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Bertinotti: "Fiat modello in crisi, è lo specchio della globalizzazione"

L'ex leader comunista a Belpietro: "Mirafiori sarà regime alla cinese. Marchionne? Era un borghese buono..."

Giulio Bucchi
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"Quello di Mirafiori non è un accordo, ma un ricatto". Non ha mezze misure Fausto Bertinotti, ex segratario di Rifondazione Comunista e presidente della Camera, e soprattutto ex sindacalista della Cgil in Piemonte, nel giudicare la vicenda Fiat. Oggi è il giorno del giudizio. I lavoratori dello stabilimento torinese inizieranno a votare per il referendum e Bertinotti è intervenuto a 'La telefonata' di Canale 5, ospite del direttore di Libero Maurizio Belpietro. Mercoledì Vendola è stato a Mirafiori. Lei che pensa del caso Fiat? "Non si può parlare di accordo, ma di imposizione. Marchionne ha già annunciato l'eventuale addio in caso di vittoria del no al referendum. La Fiat impone condizioni e linee di produzione impossibili da mantenere nel tempo: riduzione pause, spostamento di pausa mensa, turni addirittura di 12 ore, Sono condizioni di vita e di lavoro insopportabili, non ci sono in nessuna fabbrica europea. E poi ci sono giorni in cui lo sciopero è un modo fisiologico per segnalare situazioni insopportabili. Insomma, si profila un regime totalitario". Nel 1980 ci fu il blocco della fabbrica ai cancelli e il celebre discorso di Berlinguer. Leri allora era il segretario della Cgil. Più di trent'anni dopo, non le pare una battaglia di retroguardia? Non si va in corso alla sconfitta, oggi come allora? "Il rischio c'è, ma la situazione allora era diversa. Si stava chiudendo il ciclo del 1968, ed era un riflusso generale, con le elezioni di Reagan negli Usa e della Thatcher in Inghilterra. Oggi, invece, c'è la crisi della globalizzazione. Alla Fiat si sperimenta un modello di lavoro che riduce le tutele e la rappresentanza sindacale, un modello cinese in Italia". Ma nelle condizioni attuali non si perde la competizione internazionale? "In questa Europa, ricordiamocelo, non c'è solo la Fiat ma anche Volkswagen e Renault, nelle stesse condizioni dell'azienda torinese". I dipendenti della Volkswagen, pero. hanno accettato di ridursi gli stipendi... "Che però sono superiori a quelli italiani. E poi le ore di lavoro sono passate da 33 a 35 settimanali, ma con l'impegno dell'azienda di assumere 50mila dipendenti, di cui 20mila in Germania. C'è una bella differenza. La Fiat, invece, scarica le sue incapacità sui lavoratori". Lei non troppo tempo fa definì Marchionne un 'borghese buono'. E ora? "Quel giudizio dimostra che non ci sono pregiudizi. Marchionne nel 2006 parlò all'assemblea degli industriali torinesi e disse l'esatto contrario di quanto predica oggi. Per esempio, ammise che preferiva trattare coi sindacati europei piuttosto che con quelli americani... Una volta la Fiat era impresa a base italiana, oggi a base americana" Mentre in Italia infuriavano le polemiche, lei era in vacanza alle Bahamas. Cosa risponde a chi la accusa di leggerezza? "Per la precisione ero alle Antille, nei Caraibi. Tra le isole di Bob Marley, Fidel Castro e dei pirati, ci può stare anche un comunista...".

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