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Bossi a Napolitano: Terrone Calderoli al Cav: Idiota

Lega di lotta estrema. Senatùr: "Monti e Berlusconi stanno facendo danni". Al Berghem Fecc cori e fischi anti-premier

Andrea Tempestini
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Nel mirino di Umberto Bossi c'è «questo Monti», che «non capisce niente, non è riuscito a creare un solo posto di lavoro: era molto meglio mettere un imprenditore che non un professore che nelle commissioni fa lezioni di economia che non funzionano». Ma l'imprenditore idealizzato non si chiama più Silvio. Anzi, «di danni ne stanno facendo Monti e il suo fedele alleato Berlusconi, tutto quello che dice la sinistra stanno facendo», dice dal palco di Berghem Frecc, la festa padana ad Albino Bergamasco. Al suo fianco ci sono anche Roberto Maroni e Roberto Calderoli. Per una sera almeno, sono tutti su un unico Carroccio, dietro un Senatùr in gran forma e scatenato contro il Capo dello Stato. «Mandiamo un saluto al Presidente della Repubblica... Nomen omen», è la provocazione più forte del leader della Lega Nord, che fa riferimento a Giorgio Napolitano e alle sue origini partenopee fingendo una gaffe: «Non lo sapevo che era un terùn». È una serie di affondi sulle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia. A partire dal Presidente della Repubblica «che ci ha riempito di tricolori, sapendo che alla gente del Nord non piacciono i tricolori», fino a una lettura alternativa del Risorgimento: «Tutti i giovani morti» per la patria, «stavolta sparerebbero dall'altra parte», sostiene Bossi. Poi torna a prendersela con il presidente del Consiglio. Alla folla che grida «Monti, Monti, vaffa...», risponde: «Magari gli piace» e lo finisce con un giudizio sulla manovra: «Anche un cretino capirebbe che se aumenti le tasse la gente ha meno soldi e si produce di meno». È il seguito della strategia comunicativa della Lega, che accusa il Quirinale di aver «agito incostituzionalmente»  e addirittura «tradito la patria», passando per la campagna di boicottaggio contro il discorso di fine anno del capo dello Stato, partita con “Dimostra la tua indignazione - boicotta il discorso del 31 dicembre”, iniziativa sgorgata dalla pagina Facebook dell'europarlamentare leghista Marta Bizzotto. Poi tornano i soliti ritornelli contro i “vescovoni”. «Ha sbagliato Tremonti a dargli l'8 per mille: meglio una sana povertà che troppi soldi, perché poi ci si dimentica la vera missione dei preti». La Chiesa cattolica non poteva mancare, perché «Roma è piena di furbacchioni, non solo la politica ma anche il Vaticano». Va a testa bassa, l'Umberto, perché è convinto che fra poco si voterà e «noi non molliamo, sappiamo che a breve ci saranno le elezioni e questo governo non dura: torneremo e bisognerà risolvere tutto». UN DEJA VU ATTUTITO Fatto sta che lo stesso Napolitano attaccato con cotanta virulenza è un leitmotiv dei titoli che quotidianamente il giornale La Padania spara su “Re Giorgio” (come lo chiama nella sua interessante biografia Aliberti Fabrizio D'Esposito del Fatto). C'è qualcosa di sghembo nelle ultime uscite della Lega di lotta; qualcosa di eccessivo, perfino per chi ha fatto da sempre dell'eccesso una cifra stilistica. Pensateci. Gli organi leghisti che tambureggiano di un “Colle sempre più lontano dal popolo”; e i cartelli e gli striscioni padani issati in Parlamento come ai bei tempi del cappio di Leoni Orsenigo; e sempre Roberto Calderoli con le sue dichiarazioni su “colpo di stato” e l'unità d'Italia “che non esiste”; e ora questo “boicottate il discorso di fine anno di Napolitano”, neanche fosse quello di Churchill alla radio dopo l'invasione hitleriana della Polonia: tutto qui, nella nuova eversione padana, ha il tono d'un attutito déjà vu. Al punto che poi -ovvio- hanno gioco facilissimo i vari esponenti dell'Idv, Udc, Pd nel parlare di “pagliacciate padane”, sfoderando una populistica fierezza «nel nostro capo dello Stato». C'è da dire che quando la situazione oscilla pericolosamente sull'orlo del ridicolo, interviene sempre un Roberto Maroni in opera di paziente ridimensionamento. «Io personalmente seguirò il discorso di Giorgio Napolitano. Lo guarderò per motivi professionali. mi interessa l'opinione del presidente della Repubblica su quello che sta avvenendo e avverrà...», afferma Bobo. Lasciando tirare un sospiro di sollievo a tutti coloro  del Pd che - recitando la loro parte in commedia - accorati si chiedevano «oddio, ma Maroni non dice nulla ai suoi? Che fa, non li fa smettere..?». di Francesco Specchia e Andrea Morigi

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