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Stefania Giannini: "Mi ha spinto Berlusconi in politica"

Lucia Esposito
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Stefania Giannini, ovvero una brillante carriera accademica alle spalle e un presente politico incerto. Pentita di essere scesa in campo? «Neanche per un istante. Certo, pago lo scotto di essere una neofita in un mondo che ha regole diverse e un tasso di conflittualità molto più alto di quello accademico». Non se l'aspettava? «Un po' sì. Ma una cosa è immaginare le situazioni, un'altra è viverle. Essere un personaggio pubblico fa pagare un prezzo molto alto...». Diciamo che un ministro della Repubblica, se vuole mettersi in topless, dovrebbe scegliere un luogo più appartato dello stabilimento balneare di Marina di Massa. «Non avrei mai immaginato di finire su un rotocalco. Quelle foto mi hanno dato la misura di come ogni cosa che fai, anche se intima e privata, ha comunque una ricaduta pubblica». Cos'ha provato nel vedersi seminuda sui giornali? «Molto fastidio. Era la prova che un personaggio pubblico non ha un minimo di libertà, nemmeno nel privato. Devi fare attenzione anche a bere l'acqua in modo elegante e a non attaccarti alla bottiglietta». La Boschi, pochi metri di spiaggia più in là, è stata fotografata in bikini. Troppo bacchettona la ministra delle Riforme o troppo libertina lei? «Sono due categorie che non appartengono né a me né alla Boschi. Abbiamo subito entrambe un'aggressione dai media, sebbene in modo molto diverso». Lo rifarebbe? «Sì, mi comportavo come faccio sempre, con naturalezza». Quindi l'estate prossima la rivedremo nature? «La prossima estate forse andrò in montagna…». Ma lei oggi a quale partito appartiene? «A Scelta Civica, ovviamente». Glielo chiedo perché dentro Sc molti non la considerano più una di loro. «In un partito ci sono tante anime. Forse lei si riferisce al gruppo parlamentare…». Quel che resta di Sc è tutto in Parlamento. L'avevano mandata a trattare con Renzi un posto al governo per il partito e lei invece ha trattato un ministero per sé, dicono. «Io sono in ottimi rapporti con tutti, ma chi lo dice è in malafede o non sa le cose, il che è grave. I colleghi parlamentari dovrebbero essere informati sui fatti, visto che siamo una piccola tribù». Non è vero che il partito l'aveva inviata dal premier a trattare un ministero economico? «Il dossier del lavoro era sicuramente prioritario tra le proposte che avevo fatto sia a Letta che a Renzi, quando ero segretario di Sc. In posizione non secondaria, però, c'era anche l'istruzione».  Che guarda caso è andata a lei. «Se Renzi ha ritenuto che per questo ministero potessi andare bene io che ho delle competenze tecniche innegabili e che allora ero anche segretario di Sc, è stato per motivi totalmente indipendenti dalla mia volontà». Sta di fatto che, malgrado Sc sia ridotta al lumicino, lei oggi è titolare di un dicastero chiave. «Non mi sento in debito con il partito. Se sono al governo è grazie ai 250mila elettori che mi hanno votato alle Politiche nel collegio della Toscana. A differenza di altri colleghi che erano stati al governo con Monti e hanno scelto di non candidarsi, io c'ho messo la faccia». Ma alle Europee lei di voti ne ha presi 3.000 e Sc ha toccato il minimo storico: 0,7%. «Era difficile prendere più voti con un partito che viaggiava su quelle percentuali». Si ricandiderebbe? «Il senso di quella candidatura era portare con coraggio e determinazione la bandiera del riformismo europeista. Faccio notare che il Ncd, senza l'alleanza provvidenziale dell'ultima ora con l'Udc, oggi non sarebbe nemmeno nel Parlamento europeo. Tutto il centro è stato fagocitato da Renzi». Colpa di Renzi se non siete stati capaci di tenervi i vostri elettori? «Merito di Renzi, semmai. Ma il paragone non regge. Lì c'è un partito strutturato e un grande attaccante che piazza tutti i goal possibili, qui una piccola lista che stava compiendo il suo percorso neonatale per diventare un partito quando il suo leader, Mario Monti, se n'è andato». Colpa di Monti, dunque. «Sicuramente la sua decisione di ritirarsi dalla scena politica è stata determinante nel tracollo del