Un po’ come un circolo. L’eterno ritorno di Garlasco che irrompe, indigna, fa discutere (spesso, cioè quasi sempre, a sproposito), spulcia, indaga, reperta, perizia, valuta, analizza. E alla fine torna lì, al suo punto di origine, a quella “prova regina” che, d’accordo, se si dovesse andare a processo avrebbe tutti i crismi dell’evidenza incontrastata (non si tratta di un accertamento di parte ma di una valutazione del tribunale che quindi, in un ipotetico processo, può essere utilizzata senza indugio), però lascia ancora parecchi interrogativi aperti. Il dna sotto le unghie di Chiara Poggi è di Andrea Sempio. Dopo diciotto anni e tre mesi e due settimane è con una pec che Denise Albani riporta il faldone alla casella del principio: da quando il commesso di Vigevano, l’amico di Marco Poggi, questo ragazzotto di 37 anni della provincia lombarda è indagato per concorso in omicidio (con Alberto Stasi o con ignoti), era marzo, una vita fa, si sono aperte le strade più disparate. Specie in tivù si è battuta qualunque pista. Le cugine Cappa, il Santuario della Bozzola, l’opera di un assassino, il concerto di più assassini, la dinamica degli eventi da rivedere, addirittura han fatto parlare le vicende personali degli avvocati delle parti. Delle tracce di profilo genetico (poco, in verità) ritrovato sotto le unghie della vittima quasi c’eravamo dimenticati.
E invece eccole che rispuntano nei grafici, nelle tabelle, nelle percentuali che sanno leggere giusto gli esperti di biostatistica ma che, stringi stringi, una volta spiegate anche a noi comuni mortali, confermano ciò che quasi tutti dicono dalla passata primavera. Albani (lei firma la perizia del tribunale di Pavia) conferma il sospetto di Carlo Previderé (che invece è il consulente di parte della procura pavese) e mette nero su bianco che il dna isolato dalle unghie di Chiara durante la prima indagine del 2007 è sì comparabile (a differenza di come si pensava allora) ed è, soprattutto, sì compatibile, anzi c’è una «piena concordanza», con il dna Y (il quale indica la linea maschile della famiglia) di Sempio.
Sorpresa (non molta, pure il genetista Ugo Ricci che lavora per Stasi è dello stesso avviso), polverone (sollevato, ancora, tutto in un colpo solo). Svolta -clamorosa, nuovi -sviluppi, stogiro-di-boa-nell’inria -da -riscrivere, chiesta: però fino a un certo punto. Tanto per cominciare la perizia di Albani ha ancora sette giorni per essere depositata e, in un incidente probatorio, come in tutte le faccende di giustizia, quel che conta sono gli atti bollati, non le indiscrezioni della stampa; in secondo luogo c’è chi (giustamente, è il suo lavoro) contesta la linea, i consulenti della famiglia Poggi giudicano il risultato «non consolidato» in quanto durante l’appello bis che ha condannato Stasi a sedici annidi galera «non ha avuto lo stesso esito» e quindi non si tratterebbe di «un dato scientifico attendibile» e, in ultima istanza, dando per buono il test che ha passato il vaglio di una banca dati di 39mila profili riferiti a parte della popolazione dell’Europa occidentale e ha rimbalzato nella Lomellina, il passaggio seguente è uno: va verificato come quel dna sia finito lì (una delle spiegazioni plausibili e più volte ricordata riguarda il fatto che sia Chiara che Sempio usavano lo stesso computer la cui tastiera, ormai, è sparita chissà dove impedendo un rinnovato esame).
Garlasco, clamorosa voce su Sempio: c'è il movente dell'omicidio
Attenzione, lo diciamo subito: compatibilità non fa rima per forza con colpevolezza. È certo, però,...In termini tecnici: il materiale genetico passato al microscopio ha prodotto una compatibilità di dodici marcatori su sedici, ma è un dna Y con alcuni valori molto bassi che «superano di poco i 200, se fossero dovuti a un’aggressione li avremmo sopra i 2mila o i 3mila» (commenta Armando Palmegiani, uno dei consulenti di Sempio). In parole spicce: il dna sotto le unghie di Chiara non è così degradato come si pensava fosse, la scienza fa passi da giganti e il 2007 è un’era geologica indietro rispetto alla nostra, qualcosa racconta, ora sta a capire cosa perché sì, è di Sempio, ma non è detto la sua presenza sia l’evidenza di uno scontro violento. Lui, tra l’altro, l’unico (nuovo) indagato per il delitto di via Pascoli, adesso ammette di essere molto «amareggiato» anche se continua a essere convinto di «poter dimostrare» la sua «innocenza», cosa che ribadisce da anni. A metà del prossimo mese periti e consulenti si confronteranno su queste carte a cui si aggiungeranno anche le analisi operate sulla famosa impronta numero 33 rinvenuta nelle scale della cantina di casa Poggi. I carabinieri di Milano e la magistratura di Pavia hanno fatto di questi elementi passaggi cruciali della nuova inchiesta. «Rispettiamo il lavoro della dottoressa Albani», commenta anche l’avvocato di Stasi Antonio De Rensis, «e ribadisco la fiducia che ho nelle nuove indagini, però facciamola condurre questa perizia fino alla fine e poi affronteremo le conclusioni». È ancora tutto da chiarire.




