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Giampaolo Pansa: "Se non si fa nulla la guerra arriverà"

Matteo Legnani
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Papa Bergoglio e il presidente Mattarella potrebbero farmi un piacere personale? E' di non parlare di una terza guerra mondiale ormai imminente. Secondo Papa Francesco, questo conflitto sarebbe già cominciato, ma la gente non se ne rende conto perché è una guerra fatta di tanti pezzi. E si combatte in aree del mondo sempre diverse. Con un po' di ritardo rispetto al Pontefice, il presidente della Repubblica  ha detto la stessa cosa. Mercoledì scorso, in un messaggio destinato al Meeting di Comunione e liberazione, Sergio Mattarella è stato lapidario: «Il terrorismo, alimentato anche da fanatiche distorsioni della fede in Dio, sta cercando di introdurre nel Mediterraneo, in Medio Oriente, in Africa i germi di una terza guerra mondiale. Sta nella nostra responsabilità fermarla». Non c'è nessun dubbio che Mattarella e Bergoglio siano persone serie e con la testa a posto, anche per gli incarichi che ricoprono. Ma pure loro possono sbagliare. Infatti commettono un errore molto frequente nel mondo politico, e non soltanto in quello italiano. L'errore è che prevedere o annunciare un disastro sia il modo per scongiurarlo. Invece si deve agire e combattere chi vuole sterminarci. Ripensiamo a quando accadde nell'Europa del 1939. Era evidente che Hitler stava per scatenare una guerra mondiale, in quel caso la seconda. Tante voci in molti paesi diversi si levarono per mettere in guardia l'Europa, ma anche l'intera umanità, di fronte a questo rischio imminente. Che cosa fece il leader del nazismo tedesco e con lui l'incauto Mussolini? Tirarono diritto e cominciarono la guerra. Oggi la domanda che dobbiamo proporci è cosa intende fare il terrorismo islamico, e in particolare il Califfato nero? Hanno un obiettivo solo: dare inizio a un conflitto globale e continuarlo sino alla conquista dell'Occidente e la sua sottomissione. Uso la parola terribile che uno scrittore francese ha dato come titolo a un suo romanzo famoso e discusso. Per evitare di sottometterci ai califfi islamici la strada è soltanto una. Comportarci come nel 1939 si comportò un signore che si chiamava Winston Churchill. Era il capo del governo britannico e sapeva che il suo Paese non era preparato ad affrontare una guerra mondiale. Ma non intendeva inginocchiarsi davanti a Hitler e decise di battersi contro il nazismo e il fascismo. Abbiamo in Italia un Churchill? Ma non scherziamo! Il Bestiario non ne vede nemmeno l'ombra. Eppure stiamo parlando troppo di una terza guerra mondiale già in corso o imminente. Di nuovo parole, parole, parole. Dietro questo bla bla non c'è nulla. Non esiste neppure la consapevolezza che, se parliamo tanto di guerra senza fare nulla, prima o poi il mostro si presenterà. E a quel punto non saremo in grado di inventarci niente per evitare il disastro. La nostra impotenza è rivelata dall'atteggiamento nei confronti dell'immigrazione clandestina, sempre più gigantesca. È una tragedia che sta investendo quasi tutta l'Europa. Ormai ha dimensioni paurose: i migranti si contano a centinaia di migliaia. Come la stiamo fronteggiando? Nella confusione più totale. Non ha mai mosso un dito il governo di Matteo Renzi, rimasto a guardare. Questo premier passerà alla storia per essere stato un cacciatore di posti di potere e nient'altro. Quanto al resto della nostra classe dirigente, l'incertezza è devastante. I meno incerti sono i cattolici, la Chiesa e chi la segue. Ma commettono l'errore di pensare che a risolvere questo problema colossale basti l'accoglienza. Ricordano mia nonna Caterina: lei riteneva che bastasse recitare il rosario per