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Polunin, Vittorio Feltri: "Se il ballerino fa paura quanto Putin"

Vittorio Feltri
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La realtà, non solo del nostro Paese, è sempre più incomprensibile. I giornali, incluso il nostro, riferiscono che il teatro Arcimboldi di Milano ha annullato la danza di Sergei Polunin, ucraino, già programmata. Perché? Il ballerino ha dichiarato ai quattro venti di essere filo putiniano al punto di avere il corpo pieno di tatuaggi con l'effige dello zar. Il che non gli impedisce di certo di essere un ottimo artista, altrimenti non si capirebbe come mai sia stato scritturato per salire sul palcoscenico in un luogo pubblico della metropoli lombarda. Personalmente non stimo affatto il dittatore russo ma se qualcuno lo apprezza a me non importa nulla, d'altronde non mi è simpatico neanche il comico di Kiev che seguita a combattere con le armi fornitegli pure dall'Italia, senza contare i contributi degli Stati Uniti e di varie nazioni europee. Ma questo non mi vieta di rispettare sia i tifosi di Vladimir sia quelli di Zelensky. Ognuno simpatizza liberamente per il politico che vuole. E se un artista è bravo e meritevole di esibirsi non importa da quale parte pendano le sue preferenze. In termini più crudi, non credo che i milanesi abbiano acquistato i biglietti degli Arcimboldi per udire un comizio di Polunin ma per vederlo volteggiare mostrando la sua abilità di danzatore.

 

 

 

È assurdo affidare alle ideologie di qualsiasi tipo la scelta dei protagonisti di uno spettacolo. La elezione a star del teatro deve avvenire in base al suo valore e non alle sue simpatie verso Caio o Sempronio. Purtroppo ormai il giudizio su qualsiasi personaggio è influenzato dalla sua fede politica e non dalla sua competenza nel mestiere che fa. Proprio in questi giorni assistiamo a una diatriba paradossale relativa a un discorso pronunciato dal presidente del Senato, La Russa. Il quale ha commemorato la nascita avvenuta 78 anni fa del Msi, poi trasformatosi in Alleanza Nazionale e ora in Fratelli d'Italia. L'accusa rivolta alla seconda carica dello Stato è infondata ma insistente. Infatti il partito che fu di Giorgio Almirante non era affatto fascista, altrimenti non avrebbe acquisito il diritto di entrare in parlamento nel rispetto della Costituzione.

Da notare poi che An non solo partecipò attivamente ai governi Berlusconi, ma Gianfranco Fini, successore del citato Almirante, divenne presidente della Camera e nessuno osò definirlo fascista, quindi indegno di rappresentare il popolo. E se Fini non era e non è una camicia nera, non si comprende per quale motivo dovrebbe esserlo La Russa solo perché ha ricordato l'esordio del Msi, il padre di tutte le destre. Un'ultima osservazione. Il fascismo giustamente non ha più diritto di cittadinanza. E in effetti non si vedono in giro manipoli che reggono bottiglie di olio di ricino, mentre i "nipotini" di Stalin, l'uomo che ha l'unico merito di aver ucciso tanti comunisti, è ancora venerato pubblicamente dai compagni. Per i rossi la nostalgia turpe è lecita. Per gli altri, tutti, è proibita. Tanto è vero che la nascita del Partito comunista viene celebrata alla grande senza che nessuno abbia il coraggio di eccepire. 

 

 

 

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