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Green Bloc

Lucia Esposito
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Non è che ci sono venti black bloc incazzati - magari tedeschi - e tutto il resto è solo schiuma orecchiante, tipo quel Mattia che è diventato un archetipo ma che basta rampognare perché non lo faccia più. Non possiamo passare dal Codice penale al consultorio familiare, dall'ordine pubblico alla pedagogia: la massa, nevralgica, sta nel mezzo. Ieri sul Corriere online c'era un'intervista a "Francesca, attivista" che si era già fatta notare nelle foto degli incidenti di Bologna, sempre in prima fila e scalciare e irridere i poliziotti dopo avergli spruzzato acqua in faccia: questa ragazzetta del centro sociale Hobo - che indossa sempre lo stesso maglione verde, e, giustamente, un anello al naso - racconta che il 1° maggio era anche a Milano e che vabbeh, "quelli che hanno devastato la città hanno espresso un momento di rabbia e di conflittualità, non si può pretendere di avere delle azioni come quelle che ci costringono a una vita di merda e poi di non averne le conseguenze... c'è stata una parte che ha espresso un dissenso in modi e pratiche che possiamo dire magari, secondo alcuni, non condivisibili, ma...". Tu avresti fatto lo stesso? E lei "sì, sì... comprendo quello che hanno fatto loro: siamo tutti figli di papà, come quelli son teppisti, siam tutti teppisti". Ecco: è su questi soggetti che bisogna lavorare, perché si nutrono dei segnali che ricevono. È facile far vergognare un pirla che dice cazzate, più difficile è far vergognare una poveraccia che pensa di parlare sul serio.

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