Mezz’ora di follia antifà ieri a “Più Libri Più Liberi”. Alle 15 in punto, come un rito collettivo di autocoscienza, gli editori firmatari dell’appello anti-Passaggio al Bosco, evaporato come neve al sole, hanno coperto i libri in vendita nei loro stand con l’aria grave di chi compie un sacrificio umano. Subito dopo si sono riversati in uno dei corridoi centrali per improvvisare un mini-corteo con finale liturgico: il coro di “Bella Ciao” intonato davanti allo stand, blindatissimo, di PaB. Una scenetta a metà tra il teatro dell’assurdo e la gita scolastica imbufalita. Nei comunicati si parla di «protesta pacifica». La maschera, però, è caduta ben presto, con la grazia di un vaso Ming spinto giù dal gatto. All’annuncio della protesta a favor di telecamera, prima di mettersi in processione, l’editore Francesco Giubilei “ha osato” chiedere ai colleghi promotori cosa ne pensassero delle agiografie di Josif Stalin presenti sui banchi di alcuni di loro. Immediate le urla: «In Italia abbiamo avuto Mussolini, non Stalin!».
Magnifico. Abbiamo così scoperto l’esistenza del “sovranismo funebre”: la sinistra borderless e anti-nazionale che depenalizza i crimini purché avvenuti fuori dai patri confini. Dalle assurdità si è passati agli insulti, fino a circondare, in cinquecento, Giubilei. Noi di Libero ci siamo frapposti, documentando la sarabanda di ingiurie, sempre accompagnate dalle note di “Bella Ciao”, e di inviti ad abbandonare la fiera come appestati. In breve gli insulti sono arrivati anche a noi, conditi da spallate, spintoni e minacce non troppo velate: «Ti seguo, sei famoso, sappiamo chi sei». Poi, l’urlo liberatorio: «Fuori i fascisti dalle fiere, dai giornali, dalle scuole, dal Paese!». Un elenco della spesa di epurazioni, un po’ sovietico, giusto per restare in tema. Nelle settimane in cui si discute di attacchi alla libertà stampa, assistere a una scena in cui due editori e giornalisti vengono letteralmente accerchiati invocandone la cancellazione sociale non sembra esattamente un esempio di «protesta pacifica».
L’aspetto più drammatico non è neppure il rischio pure reale che, tra urla e sbracciate, possa saltare sempre fuori l’esaltato di turno pronto al ceffone. O nemmeno che, alla chiusura dei padiglioni, qualche difensore dell’editoria antifascista possa nascondersi nel vicolo armato di P38. No: ciò che colpisce è la facilità con cui si riesca a minacciare o intimidire giornalisti nella totale impunità, a viso scoperto e consapevoli di essere ripresi. Se qualcosa di vagamente simile fosse accaduto ai danni di giornalisti di sinistra, saremmo già al terzo speciale TV sull’attacco alla Costituzione. Dentro “Più Libri Più Liberi”, in tutte le salse, si sta consumando lo psicodramma della sinistra antagonista ammantata di cultura. Gli editori firmatari del celebre appello stanno affrontando da giorni il fuoco amico di chi, ancora più a sinistra di loro, li accusa di non aver disertato del tutto la manifestazione seguendo il guru del boicottaggio: Zerocalcare.
E come se non bastasse, oltre alle reprimende morali si aggiunge il danno materiale di una fetta di lettori che, disertandoli, sottrae fatturato. Mentre nel frattempo il registratore di cassa dello stand PaB, ma anche di Idrovolante e di Eclettica, non smette di battere come un metronomo impazzito. Una tortura psicologica per gli accusatori, costretti ad assistere impotenti. Così, per dimostrare ai “compagnucci” di non aver tradito l’Idea (cioè il marxismo-leninismo versione prêt-à-porter) e per tentare, disperatamente, di strappare qualche riflettore al temutissimo “editore proibito”, devono inventarsi la qualunque. E le sfilate continuano. Oggi toccherà alla Cgil, che fuori dalla Nuvola ha annunciato una protesta. Ieri l’altro c’era stato il malinconico flop dei Giovani Democratici. Domani, per la giornata di chiusura, forse a qualcuno verrà in mente di lanciare un paio di fuochi d’artificio. Ciò che è certo è che, dal calendario delle manifestazioni “pacifiche” di dissenso, la folle data di ieri dovrà essere depennata.