partito. Ma non giudico la sua scelta, che rispetto, anche perché credo che lui sia stato spinto da motivi personali e non politici». E lei non ha nulla da rimproverarsi? «La mia assunzione pubblica di responsabilità l'ho fatta dimettendomi da segretario il giorno dopo le elezioni». Un segretario che porta il suo partito a rasentare lo zero si ritira dalla politica. Lei è rimasta al governo. «Dimettermi da ministro sarebbe stata una confusione di ruoli. Ho accettato di candidarmi alle Europee solo perché i colleghi mi avevano scongiurato di farlo, essendo io nel ruolo più visibile. Il mio posto nel governo è una responsabilità che deriva dall'ingresso in maggioranza di un partito che nel 2013 aveva il 10% ». Siete diventati irrilevanti in poco più di un anno. «Siamo piccoli, ma determinanti in Parlamento per la tenuta della maggioranza di governo». Renzi è avvisato. Quindi è vero che sono freddi i rapporti tra voi due. «Anzi, sono buoni. Ma sono sempre i rapporti di un ministro che non è dentro il Pd». Alcuni errori commessi all'Istruzione sotto la sua guida sono stati marchiani. Il pasticcio nei quiz di medicina per l'ammissione alle scuole di specializzazione grida vendetta al cielo. «L'errore manuale nella distribuzione dei quiz purtroppo c'è stato, ma l'abbiamo risolto in 24 ore. Dimostreremo che non è stato danneggiato nemmeno un candidato, perché tutti coloro che non avrebbero ottenuto l'assegnazione del posto a causa delle due domande ritenute non pertinenti sono stati poi ammessi alle scuole di specializzazione». Per quell'errore lei è stata sul punto di dimettersi. «Ho dovuto affrontare una situazione molto critica, ma non ho mai pensato di dimettermi». Renzi non le ha fatto una lavata di capo? «C'è stata solo una richiesta di chiarimento da Palazzo Chigi, cui abbiamo risposto tempestivamente anche con l'ausilio dell'avvocatura dello Stato. Sui test di medicina sono orgogliosa del lavoro della nostra squadra. Questo è un ministero di una tale complessità che ogni giorno smino una notevole quantità di esplosivo». Senza avere alle spalle un partito pronto a difenderla. Anzi. «Nella mia graduatoria faunistica i gufi non sono al primo posto». Alle Regionali del 2010 Berlusconi la invitò per proporle la candidatura a governatore dell'Umbria. Come andò quell'incontro? «Ci vedemmo a Palazzo Chigi, dove il presidente mi chiese di prendere in considerazione quest'ipotesi». Come mai non se ne fece più niente? «Perché il suo partito, l'allora Pdl, fece resistenza». Lei avrebbe accettato? «Certo». Cosa le disse Berlusconi per convincerla? «Mi colpì la passionalità con cui parlava di politica, sostenendo che questa impone un rapporto diretto con la gente e abbatte le barriere. Ed è proprio questo aspetto affascinante che mi aveva fatto notare Berlusconi, la gratificazione che deriva dall'incidere sulla vita delle persone, che mi ha spinto anni dopo a scendere in campo». In che rapporti è oggi col Cav? «Ottimi, ma non ho mai avuto occasione di stringere una relazione molto forte con lui, quindi non millanto una vicinanza personale. C'è un rapporto di stima reciproca». Che giudizio politico dà di lui? «Il presidente Berlusconi ha rappresentato una grande speranza di liberalismo. Io sono una liberale, quindi gli riconosco questo merito. Ma il processo che ha messo in atto è fallito». Berlusconi ha rappresentato una risorsa o una iattura per il Paese? «Né l'una né l'altra. È stato una presenza determinante. Per vent'anni il nome di Silvio Berlusconi ha segnato, nel bene e nel male, il corso della storia italiana». A gennaio si celebrerà il congresso di Sc per incoronare il nuovo segretario. Lei sosterrà Enrico Zanetti o Irene Tinagli? «Ho ottimi rapporti con entrambi e quindi non tifo per nessuno. Comunque non diamo per scontato che ci sarà una conta». Quanto a lei, presto o tardi, finirà nel Pd. O no? «Non si deve mai escludere niente, soprattutto in politica». Quindi moriremo renziani? «Chi può dirlo... Io ho un difetto di vista: non ho lo specchietto retrovisore né l'ansia del futuro». Un auspicio sul futuro Capo dello Stato? "Speriamo che sia femmina"  Barbara Romano

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