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Milano, la Madonna come una vagina: orrore al corteo femminista

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Enrico Paoli
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E poi uno dice che non c’è più religione. Di sicuro non c’è più quella passione civile di una volta, dove sacro e profano andavano a braccetto, magari dandosi pure la mano. Perché la Madonna a forma di vagina, vero e proprio manifesto anti culturale, più che che anti clericale, sfoderato come un arma dal corteo milanese degli studenti, in piazza per l’8 marzo (vai a sapere se davvero per le donne o altro), è qualcosa che va oltre l’allegoria. Se di allegoria si può parlare. Perché in una società dove comandando apparenza e incoerenza, volendo estremizzare tutto, quel manifesto offende per la sua inutilità. E a quelle ragazze con i capelli colorati con tinte improbabili, addobbate con la striscia rossa sul volto, come piccoli alberidi Natale, impegnate nel voler dimostrare il loro esser donna per difendere le donne, qualcuno dovrebbe spiegare, magari un professore volenteroso e non impegnato a dare la caccia ai fascisti immaginari, che la Madonna, a suo modo, è stata una femminista ante litteram. Ma visto che non c’è più religione, resta solo l’ossessione.

E l’ossessione del momento è quella di prendersela con le istituzioni e il potere, il governo e la maggioranza che lo sostiene. «Noi non ci sentiamo per niente rappresentate da questo esecutivo, malgrado la premier sia una donna», una delle attiviste del corteo milanese, sguardo dritto e tono perentorio, con ombelico d’ordinanza a vista, «non crediamo che basti essere donna per cambiare le cose, se poi si continua a portare avanti una politica sessista».

 

 

 

POLITICA SESSISTA

Ecco, la politica sessista. Il tema riecheggia in tutto il corteo, serpeggia fra ragazze, ragazzi, e non solo loro. Ma è qualcosa di indefinibile, di onirico. Non riesci a toccarlo con mano. Più semplice, diciamo intuitivo, prendersela con Confindustria. Dopo aver percorso via Mazzini, costeggiando piazza Duomo, i manifestanti, una volta arrivati nei pressi della sede di Assolombarda, il gruppo si è fermato per scandire cori contro gli industriali, colpevoli -secondo i manifestanti - di sostenere le politiche di alternanza scuola lavoro. «Il bilancio dei morti continua ad aumentare anno dopo anno, giorno dopo giorno», gridano gli attivisti dal megafono, «ma noi non andiamo a scuola per essere educati ad essere sfruttati». No, meglio manifestare, meglio stare in servizio permanente effettivo contro il governo. Ovviamente non è mancato il blitz con fumogeni di fronte al tribunale di Milano. Cambio di scena, e di slogan, a Palermo, dove non c’è stata una festa, «ma una giornata di lotta»,con l’obiettivo di rendere l’8 marzo un giorno non soltanto commemorativo. Così le studentesse dell’Università degli Studi del capoluogo siciliano, sfilando in corteo lungo viale delle Scienze, partendo dalla mensa del Santi Romano e arrivando davanti all’Edificio 12.

 

 

 

A Roma, invece, più fantasia e meno allegoria. Dai vestiti alle bandane, dai fiocchi ai nastri, arrivando ai capelli e ai rossetti, in diverse tonalità di viola e rosa, le dimostranti si sono strette attorno a un furgone a cui sono appesi diversi striscioni, come «Sciopero femminista 8 marzo». Punto di ritrovo piazzale Ostiense dove sono stati accesi fumogeni. Sempre sul furgone, altri striscioni: «Se ci fermiamo noi si ferma il mondo», «mandiamo avanti il mondo, abbiamo spese, reddito di autodeterminazione subito». Tra le bandiere del movimento femminista, anche quelle anarchiche, comuniste e della pace, a colorare il corteo. Sempre meglio della Vagina a forma di Madonna. Sempre meglio...

 

 

 

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