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Alex Baiocco, circoli rossi e odio per le divise: le trame dell'uomo del cavo

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Massimo Sanvito
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C’è Alex che frequenta i rossi circoli Arci, tra cui quello di Arcore diventato famoso per aver organizzato un brindisi alla morte di Berlusconi, e Alex che posa come modello per «giocare col corpo e l’identità». C’è Alex che brandisce una mazza con le unghie smaltate di nero e lo sguardo truce e Alex che sui social condivide riferimenti al Manifesto di Marx ed Engels. C’è Alex affascinato dall’esoterismo e dal satanismo e Alex che insulta la polizia («Fuck cops»). Ragazzone annoiato di 24 anni, Alex Baiocco, centrosocialaro fluido, nonché potenziale decapitatore via cavo (d’acciaio) in una notte milanese qualsiasi. L’accusa di strage è decaduta ma il folle di viale Toscana (Milano) rischia fino a una dozzina d’anni di galera per l’accusa di blocco stradale. Il giudice, alla direzione del carcere di San Vittore dove è recluso da giovedì notte, ha chiesto una «dettagliata ed approfondita relazione sanitaria che descriva le sue condizioni di salute psico-fisica». Dagli atti sono emerse un’importante fragilità e «un’insensibilità rispetto ai valori del vivere in comunità».

E lui? «Era un gioco senza regole, non c’era un’altezza prestabilita alla quale intendevamo mettere il cavo, in generale non c’è stata una programmazione della cosa, ma solo “prendi il cavo e tiralo”, non mi rendevo conto dell'effettivo pericolo. Non doveva essere una trappola, era il nostro gioco che non doveva coinvolgere altri», ha detto durante l’interrogatorio. E ancora: «Eravamo molto scherzosi, continuavamo a ridere, io ho ritenuto di seguire il gruppo (ovvero gli altri due compagni di avventura, di cui uno è stato identificato dai Carabinieri, ndr). Quando siamo resi conto che qualcuno ci osservava dalla finestra (il salvifico testimone che ha avvertito le forze dell’ordine, ndr) ci siamo spaventati e siamo corsi via. Questo è quello di cui io mi pento maggiormente perché mi sono reso conto che andava tolto il cavo dalla strada».

 

 

 

Ma non è finita qui. «Ho pensato che qualcuno si poteva fare male o che comunque avrebbe intralciato il passaggio e solo in cella ho riflettuto e capito che qualcuno poteva morire». E allora perché? «Ero triste, con l’umore basso e ho pensato che uscire di casa mi avrebbe fatto bene, ma certamente non era mia intenzione fare alcunché per fare del male a qualcuno. Io stavo come facendo il pagliaccio per assecondare i miei amici che ad esempio mi avevano chiesto di entrare a casa mia dalla finestra.

Quando stendevo il cavo che loro avevano ancorato da una parte, mi sentivo partecipe del gruppo ed avevo bisogno di approvazione». Nell’ordinanza con cui il gip di Milano Domenico Santoro ha convalidato l’arresto del ragazzo e disposto il carcere si legge: «Difficile individuare un termine diverso dall’aggettivo assurda per poter definire la condotta di Alex Baiocco». Il reato di strage, contestato dal pm Enrico Pavone, è stato depennato. Per quale motivo? «Non è dato evincere che quella condotta sia stata accompagnata dal fine di uccidere nel senso richiesto dalla giurisprudenza».

 

 

 

Dunque: il trio, che nei video circolati sul web si rammarica che nessuno incappi nella corda di ferro tirata da una parte all’altra della strada, non voleva uccidere ma come poteva non essere consapevole che quel blitz potesse trasformarsi in tragedia? Alex e i loro amici, a quanto risulta dalle carte, hanno semplicemente ostacolato la libera circolazione stradale. Intanto, anche a livello politico, le acque si agitano. Francesco Rocca, consigliere comunale di Fratelli d’Italia, sta «formulando una riflessione per il Consiglio comunale rivolta alla sinistra che quando c’era da gridare contro il patriarcato si è più volte esposta cercando etichette anche per nascondere il vero problema di questi ragazzi, il disagio che vivono, figlio dell’abuso di droghe, del relativismo progressista». 

 

 

 

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