Il quotidiano dei vescovi italiani contro la parola del Papa. O, per dirla ancora più chiaramente, linea -Zuppi (nel senso di Matteo Maria, il capo della Cei) contro linea -Prevost. Partiamo dai fatti, che sono oggettivi e incontestabili. Da giorni Papa Leone, in modo esplicito e pubblico, incoraggia e accompagna il tentativo di pace tra Russia e Ucraina mediato da Donald Trump. Primo segno, domenica scorsa: «Preghiamo perché vadano a buon fine gli sforzi per far cessare le guerre e promuovere la pace; affinché, nelle trattative, si ponga sempre al primo posto il bene comune dei popoli».
Secondo segno, l’altro ieri: Prevost ha parlato di «speranza per l’Ucraina», aggiungendo che bisogna ancora «lavorare molto e pregare molto», e ha quindi saggiamente scelto di combinare buoni auspici e consapevolezza delle difficoltà esistenti. Attenzione perché il Papa ha aggiunto un dettaglio altamente rivelatore, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se avesse sentito Trump e gli altri leader: «Qualcuno di loro lo sento continuamente». Ciascuno comprende il senso di una notazione tutt’altro che scontata: Leone XIV si tiene informato, e- è da presumereincoraggia e consiglia i massimi interlocutori (di cui pure, per evidenti ragioni di riservatezza, non rivela l’identità).
Terzo segno, ieri, con l’indizione papale di una giornata di digiuno e preghiera: «Invito tutti i fedeli a vivere la giornata del 22 agosto in digiuno e in preghiera, supplicando il Signore che ci conceda pace e giustizia, e che asciughi le lacrime di coloro che soffrono a cause dei conflitti armati in corso. Maria, Regina della Pace, interceda perché i popoli trovino la via della pace». Qui, per inciso, la forma è ancora più significativa della sostanza, perché il Papa indica la via della penitenza e della preghiera, tenendosi alla larga da un armamentario da attivisti politici. Invoca la Madonna, non i cortei con le bandiere.
Ecco, a questo punto passiamo al quotidiano dei vescovi italiani. Vedremo oggi come verrà trattato l’annuncio della giornata di digiuno e preghiera: è da presumere che sarà un po’ difficile censurarlo o ridimensionarlo. Ma ieri cos’è successo rispetto alle importanti parole di Leone del giorno prima? Incredibilmente, in prima pagina, c’era solo un invisibile ultimo spezzone dell’occhiello del titolo principale. E la dichiarazione integrale di Prevost sulla speranza e sul suo contatto con i leader?
Non un’apertura di pagina, e nemmeno un articolo vero e proprio: solo una colonnina smilza e magrissima a pagina 3. Per capirci, il medesimo spazio e la medesima collocazione dedicati a una dichiarazione di Giuseppe Conte. Né più né meno.
Per paradosso, è stato un altro Prevost a conquistare più spazio su Avvenire, una bella pagina celebrativa e commemorativa: si tratta della figura del papà del Pontefice, Louis Marius Prevost, di cui gli archivi americani hanno rivelato la partecipazione allo sbarco in Normandia nel 1944. I maliziosi potrebbero annotare: un grande e nobile omaggio al padre del Pontefice, mentre si ridimensiona e si marginalizza la linea del figlio, che sarebbe il capo della Chiesa.
Non solo, tenetevi forte. I lettori del quotidiano zuppista sanno bene come - da mesi - gli editoriali siano regolarmente critici nei confronti dell’amministrazione Trump. Scelta legittima, ci mancherebbe. E tuttavia ieri il fondo firmato da Riccardo Redaelli era contrassegnato da una particolare violenza contro il Presidente Usa, descritto come il responsabile di un ritorno «alla legge della giungla», paragonato a una belva feroce, presentato come il degno compare di Vladimir Putin. Ma ecco il gran finale, che appare letteralmente incredibile: «Se tutto ciò fermerà il conflitto, si berrà questo amaro calice. Ma non illudiamoci: dopo l’Ucraina, il metodo Trump sarà replicato in altri contesti di guerra. E le paci saranno sempre meno giuste e sempre più decise dal ruggito dei felini dominanti il sistema internazionale».
E qui c’è da strabuzzare gli occhi: quindi la pace non va bene se per caso la procura o la favorisce quel puzzone di Trump? Peraltro, la cosa stupisce perché - dalle parti di Avvenire e di Sant’Egidio- il richiamo alla pace è costante da decenni, in qualche caso perfino con una discutibile sensazione di equidistanza tra aggressori e aggrediti. Ma stavolta no: perfino un’eventuale pax trumpiana è un «amaro calice».
Ora capite bene che la situazione è spiazzante: nelle stesse ore, abbiamo da una parte il Papa che mette il suo peso e la sua speranza a favore della trattativa, e dall’altra il quotidiano dei vescovi italiani che spara a palle incatenate contro il principale mediatore della trattativa stessa. Il quale Trump, peraltro, poteva o potrebbe essere attaccato anche tra dieci giorni o tra un mese: perché farlo in modo così violento proprio in queste ore?
Tra l’altro, i lettori del quotidiano zuppista, da molti mesi, quando invece si tratta della Cina e del regime comunista di Pechino, leggono editoriali scritti in punta di penna, spesso comprensivi e addirittura simpatetici, e comunque sempre cauti e rispettosi, dal linguaggio sorvegliatissimo. Qui invece, rispetto a Trump, la prosa - se così si può dire - è in punta di randello. Solo una casualità? Chissà.