Più che attraverso la sinodalità, è per un colpo di grazia che la Chiesa cattolica in Italia si ritrova a dover fare i conti con la realtà. L’avevano invocata in molti, su queste pagine e soprattutto sui social, una correzione ai “paragrafi gender” del documento di sintesi dell’Assemblea Sinodale. Su quelle affermazioni controverse, ieri, i 185 voti contrari (contro 637 sì), si sono rivelati sufficienti a creare una “minoranza di blocco” del 29%.
Abbastanza per affermare che manca l’unanimità sui punti 30 e 31, il cui testo auspicava «nuovi percorsi di formazione alle relazioni e alla corporeità-affettività-sessualità - anche tenendo conto dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere- soprattutto di preadolescenti, adolescenti e giovani e dei loro educatori» e «a promuovere il riconoscimento e l’accompagnamento delle persone omoaffettive e transgender, così come dei loro genitori», oltre all’invito alla Conferenza episcopale italiana affinché «sostenga con la preghiera e la riflessione le “giornate” promosse dalla società civile per contrastare ogni forma di violenza e manifestare prossimità verso chi è ferito e discriminato (Giornate contro la violenza e discriminazione di genere, la pedofilia, il bullismo, il femminicidio, l’omofobia e transfobia, etc.)». Rispetto all’approvazione del documento finale, che ha ottenuto 781 placet su 809 votanti (3,4% contrari), la differenza è notevole.
E comunque, osserva la scrittrice e giornalista Costanza Miriano, «il Vangelo parla di sale, lievito, un pizzico dentro una massa, quindi quando cominciamo a essere maggioranza ci dobbiamo iniziare a preoccupare».
Per un rigurgito di clericalismo, la responsabilità viene attribuita a Libero. Monsignor Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del cammino sinodale, obietta che la proposta è stata «fraintesa a causa di interpretazioni circolate che parlavano di “sostegno dei vescovi ai gay-pride”». Insomma, chi rifiuta l’ambiguità di quelle formule o non le ha capite oppure «lavora a dividere la Chiesa», scriveva sul suo profilo Facebook Francesco Ognibene, redattore capo di Avvenire, quotidiano della Cei.
I dissenzienti, invece, hanno esercitato proprio la sinodalità, con una lezione che le gerarchie ecclesiastiche e le frange progressiste non dimenticheranno. In quattro anni di “cammino” non erano riusciti a costruire il consenso e ora, invece di farsi l’esame di coscienza sulla fedeltà al Magistero, vedono nemici dappertutto. «Ho sentito che siamo stati definiti, noi che non approviamo il documento sinodale, “marginali”. Credo che non sia un criterio evangelico. Anche Gesù è stato parecchio marginale», commenta Miriano. E ricorda che «il criterio è solo la Verità. Io nella Chiesa cerco una guida per la mia vita e non qualcuno che mi accompagni per la via larga, quella riesco a prenderla anche da sola».
Proveranno a far finta che non sia successo nulla? Il risultato non soddisfa a pieno Mario Adinolfi, che nei giorni scorsi aveva tuonato contro la deriva omosessualista del clero. A parere del presidente dell’associazione Cristo Regna, «la Cei ha scelto la piattaforma politica del Pd di Elly Schlein e su questo altare ha sacrificato la Chiesa italiana».
Rimane uno spiraglio per la speranza: «Mi auguro che Papa Leone saprà porre rimedio al grave errore compiuto dal cardinale Zuppi e dai suoi vicepresidenti, uno dei quali ha detto chiaramente che bisogna riconoscere anche il diritto degli omosessuali a unirsi carnalmente. Per fare questo però bisogna cambiare il Catechismo della Chiesa Cattolica che invece descrive gli atti tra omosessuali come intrinsecamente disordinati e contrari alla natura».
Lo potrebbero confortare le parole pronunciate venerdì dal Pontefice, nell’Aula Paolo VI: «La sinodalità è un modo di essere Chiesa, per imparare ad ascoltarci a vicenda. Per ascoltarci tra di noi, anche tra chi non sarà mai membro della Chiesa ma è alla ricerca». Si rivolgeva proprio alle équipe sinodali in occasione del loro Giubileo, indicando loro la strada: «Non stiamo cercando un modello uniforme ma uno spirito di essere missionari per costruire la famiglia di Dio, per promuovere la pace e la cura del creato». Ai vescovi non rimane che abbassare le orecchie, con un messaggio indirizzato al Santo Padre: «Affidiamo i frutti del nostro “camminare insieme” al discernimento dei Pastori, perché preparino le prospettive pastorali che accompagneranno le Chiese in Italia nei prossimi anni».

