Femministe, l'ultimo delirio: se la vittima è un uomo se lo è meritato

Una questione di misandria, ossia l'avversione morbosa verso il sesso maschile: un ultimo emblematico caso
di Giorgia Petanisabato 9 agosto 2025
Femministe, l'ultimo delirio: se la vittima è un uomo se lo è meritato

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La misandria è quel termine poco utilizzato che indica l’avversione morbosa verso il sesso maschile e su cui ci sono ancora molte discussioni linguistiche in atto. In un vecchio articolo del 2017 dell’Accademia della Crusca, veniva pubblicata un’intervista di Repubblica del ’92 al linguista Tullio De Mauro. L’esperto, confermando “l'inesistenza” di questo termine, fece una vera e propria premonizione: «Ma chissà, nel prossimo futuro, non è detto che non ci capiterà di leggere un romanzo intitolato appunto La Misandra. Anzi, lo suggerisco: è un bel titolo...». Dal titolo, però, siamo arrivati al prodotto finale, che risulta illeggibile.

Siamo arrivati al punto che, davanti a un morto, fatto a pezzi da madre e fidanzata, si perda il senso della ragione e si arrivi a dire, senza vergogna, che quella morte atroce, alla fine dei conti, la vittima se l’è meritata.

Una sorta di risarcimento morale per tutte le donne uccise nel mondo. E non c’è da stupirsi, purtroppo, se Vee Tridente, una delle tante influencer che spopolano sul web, commentando la notizia abbia pronunciato parole come queste: «Ditemi che non sono l’unica che ha pensato: ma quanto c...o deve aver rotto i c...o questo qua...». E poi, pensando di non aver espresso chiaramente il concetto, ai suoi 90 mila follower, quasi come rafforzativo, ripete: «Quanto c...o deve aver rotto le palle? Ho fatto peccato a pensarlo...?». La content creator sembra non rendersi conto della gravità delle parole appena pronunciate, anche se, qualche ora dopo, forse perché inondata da commenti negativi o forse consigliata da qualcuno di buon senso, ha eliminato dalla sua pagina il “video sentenza”.

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Del resto, per lei, e come per la maggior parte delle femministe 2.0 che di questo tema ne hanno fatto un lavoro, la radice di tutti i mali è il patriarcato e quindi quando a morire è un uomo, non solo non ci si indigna, ma addirittura ci si scherza, facendo beceri dibattiti davanti allo schermo di un telefonino.

L’esperta poi invita gli uomini a porsi alcune domande, precisando: «E non sto facendo victim blaming», ossia colpevolizzare la vittima. E aggiunge che «sono i dati» a mostrare come la violenza di genere sia un fenomeno che colpisce principalmente le donne. Tuttavia, i dati raccontano una realtà più complessa: secondo le statistiche pubblicate dal Ministero dell’Interno, i femminicidi dopo un aumento tra il 2020 e il 2023 sono diminuiti del 6% tra il 2023 e il 2024. Allo stesso tempo, i dati Istat sugli omicidi che vedono vittime uomini risultano fermi dal 2018. Inoltre, secondo dati risalenti al periodo 2015-2016, circa 3 milioni e 754 mila uomini hanno dichiarato di aver subito abusi sessuali nel corso della loro vita. Ma tali numeri potrebbero non essere nemmeno reali, poiché gli uomini - per il timore di non essere creduti- spesso decidono di non denunciare la violenza subita. D’altronde basti vedere la reazione delle femministe quando a Napoli comparve un cartellone per sensibilizzare sul tema della violenza maschile. 

Il sindaco Gaetano Manfredi si era detto d’accordo con le «preoccupazioni espresse da numerose donne e associazioni» in merito alla campagna di comunicazione. È vero, la coerenza non è tra le qualità maggiori del genere umano, ma quelle che oggi ridono e scherzano davanti a un uomo brutalmente ucciso non erano le stesse che nelle piazze, con fiocchetti rosa stretti al collo, urlavano come forsennate di non volersi far dire che “se l’erano cercata”?

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