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La sciocchezza di Saviano:"La coca è da legalizzare"

Per il guru di sinistra "è l'unico modo per annientare la malavita". Una tesi non certo originale, per altro già smentita dai fatti e dalle statistiche

Andrea Tempestini
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  di Claudio Antonelli «Il costo dello stupefacente è variabile, può arrivare a costare anche 15 euro al grammo. Ma l'unica via per annientare il mercato malavitoso è rendere la vendita della coca legale».  Roberto Saviano presenta  così “ZeroZeroZero”, il suo secondo e ultimo libro. In questi casi la provocazione è d'obbligo, anche perché è l'anima del marketing. Ma pur partendo da una premessa anche condivisibile (il proibizionismo non si è rivelato  risolutivo),  arriva a una conclusione sbagliata. Inaccettabile, e non solo da un punto di vista morale. Lo Stato può subentrare alle mafie nella vendita di sostanze stupefacenti?  Peraltro, l'idea di Saviano non è  certo nuova né originale. Ad esempio è da tempo uno dei cavalli di battaglia dell'Economist. Rifacendosi alle stime delle Nazioni Unite, il settimanale inglese sostiene che il proibizionismo abbia stimolato la criminalità su scala mondiale a un livello mai visto prima. Secondo l'Agenzia sulle droghe, il traffico globale di stupefacenti vale circa 260 miliardi di euro all'anno. Dunque, liberalizzare dovrebbe per forza portare all'effetto opposto - secondo un sillogismo invero molto discutibile. Stando allo stesso paradigma, in Italia (i dati vanno presi con le pinze) dal narcotraffico le mafie recupererebbero tra i 40 e i 60 miliardi di euro all'anno: rendere legali tutte o anche solo alcuni tipi di droghe vorrebbe dire, secondo quelli che la pensano come Saviano, smantellare il loro mercato nero e privarle di decine di miliardi di euro l'anno.  Peraltro, nel 2010 sono stati spesi circa 2 miliardi di euro nella lotta al consumo di droga, e un altro miliardo per i circa 25mila tossicodipendenti presenti nelle carceri italiane.  Inoltre è stato calcolato che gli Stati Uniti, tassando le droghe, ricaverebbero 33 miliardi di dollari, mentre il Regno Unito otterrebbe 24 miliardi di sterline. Probabilmente la stessa cifra varrebbe per l'Italia. Gli entusiasti sostengono che la droga potrebbe essere tassata, e con quei soldi si potrebbe poi combattere la criminalità e la tossicodipendenza che lo Stato starebbe invece favorendo. In realtà, se liberalizzare dovesse davvero diminuire il consumo, perché dovremmo attenderci un gettito così elevato? Inoltre, non è forse troppo ingenuo pensare che non si formerebbe un mercato parallelo di droga? Quella di Stato tassata e quella criminale a minor costo. Dunque non solo non si otterrebbe gettito, ma si continuerebbe a spendere per  fermare il mercato nero della droga.   Altro problema logistico. Se a liberalizzare fosse solo l'Italia, i tabaccai autorizzati a vendere coca dove andrebbero a rifornirsi? Probabilmente da intermediari, che comunque comprerebbero polvere bianca dalle Farc e oppio dai talebani. Una sorta di riconoscimento ufficiale dei narcotrafficanti: inimmaginabile. Una decisione di questa portata dovrebbee sser rpesa a livello mondiale: scenario ancor  meno immaginabile.  Omettiamo infine l'aspetto morale, che non rientra nel mero calcolo dei costi-benefici. C'è però la questione sanitaria, che certo non è trascurabile. Tra chi è a favore della liberalizzazione, la Cato University ha dimostrato che in Portogallo, dove l'uso di sostanze stupefacenti è  stato depenalizzato, le morti per overdose sono in effetti diminuite da 400 a 290 dal 1999 al 2006. Un migliaio di casi in meno i casi di Aids legati all'uso delle sostanze. È bene però  chiarire che a Lisbona la droga è stata legalizzata, non liberalizzata. Le forze di polizia continuano a combattere e reprimere il traffico, mentre si è deciso di curare e non condannare i tossicodipendenti, e questa è una scelta molto su cui riflettere, anche in Italia. Ma non ha nulla a che fare con la proposta di Saviano. Al contrario, nel valutare gli elementi che non rendono né possibile né opportuna la legalizzazione degli stupefacenti c'è proprio l'impatto sulla salute dei consumatori, che costringerebbe lo Stato a spendere ancor di più.   Vanno infine ricordati anche alcuni principi fondamentali della Costituzione  italiana. Articolo 32: «La Repubblica tutela la salute come  fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività ». Invece le alterazioni cognitive e funzionali «derivanti dal consumo e l'impatto collettivo all'interno  della popolazione andrebbe a costituire uno strato di soggetti, per lo più giovani, non in grado di  partecipare attivamente alla vita sociale aumentando», scriveva nel 2011 il dipartimento delle politiche antidroga della presidenza del Consiglio,  «così anche il rischio di danno a se stessi e agli altri nel  corso di attività quotidiane: incidenti lavorativi, stradali e domestici».  Insomma, l'Italia liberalizzata avrebbe prospettive “Zero zero zero”. Proprio come il titolo del libro di Saviano.   

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