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Famiglia nel bosco, mandate i bambini a casa per le feste

Salvini e Meloni, ad Atreju, dedicano un momento di riflessione ai tre fratellini. Ora la speranza è che possano trascorrere il Natale con mamma e papà
di Marco Patricellilunedì 15 dicembre 2025
Famiglia nel bosco, mandate i bambini a casa per le feste

3' di lettura

In tutte le case il Bambinello arriverà al centro del presepe allo scoccare della mezzanotte del 24 dicembre, ma intanto nei giorni che portano a Natale i tre bambini anglo-australiani della casa nel bosco di Palmoli sono tenuti ancora lontani dagli affetti familiari e domestici. Non ci vuole un atto di “bontà” per restituirli alla famiglia, ma solo un pizzico di buon senso, senza scomodare i codici e il gesto nobile di clemenza sovrana calata dall’alto. Non occorrono torroni e panettoni per addolcire il “pasticciaccio brutto” in terra d’Abruzzo: basta una firma che consenta a mamma Catherine e papà Nathan di festeggiare davanti al caminetto la festa più importante dell’anno che esalta il senso della famiglia e della condivisione delle emozioni.

Ma in un Paese dove ci si mobilita anche per il nulla, si scende in piazza per il niente e si manifesta per lo zero, sembra davvero troppo ipocrita schermarsi dietro allo scudo della Legge per consentire quello che nessuno accetterebbe se rivolto a sé stesso. Non è certamente casuale che alle battute conclusive della Festa di Atreju sia la premier Giorgia Meloni, sia il ministro Matteo Salvini, abbiano dedicato una riflessione che è anche un appello neanche troppo velato per risolvere la scabrosa vicenda dei tre bambini.

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«Si tolgono figli a chi vive nel bosco, ma si resta in silenzio davanti alle baraccopoli nei campi rom», ha sottolineato il presidente del Consiglio, mettendo a nudo aspetti etici con riflessi giuridici e di applicazione del diritto: «Lo Stato che si vuole sostituire alle mamme e ai papà ha dimenticato i suoi limiti, come lo ha superato chi non si è fatto remore a difendere la decisione di mettere in comunità dei bambini che vivono con i propri genitori nella natura e poi però rimane in silenzio davanti alla vergogna di bambini che vivono nelle baraccopoli nei campi rom, che vengono mandati a fare accattonaggio o a rubare. Sono banali principi di buon senso».

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Sulla stessa frequenza Salvini, che parlando dei genitori come di «persone perbene», ha espresso il desiderio che i bambini «possano tornare a casa per Natale. Mi vergogno per quegli assistenti sociali, mi piacerebbe che avessero la stessa solerzia per liberare i bambini che vivono nello schifo dei campi rom». La casa della coppia anglo-australiana per il momento non è più nel bosco ma rispecchia l’idea di un modello alternativo a quello di massa, con qualche servizio e comodità in più. Ma lo sradicamento operato per rispettare i canoni sociali maggioritari resta, e ha un disvalore aggiunto proprio in questi giorni. Sono gli affetti a essere speciali, non gli effetti di luci, lustrini e altre frenesie della vita moderna accantonate da papà Nathan e mamma Catherine, che non si riparavano in una mangiatoia e per scaldarsi non utilizzavano né il bue né l’asinello che comunque avevano libero di pascolare.

E certamente non hanno in casa le statuine made in China e neppure l’albero di plastica, considerato pure che il bosco fornisce ogni tipo di albero vivo e la luce della luna tra i monti d’Abruzzo spesso è più suggestiva delle luminarie a intermittenza. Terra di misteri e di magie, di lupi e di streghe (che nella tradizione locale erano belle e affascinanti perché solo così potevano ammaliare), di zampognari e novene natalizie, l'Abruzzo purtroppo non ha avuto nessun Perrault a raccontarli. Non ci si aspetta un miracolo di Natale, perché il miracolo è un’altra cosa, ma solo una favola bella a lieto fine di una famiglia riunita attorno al focolare della loro casa. La casa-famiglia, anche se unisce i due concetti, non è né l’una né l’altra cosa, e non ci vuole né un assistente sociale con la sua laurea né un giudice con gli articoli di legge per comprenderlo.