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Milano, quei legami tra i cortei e Hamas

Enrico Paoli
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La Kefiah per mascherare il volto, indossata sabato in piazza Castello a Milano, per aizzare la folla contro israeliani e giornalisti, nei video postati su Tik Tok non c’è. Dalla finestra del social più amato dai giovani esce il viso angelico di Dawoud Falastin, studentessa universitaria della Statale e figlia di un esponente di spicco dell’Associazione palestinesi in Italia, indossando solo il velo d’ordinanza, usato per coprire i capelli. Ma di angelico, nei messaggi della pasionaria palestinese protagonista della manifestazione di sabato assieme ad una studentessa di Bergamo, anch’essa con il volto coperto dalla Kefiah, che ha lanciato pesanti offese nei confronti degli israeliani e di Israele, non c’è assolutamente nulla. Anzi, nei suoi video ci sono tutti gli elementi di quel filo rosso che legale piazze ai terroristi di Hamas. «Quando decolonizzeremo la Palestina, decolonizzeremo tutti i Paesi arabi», dice in un post, «Israele è li per far si che ci sia un controllo geopolitico europeo in Medio Oriente».

«Il regime sionista ti fa esiliare, anzi ti costringere a scappare», sostiene in un altro. D’accordo, non siamo alla violenza verbale usata in piazza dall’altra barricadera pro Palestina, la studentessa di Bergamo con la sciarpa a scacchi bianca e nera sul volto per non farsi riconoscere («gli israeliani hanno problemi mentali e dovrebbero essere tutti in manicomio, hanno paura dei giovani palestinesi, i prigionieri di guerra israeliani li hanno presi in una casa di riposo»), ma è solo un gioco delle parti, una sottigliezza linguistica fra pasionaria buona e pasionaria cattiva. Il bersaglio è sempre lo stesso: lo Stato di Israele.

 


Solo che loro, le due ragazze, rappresentano l’immagine accattivante da mandare in piazza, da mostrare sui palchi delle manifestazioni, dando modo a chi muove le fila di restare nell’ombra. E sul camion usato come pedana, a manovrare le due giovani, sostenute dal Collettivo di estrema sinistra Cambiare rotta, in particolare c’era lui, Mohammed Hannoun, noto ai servizi di intelligence di mezza Europa e di Israele, che ogni anno organizza conferenze con le associazioni che sostengono la causa palestinese, quindi anche Hamas.

 

 

A luglio di quest’anno, a convalidare le ipotesi investigative delineate dalle unità antiriciclaggio europee è arrivato anche il ministero della Difesa di Israele, che ha chiesto al nostro Paese il sequestro di cinquecentomila dollari che sono stati trasferiti da Hamas ad Hannoun, definito dal ministro Yoav Galant «leader dell’organizzazione terroristica Pcpa – Conferenza popolare per la fratellanza palestinese – affiliata ad Hamas e capo dell’associazione benefica di solidarietà col popolo palestinese». Da luglio, come racconta il quotidiano online Linkiesta, nessuna Procura, né quella Nazionale Antimafia e Antiterrorismo né quella di Genova, ha agito dando seguito alla richiesta israeliana e dalle parti della Guardia di Finanza nessuno sa nulla. Ragione per la quale Hannoun è libero di organizzare manifestazioni a Milano e Genova, dove l’architetto palestinese risiede, che inneggiano all’Intifada «fino alla vittoria», lanciando raccolte fondi per Gaza, respingendo tutte le accuse. E lì, sul palco, ha diretto l’orchestra. Evidentemente sono stati così bravi da riuscire a convicere un po’ di milanesi che le manifestazioni pro Palestina andate in scena in queste ultime settimane, fossero realmente attestati di solidarietà verso i palestinesi. Invece no.

Come al solito nulla è come sembra, e anche quel che sembra pacifico non lo è affatto. E quanto avvenuto sabato lo dimostra apertamente. Tanto da indurre a pensare che la miriade di sigle e associazioni palestinesi, ne esistono di tutti i tipi, abbiamo trovato nel capoluogo lombardo un terreno fertile sia per la raccolta fondi, sia per la propaganda. E se l’Associazione dei palestinesi in Italia rappresenta la punta avanza di questa galassia, iniziano ad avere un peso anche l’Associazione degli studenti universitari Musulmani dell’Università degli Studi di Milano e altre sigle simili. Non solo. La saldatura fra i palestinesi di Milano e il collettivo di Cambiare rotta, presente sabato in piazza per solidarizzare con Gaza e attaccare il governo Meloni, colpevole di sostenere Israele, non può essere certo un fatto casuale. Fare proselitismo lì, alla Statale, per i palestinesi rappresenta una grande occasione. E la pasionaria dal volto angelico, Dawoud Falastin, è il trattino che unisce i due mondi. Poi, a urlare gli slogan farneticanti, ci pensa la manifestante di turno...

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