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Giorgia Meloni, gli studenti la contestano e vengono fischiati

Enrico Paoli
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Ieri «Palestina libera», oggi «solidarietà per Giulia», con la sorella Elena diventata giù un’icona dei collettivi de’ sinistra sinistra della Statale di Milano, e non solo. Ieri «Israele stato assassino» oggi «basta vittime» e «bruciamo tutto», a partire dalla società patriarcale. Come se la causa della morte di Giulia Cecchettin, brutalmente uccisa da Filippo Turetta, dipendesse solo da ciò, e non da molto altro. Ma agli esponenti di Cambiare rotta, l’ala più radicale del movimentismo studentesco universitario, che nei cortili della Statale di Milano hanno fatto le prove generali in vista dalla manifestazione di sabato, poco importa l’elaborazione di un vero ragionamento sulle cause di questo omicidio (Turetta ha ucciso Giulia), ciò che conta è il link fra l’oggetto della protesta e il governo, con Giorgia Meloni, nello specifico. Accusata ieri di essere complice di Israele, lo «Stato nazista, e oggi di «mortificare le donne» con «politiche sbagliate», «fortemente penalizzanti» per l’universo femminile, tipo l’Iva sugli assorbenti.

Sì, l’imposta su un prodotto... Ma quando hai un solo copione da recitare, mandato a loop in ogni occasione, capita di passare da manifestante a contestato, pure duramente. «Scusate, ma che c’entra l’Iva, il governo in generale, la Meloni, con la solidarietà a Giulia? Cosa c’entra? Noi siamo venuti qua (e il qua sta per l’atrio principale dell’università Statale di Milano, in via Festa del Perdono, dove ogni mattone ha una protesta da raccontare) per testimoniare il dolore perla morte della ragazza». A dirlo è una studentessa, per convenzione la chiamiamo Maria, che affronta la portavoce di Cambiare rotta, assieme ai suoi amici. E lo fa con forza, forte della granitica certezza delle proprie idee.

«Guarda, io sono pure di sinistra, ma a questa strumentalizzazione politica non ci sto, non l’accetto». E come non l’accetta lei, la nostra Maria di questa storia, non lo accettano i suoi amici (compagni vorremmo dire). Per la pasionaria di Cambiare rotta, megafono in mano e striscione ad aprirle la strada nel cammino fra i cortili, un brutto colpo. Però incassa e tira dritto. La battaglia politica è anche questo. E questo, sempre più spesso, vuol dire mischiare i piani, sovrapponendo gli elementi fra loro, finendo con il servire una maionese impazzita buona a nulla. «Ma sì che dietro alla morte di Giulia vi sia anche un problema politico, politico-sociale per essere esatti», dice un’altra studentessa in rotta di collisione con quelli di Cambiare rotta, «è evidente, ma buttarla sempre in rissa non serve, è quello di cui abbiamo bisogno in questo momento. Loro (Cambiare rotta, ndr) sono così...».

 



Già, il momento. Volendo provare a decifrare il clima interno alla Statale, dove gli echi della vicenda di Giulia rimbalzano attutiti, nonostante la protesta di Cambiare rotta, quel che si avverte è una distanza siderale fra i politicizzati e gli indaffarati. Un po’ come se alzare la voce per la Palestina, attaccando Israele, faccia figo, mentre il femminicidio rappresenti un risvolto della società. Complesso certo, ma collocato al di là della strada. Solo il duro faccia a faccia fra i duri di Cambiare rotta, per i quali il governo e la Meloni c’entrano sempre, e i bravi ragazzi di sinistra, poco inclini alla massificazione, porta la realtà dentro al limbo. Magari oggi andrà meglio. Magari. In vista della manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne prevista il 25 novembre, a Milano il raduno è stato fissato in piazza della Scala, davanti al Comune, per quest’oggi i collettivi della Statale, hanno lanciato un flash mob davanti all'università, mentre a Roma i movimenti di Cambiare Rotta e Osa daranno vita a un sit-in a San Lorenzo. La lotta alla violenza di genere, si inserisce in un clima già teso per le mobilitazioni a favore della Palestina. Giusto ieri, a Firenze, il corteo organizzato dal collettivo dell’ateneo del capoluogo toscano, ha provocato le cariche da parte delle forze dell’ordine, visto i forti momenti di tensione.

 

 

Anche gli studenti delle scuole superiori hanno provato a fare la loro parte. Da Roma a Milano, fino a Palermo, i licei e atenei hanno dato vita a «un minuto di rumore» per Giulia e per tutte le donne uccise dagli uomini, per «bruciare» il sistema che regna nella società. «Anche questa volta stiamo assistendo al vile tentativo di strumentalizzazione della vicenda da parte della nostra classe politica, da Tajani alla Bernini: gli stessi che per decenni hanno portato avanti politiche antipopolari che ci hanno negato ogni possibilità di autodeterminazione», affermano quelli di Cambiare rotta. Come se loro, quelli de’ sinistra, non stessero strumentalizzando la vicenda..

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