evitare le malattie e la povertà. Esiste infine un altro versante della nostra debolezza. È l'ignoranza totale su che cosa sia una guerra. Il secondo conflitto mondiale l'ho scrutato quando ero ragazzino. E se ci ripenso, o mi capita di scriverne, vengo afferrato da una folla di pensieri cupi e di paure ancestrali. La prima è quella dei bombardamenti aerei. Tra l'agosto e il settembre 1944, gli apparecchi americani partivano di continuo dalle loro basi in Corsica e arrivavano sulla nostra città per distruggere i due ponti sul Po. La mia casa stava in centro e non venne mai colpita. Ma gli schianti assordanti delle bombe paralizzavano anche me, un bambino di nove anni troppo curioso di vedere le fortezze volanti per scendere nel rifugio. Papa Francesco e il presidente Mattarella devono stare attenti quando parlano di guerra. Dovrebbero conoscere, e di certo lo conoscono, tutto l'orrore che si accompagna a un conflitto. Non mi riferisco soltanto alla sorte dei giovani costretti a combattere, una parte dei quali è destinata a morire o a restare mutilata. Parlo dei civili rimasti a casa. Dal 1945 a oggi, sono trascorsi ben settant'anni. L'Italia non è una nazione abituata a vivere dentro una guerra. I giovani, ma anche una quota di anziani, non hanno ricordi ai quali aggrapparsi per saper sopportare la sofferenza che accompagna tutti i conflitti. I tanti morti sotto le bombe. Le case, le strade, le ferrovie ridotte in macerie. Le industrie che non lavorano poiché la gente non ha i soldi necessari ad acquistare i loro prodotti. La miseria che avanza. L'inflazione dilagante. Voglio vederli i ragazzi e le ragazze della movida se continueranno a bisbocciare sino all'alba nei tanti "Cocoricò", rischiando di essere bombardati. La verità è che noi italiani siamo gente spensierata. E chi ci rappresenta ai vertici della politica, dell'economia e della finanza è anche più irresponsabile di noi. Per una vecchia abitudine che deriva dal lavoro nei giornali, assisto impassibile al disastro dei nostri partiti. Cercano soltanto di sopravvivere inchiodati a qualche poltrona. E mostrano una criminale incapacità a cercare un minimo di coesione almeno fra quelle che un tempo si chiamavano destra, sinistra e centro. Ho una confessione da fare ai lettori di “Libero”. Acquisto dieci quotidiani al giorno, ma non riesco più a leggere gran parte degli articoli dedicati alla politica interna. È sempre stata la mia passione e anche la mia specializzazione professionale. Eppure oggi il mio istinto è di rifiutarli. Del resto che cosa dovrei leggere? Di Matteo Orfini che ha organizzato, ma solo al rientro dalle ferie, un assurdo sit in davanti alla parrocchia romana che ha officiato le esequie trionfali di un boss proclamato Re di Roma? Adesso che sono quasi arrivato al traguardo degli ottanta, dovrei scrivere il Bestiario aspettando l'inizio della Terza guerra mondiale? Mi viene in mente il finale di un grande libro di George Orwell: “Omaggio alla Catalogna”. Aveva combattuto nella guerra civile spagnola, dentro le file di un piccolo partito marxista e antistaliniano, il Poum. Gravemente ferito, venne costretto a ritornare in Inghilterra. Mentre viaggia in treno alla volta di Londra, rivede nella memoria il Paese che aveva lasciato partendo per la Spagna: «Il grande deserto tranquillo della periferia londinese, le strade familiari, i manifesti che annunciano gli incontri di cricket, i signori in bombetta, i piccioni a Trafalgar Square, gli autobus rossi e i poliziotti in blu. Tutti addormentati nel profondo, profondissimo sonno dell'Inghilterra, da cui non ci sveglieremo mai finché non ne saremo strappati di colpo dal boato delle bombe». di Giampaolo Pansa

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