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Pansa: Napolitano mi confidò "non ho più la forza". Fortuna che ci ha ripensato

Un mese fa su Libero gli ho chiesto di restare. Lui mi disse: "I miei sforzi sono giunti al limite". Ora posso festeggiare

Giulio Bucchi
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di Giampaolo Pansa Tanti anni fa un principe del giornalismo italiano, Vittorio Gorresio, mi disse: «Caro Pansa, vedo che hai cominciato a occuparti della politica italiana. È quello che sto facendo io da sempre. Nel primo dopoguerra, dominato da uno scontro continuo ed eterno tra due colossi, la Dc e il Pci, pensavo che mi sarei annoiato. Ma non è stato così. Al di là delle apparenze, emerge sempre qualche sorpresa, un fatto che non ti aspetti,  un personaggio che compie un passo insolito. Succederà anche a te. Tieni duro e tira avanti. Prima e poi la tua tenacia sarà premiata».   Eravamo nel 1971, Gorresio aveva 61 anni e guidava la redazione romana della Stampa. Era un signore piccoletto, smilzo, i capelli tagliati all'umberta, capace di battute fulminanti accentuate da una erre alla francese. Veniva da una famiglia di militari cuneesi, ma era l'opposto del tipo autoritario. E aveva in simpatia i giovani colleghi impegnati a percorrere una strada professionale che lui ben conosceva.  Il direttore della Stampa, Alberto Ronchey, gli aveva affidato un compito non da poco e senza precedenti in Italia. Nel dicembre del 1971 sarebbe scaduto il settennato di Giuseppe Saragat e Ronchey chiese a Gorresio di cominciare con molto anticipo il racconto di come sarebbe stato eletto il successore. Voleva da lui una sessantina di articoli destinati a confluire in un libro che da noi nessuno aveva mai scritto. Un mese fa, su Libero, Giampaolo Pansa ha chiesto al presidente Giorgio Napolitano di restare al Quirinale. Lui gli ha risposto: "Onestamente i miei sforzi sono giunti al limite. Sarebbe un'altra anomalia italiana". Per fortuna, sospira Pansa, ci ha ripensato.  Leggi il Bestiario integrale di Giampolo Pansa su Libero in edicola domenica 21 aprile

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