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MidTerm, Obama: "Mi assumo tutta la responsabilità"

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I democratici perdono la Camera e si salvano al Senato. Il presidente tende la mano ai conservatori: "Lavoriamo insieme per il popolo americano"

Eleonora Crisafulli
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Dopo le previsioni dei giorni scorsi, la vittoria (a metà) dei Repubblicani è ormai certa. I democratici di Barack Obama si salvano solo al Senato, ma la Camera, dopo quattro anni, viene riconquistata dai conservatori. Avevano 178 seggi, sarebbe bastato confermarli e guadagnarne 39: ne hanno sottratti agli avversari 50. Al Senato, dove si votava per il rinnovo soltanto di un terzo dei seggi, i democratici sono salvi a quota 51, ma i repubblicani sono   saliti fino a 46. Tre seggi ancora non sono stati assegnati. Successo ottenuto anche grazie ai candidati del Tea Party, che elegge due senatori, Rand Paul e Marco Rubio, rispettivamente in Kentucky e Florida. I repubblicani strappano 10 governatori ai democratici, ma perdono il più importante: la California di Schwarzenegger. Conquistati Kansas, Ohio, Iowa, Oklahoma, Pennsylvania, Michigan, Tennessee, Wisconsin, Wyoming e New Mexico dove viene eletta Susana Martinez, prima donna di origine ispanica a guidare uno Stato. Le parole di Obama - Il Presidente ha indetto una conferenza stampa per le 18 ora italiana. Obama si è assunto tutta la responsabilità della sconfitta dei democratici e poi chiede ai repubblicani di collaborare "per il bene del Paese". "E' il momento di guardare avanti e di lavorare insieme a loro - ha poi aggiunto - dobbiamo trovare un terreno comune per fare progressi".. Quindi afferma di essere pronto a scendere a compromessi con i rivali "rep" pur di proseguire nella ripresa. Inoltre, per il Presidente, "il risultato mostra la profonda frustrazione della gente per la situazione economica del Paese: i posti di lavoro non arrivano più rapidamente e i salari non sono più consistenti". Obama ammette anche di comprendere gli elettori "delusi". In seguito ribadisce che negli ultimi due anni, dall'inizio del suo mandato, "sono state prese decisioni dure". Il Presidente ha poi toccato uno dei punti da sempre caldi nella politica americana, ossia la riforma sanitaria. Prima delle elezioni, i repubblicani avevano annunciato che, in caso di vittoria, avrebbero modificato la storica riforma approvata dall'esecutivo Obama nei mesi scorsi. Ora il leader Usa apre a eventuali modifiche e dice: "Discuteremo con i repubblicani sulla riforma sanitaria, che è aperta a nuove modifiche". Ma secondo Obama la priorità per gli americani, e di conseguenza per la politica, è il lavoro: dev'essere questo, secondo lui, il tema centrale nelle prossime settimane. Il leader statunitense ha poi assicurato: "Non ci sarà nessun taglio alla ricerca e allo sviluppo". Anzi, prosegue, "vorremmo incentivare proprio lo sviluppo". Inoltre, afferma che sarà "giudicato dai risultati che otterrò", anche se al momento questi risultati non soddisfano gli americani. Sfide cruciali - Con la sconfitta democratica si conclude l'esperienza di Nancy Pelosi come presidente della Camera. John Boehner, confermato in Ohio, ringrazia e si prepara al passaggio di consegne: era leader di minoranza, quasi certamente sarà il nuovo presidente. Guardando alle sfide cruciali, il democratico Barney Frank (numero uno della commissione Finanza e uno dei principali artefici della legge di riforma della finanza) è riuscito a mantenere il proprio incarico. Robert Hurt in Virginia ha tagliato fuori il democratico Tom Perriello, sostenuto con particolare ardore dal presidente Obama. Rick Boucher ha ceduto il passo al repubblicano Morgan Griffith e in Indiana Larry Bucshon ha strappato un seggio da tempo in mano democratica. Harry Reid, il capo della maggioranza democratica in Senato, ha   riconquistato il suo seggio in Nevada, negando ai repubblicani uno dei posti più ambiti. Chicago - Amara sconfitta per Obama nella sua Chicago. Il seggio dell'Illinois è stato infatti conquistato dal repubblicano Mark Kirk, che ha sconfitto il democratico Alexi Gianoullias in una competizione serrata. Il seggio era stato fonte d'imbarazzo per Obama fin dal 2009. L'allora governatore, il democratico Rod Blagojevich, era  stato accusato dalla procura di aver voluto vendere il seggio al miglior offerente nell'ambito di una più vasta inchiesta a suo carico  per corruzione. Malgrado le accuse, Blagojevich aveva comunque deciso   di avvalersi delle sue prerogative e aveva nominato Roland Burris per prendere il vecchio posto di Obama fino alla scadenza naturale del seggio. Burris non si è però candidato per il 2 novembre. L'appello di Obama - Il presidente americano, da parte sua, tende la mano ai repubblicani. L'inquilino della Casa Bianca ha telefonato a Boehner e a Mitch McConnell, principale repubblicano in Senato, invitandoli a trovare un'intesa per il bene del Paese. Parole confermate dal portavoce Robert Gibbs: "Il presidente vuole lavorare con loro e i repubblicani per trovare un terreno comune, portare avanti il Paese e fare le cose che   servono al popolo americano". Le richieste dei Repubblicani - Con il trionfo elettorale, i Repubblicani iniziano a stilare l'elenco delle richieste da avanzare ad Obama. Il primo punto sarà, probabilmente, un nuovo calendario del ritiro delle forze americane dall'Afghanistan. Il Presidente aveva annunciato l'inizio della fase conclusiva per il prossimo luglio: proprio la semplice indicazione di una data aveva scatenato le ire dei Repubblicani, che hanno sempre parlato di un "incoraggiamento" ai talebani e ai miliziani di Al Qaeda - da parte del Presidente - ad attendere la fine della missione Usa. Gli avversari di Obama hanno sempre garantito che i soldati americani hanno gli equipaggiamenti e le risorse necessarie per completare le missioni in Afghanistan e in Iraq. MidTerm - Non è la prima volta che nelle elezioni di MidTerm registri un insuccesso il partito di maggioranza. Nella storia americana l'appuntamento alle urne di metà mandato ha quasi sempre penalizzato il partito del presidente. Dal 1862 si contano 37 elezioni di MidTerm, 34 delle quali hanno segnato la vittoria dell'opposizione. Dal dopoguerra ad oggi, solo due volte il partito presidenziale ha guadagnato seggi alla Camera (nel 1998 e nel 2002, rispettivamente con Clinton e Bush), e quattro volte al Senato (1962, 1970, 1982, 2002). George W. Bush è l'unico ad aver conquistato seggi in entrambi i rami, nel 2002.

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