labile sulla vittima che ha trucidato in modo tanto violento?
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Passiamo, seguendo l’ordine cronologico di questo serial televisivo-giudiziario, a un’altra questione, di cui all’inizio si parlò parecchio: il famoso scontrino del parcheggio di Vigevano, che riporta la data e l’ora dell’omicidio. Sempio lo esibisce come alibi per dimostrare che non era a Garlasco al momento del delitto, e quindi non può essere l’assassino. I pm ritengono “sospetto” che sia stato conservato per un anno e che, per l’appunto, l’abbia tirato fuori solo tempo dopo. La tesi dei magistrati è ormai chiara: quello scontrino (che tra l’altro non ha numero di targa) non sarebbe di Sempio, ma della madre, che sarebbe andata a Vigevano per incontrare un vigile del fuoco suo amico.
Però non c’è evidenza di questo, cioè che fosse della madre e non di Sempio: non è stato dimostrato nulla. Quindi, se da una parte è certo difficile considerarla una prova dell’innocenza di Sempio o un suo alibi, è altrettanto difficile considerarlo, al contrario, un elemento a suo carico.
Arriviamo ora al luogo del delitto. In particolare, all’impronta trovata all’entrata della villetta, la famosa “traccia 10”, quella sulla parte interna della porta d’ingresso, appartenente a una persona finora sconosciuta, non essendo né di Sempio né di Stasi (e ovviamente di nessun componente della famiglia Poggi).
La Procura si diceva convinta che fosse riconducibile all’assassino e, puntando sul fatto che su quell’impronta ci fosse del sangue, riteneva potesse essere la traccia lasciata dal killer che non si era lavato le mani dopo l’omicidio. Le analisi, però, non hanno riscontrato presenza di sangue: allo stato attuale quell’impronta, dal punto di vista processuale, non porta a niente.
Passiamo all’altra famosa “impronta 33”, quella trovata sull’intonaco del muro sulle scale della villetta, in fondo alle qualivenne trovato il corpo della povera Chiara. I carabinieri di Milano nel 2020 si dissero convinti che fosse «logico-fattuale che l’impronta sulla parete delle scale appartenga all’assassino», anche se in effetti non spiegarono perché dovesse essere del killer. Tesi comunque fatta propria anche dalla Procura (che la ritiene attribuibile al nuovo indagato), secondo la quale l’assassino avrebbe gettato il corpo senza vita di Chiara appoggiandosi al muro. Gli accertamenti condotti in passato mostrarono che non c’era sangue, su quell’impronta (ora è una guerra tra periti: quelli della difesa di Stasi insistono sulla possibile presenza di tracce ematiche, quelli di Sempio parlano di sudore). E d’altronde l’intonaco su cui si era impresa non esiste più: analizzato all’epoca, e stato poi evidentemente smaltito. Dunque non è possibile sottoporlo a un’altra analisi, magari con le tecniche odierne: circostanza, questa, che rende anche questa traccia poco utilizzabile dal punto di vista processuale.
Del resto, proprio sul muro di fronte venne rinvenuta l’impronta, ugualmente repertata, del pollice di Marco Poggi, fratello di Chiara, che si trovava in Trentino il giorno del delitto e non era a casa da giorni (cosa che dimostra come quelle impronte sul muro potessero risalire a tempi di molto antecedenti al delitto).
Parliamo ora del “supertestimone” - ogni giallo che si rispetti ha almeno un “supertestimone”, meglio almeno due.
Ecco, un “supertestimone” avrebbe rivelato a un’altra persona (la quale poi l’ha riferito alla trasmissione Le Iene e in seguito è stata sentita in Procura, venendo poi questa persona identificata erroneamente come il “supertestimone”) di aver visto, nei giorni successivi al delitto, una ragazza- e il riferimento neanche tanto velato è a una delle ormai famose gemelle Cappa - buttare una pesante borsa nella roggia. Perché pensare alle cugine di Chiara? Perché quella persona avrebbe visto la ragazza nei pressi della casa della nonna delle Cappa a Tromello, vicino Garlasco. Prima cosa: il vero “supertestimone” è morto, dunque non può confermare nulla di quanto detto dall’altra persona a Le Iene e poi ai magistrati. Secondo: il dragaggio della roggia, giustamente effettuato su ordine degli inquirenti, non ha portato a nulla. Terzo: è poi venuto fuori- e questa mancanza di trasparenza non ha fatto altro che danneggiare l’immagine di chi indaga - che gli attrezzi ritrovati non erano stati ripescati quel pomeriggio nel canale, ma erano stati consegnati di sera agli inquirenti da un egiziano, che li avrebbe trovati in quella roggia nel 2018 (11 anni dopo l’omicidio). E non in una borsa, come indicato dal “supertestimone”. Quindi quello che si ha sono attrezzi trovati in una roggia, senza alcuna corrispondenza con quanto detto dal “supertestimone” che, ripetiamo, è pure morto.
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"Secondo me è un'evidente contaminazione. Teniamo presente che questa garza è stata utilizza...L’AMICO SUICIDA
Ora andiamo al punto: è chiaro fin dal principio che la procura pensi a un omicidio commesso da più persone, una delle quali sarebbe Andrea Sempio. I magistrati stanno quindi lavorando su questa pista: in quanto ai complici, è emerso che un’ipotesi potrebbe portare all’amico dell’indagato, che nel 2016 si è tolto la vita. Però - sempre allo stato attuale, va rimarcato - non c’è nulla che lo dimostri. Peraltro, ancora si tira in ballo una persona defunta, che quindi non può essere interrogato (tra l’altro è stato cremato, quindi per eventuali comparazioni del Dna si dovrebbe passare dal confronto con i parenti più stretti), e non può confermare né smentire.
L’ultima rivelazione è quella delle tre tracce di Dna trovate nella bocca di Chiara. Due, è stato appurato, sono del medico legale che fece l’autopsia e di un suo assistente, dunque tracce lasciate - come si dice per “contaminazione”. Poi c’è l’altra, la quale - a detta dello steso perito nominato dal gip, dunque non da quello di parte - è labilissima. In ogni caso, ora controlleranno tutti i medici e le persone che hanno avuto contatti col corpo della povera vittima, per vedere che non appartenga a uno di questi. Ma mettiamo anche - ammesso, e assolutamente non concesso che si accerti che si tratti di una traccia di uno sconosciuto non attribuibile a contaminazione: sarebbe un elemento importante, certo, ma non decisivo “oltre ogni ragionevole dubbio”. Anche perché quel Dna poi bisognerebbe attribuirlo a qualcuno, e non è detto che sia facile.
Veniamo poi a una considerazione logica, più che scientifica. La Procura ritiene - come detto - che Sempio e un complice, o forse addirittura due complici, siano i responsabili dell’omicidio di Chiara Poggi. Giovani che all’epoca avevano presumibilmente 19-20 anni, avrebbero massacrato una ragazza (sia pur con ruoli diversi) spaccandole la testa e lasciando sangue in giro per tutta la casa per poi buttarla dalle scale, e però senza lasciare alcuna traccia sulla scena del crimine, se non, appunto, una eventuale (stando a quelle che sembrano le convinzioni degli investigatori) traccia labilissima nella bocca di Chiara - e però niente sul pavimento, niente sui muri, niente in bagno, niente sulla porta, niente di niente. Nessuna traccia. Roba da killer professionisti. Possibile? Infine, per concludere: ma quale sarebbe il movente? Ancora non si è capito, come peraltro non era mai stato chiaro quello di Alberto Stasi. E qui il cerchio si chiude.