Da Verona a Venezia, il passo è breve: c'era anche Greta Thunberg tra gli eco-attivisti di Extinction Rebellion che oggi hanno tinto di verde le acque del Canal Grande a Venezia e in altre dieci città italiane.
Al grido "Fermare l’ecocidio", decine di persone, informano gli ecoattivisti, sono scese in piazza in tutta Italia per denunciare le "politiche ecocide" del governo Italiano e rendere visibili i luoghi in cui queste stanno già producendo danni concreti. In alcune città sono stati infatti tinti di verde i fiumi, come il Po in secca ai Murazzi di Torino, il Reno nel Canale delle Moline a Bologna, la Darsena ai Navigli a Milano, il torrente Parma a Parma e il fiume Tara a Taranto, pesantemente contaminato dall’ex Ilva e adesso minacciato dal nuovo dissalatore.

Mentre in altre città si è trattato di acque di mare, come le acque del Canal Grande di Venezia - dove era presenta anche Greta, sorta di madrina del movimento e già intervenuta venerdì a un incontro nell'aula occupata dell'Università della vicina Verona, e di Trieste, e dell’antico porto de La Cala a Palermo.

In città come Padova e Genova sono state tinte di verde le acque della fontana in Prato della Valle e in Piazza De Ferrari. A Venezia le forze dell’ordine sono intervenute identificando diverse persone presenti e sequestrando strumenti musicali e lo striscione che era stato esposto.
I membri di Extinction Rebellion hanno utilizzato fluoresceina, un sale innocuo regolarmente utilizzato nei fiumi e nei mari per monitorare i flussi idrici nei fiumi dagli speleologi o dai subacquei in mare. "Si sta concludendo il più importante summit globale per definire accordi politici internazionali volti a contrastare il collasso climatico e sociale, e anche questo anno l’Italia è stata tra i Paesi che hanno maggiormente ostacolato le misure più ambiziose", commenta Paola da Venezia. Nei giorni scorsi, alla COP30 di Belém in Brasile, era stata infatti presentata una prima bozza di accordo che includeva l’uscita dai combustibili fossili, sostenuta da 82 delegazioni, ma che ha visto tra le altre l’opposizione dell’Italia e della Polonia. Per ottenere l’adesione anche di questi due Paesi è stato necessario riformulare il testo con una proposta più debole dell’Unione europea, poi ulteriormente ridimensionata in una bozza circolata nella notte di venerdì 21, che ha seminato lo sconcerto: l’abbandono dalle fonti fossili era infatti uscito dal testo. Il risultato è un compromesso che molti osservatori giudicano insufficiente e decisamente tardivo rispetto a quanto la comunità scientifica considera indispensabile a contenere il riscaldamento globale e proteggere miliardi di persone dagli impatti più gravi della crisi climatica.




