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Grillo, un gufo che porta iella

Giampaolo Pansa e Beppe Grillo

Da Beppe a "Occupy Pd", dal "Fatto" ai dissidenti democratici: quelli che tentano di impallinare il governo Letta rischiano di affondare il Paese

Andrea Tempestini
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  di Giampaolo Pansa Un leader populista? Ma non scherziamo! Beppe Grillo non ha la statura per essere davvero un capopopolo, un rivoluzionario, un guerrigliero capace di assalire i palazzi del potere e conquistarli. L'inventore delle Cinque stelle è soltanto un menagramo, uno che maneggia profezie di sventura e spera nel disastro. Ben sapendo che, se accadrà, lui si sarà messo al sicuro in qualche paradiso lontano dalle macerie. Insomma, non siamo in presenza di un grillo, bensì di un gufo. E gufare, ossia fare il tifo perché avvenga il peggio e non il meglio, è il mestiere che preferisce.  Se qualcuno non l'aveva ancora capito, gli sarà bastata l'ultima profezia del Super Gufo. Qualche giorno fa ha dichiarato che in autunno l'Italia farà bancarotta e la repubblica non potrà più pagare né gli stipendi dei dipendenti pubblici né le pensioni. Quando l'ho ascoltato predire il disastro, confesso di aver provato ribrezzo per lui. E mi sono fatto una domanda che molti altri si saranno posti.  Com'è possibile che un presunto primo della classe si comporti così, tentando di seminare il panico? Per di più mentre due terzi del paese si danno da fare per costruire un argine alla crisi, si svenano pagando una montagna di tasse e cercano di mettere in piedi un governo? Eppure è proprio questo che fa il Gufo stellare, tutti santi giorni.  Lo fa al riparo dei suoi miliardi e adoperando il web come un lanciafiamme. A lui non importa gettare nello sconforto gli ingenui che lo considerano un profeta. La sua specialità è seminare sfiducia, diffondere ansia. Il veleno della paura è il prodotto numero uno della ditta messa in piedi con Gianroberto Casaleggio. Qualcuno dovrebbe ribattergli che gufare è sempre un comportamento suicida. Prima o poi, chi lo fa finisce con il portare iella anche a se stesso. Un lungo elenco Purtroppo il dittatore stellare non è l'unico gufo in circolazione. L'elenco è lungo. Subito dopo di lui vengono molti dei suoi parlamentari. A cominciare dai due capigruppo, o portavoce, al Senato e alla Camera, il confusionario Vito Crimi e la petulante Roberta Lombardi. Mi ricordano due personaggi dei fumetti: Arcibaldo e Petronilla. Il meglio che si possa dire di loro è che sono dilettanti allo sbaraglio. Ma soprattutto impreparati e autolesionisti. Per l'incontro con il presidente incaricato, Enrico Letta, hanno preteso la diretta televisiva. Dimostrando di essere gufi con un cervello da gallina, pronti a mostrare il lato più scadente e grottesco dei cosiddetti colonnelli di Grillo.  Meritano il titolo di gufo anche i colleghi del «Fatto quotidiano». Un giornale che fino a ieri era utile leggere, perché aveva uno stile e un punto di vista sempre inconsueti e sorprendenti. Oggi comincio a pensare che non ne valga più la pena. Dal momento che Antonio Padellaro e Marco Travaglio, i due direttori, hanno deciso di fare della loro testata il foglio di Grillo, l'organo di partito dei Cinque stelle. I risultati di questa scelta editoriale, forse decisa per conquistare un po' di lettori grillini, cominciano a stufare. Il 25 aprile il titolo di prima pagina strillava: «Napolitano nomina il nipote di Gianni Letta». Un capolavoro di humour grossolano. Neppure il «Male», ai suoi tempi, era arrivato a tanto. Mi auguro che quando Padellaro diventerà il direttore del «Corriere della sera», il «Fatto» non titoli che la Rizzoli ha nominato il figlio o il nipote di qualcuno ritenuto, magari a torto,  impresentabile.  Tuttavia il maggior numero dei gufi si annida tra le macerie del Partito democratico. Qui siamo di fronte a un dramma vero, che può avere conseguenze molto pesanti sull'intero sistema politico. Un giorno i politologi dovranno spiegarci perché mai una sinistra di governo abbia creduto di poter guidare una nazione come la nostra allevando una forza imponente di militanti e di elettori accecati da una sola pulsione fanatica: distruggere la controparte e il suo capo, Silvio Berlusconi, il maledetto Caimano.  Eppure dei dirigenti avveduti avrebbero dovuto rendersi conto che la grande crisi italiana, già alle viste a partire dal 2009, avrebbe reso inevitabile trovare un'intesa con il nemico. L'errore fatale di Pierluigi Bersani, quello che alla fine ne ha provocato la disfatta e l'uscita di scena forse definitiva, è stato aizzare la propria truppa contro il Cavaliere.  Nessuno avrà dimenticato che, pure in presenza di una vittoria a metà, alla fine di febbraio il leader del Pd annunciava che il suo primo atto di governo sarebbe stato dichiarare che Berlusconi era ineleggibile. E subito dopo varare una legge più restrittiva sul conflitto d'interessi. Scelte surreali e incaute, in un momento che vedeva già molte aziende chiudere e migliaia di persone restare senza lavoro.  Il Pd ha seminato vento e adesso raccoglie tempesta. Mentre Letta tenta di varare l'unico governo necessario all'Italia, nel suo partito i gufi si sono messi a gufare all'impazzata. Laura Puppato, già sfidante di Bersani alle primarie democratiche, fa la schizzinosa e annuncia che non darà la fiducia al governo Letta se ne farà parte Alfano. Pippo Civati, sconosciuto alle masse, eppure diventato un piccolo leader, fa capire che è pronto a dire no a Letta. Lo stesso Sandra Zampa, l'addetta stampa di Romano Prodi quando il professore stava a Palazzo Chigi.  Civati poi sostiene che saranno una cinquantina i refrattari al voto di fiducia. È una stima realistica? Nessuno è in grado di dirlo. Si racconta che sia pronto al no anche Corradino Mineo, l'ex direttore di Rainews, che diventato parlamentare ha riscoperto le sue origini antagoniste. Ma il mistero più fitto riguarda le decisioni di Rosy Bindi, sempre più adirata come un Giove in panni femminili. Sarà vero che, come sostiene la sua addetta stampa, non promuoverà nessun documento dei dissidenti? Urge una visita al bunker bindiano di Sinalunga, in terra senese.  Malattia insidiosa Il gufismo è una malattia insidiosa che contagia anche big democratici che sembravano più furbi dei giovanotti alla Civati. È il caso del sindaco di Bari, Michele Emiliano, anni 53, già magistrato. Intervistato da una sveglia giornalista del «Fatto», Caterina Perniconi, ha sbroccato: «Avrei preferito un monocolore berlusconiano a questo duetto perverso. Mi auguro che nessuno dei nostri iscritti debba sedere in un Consiglio dei ministri con chi combattiamo da vent'anni. Se lo faranno, inviterò i nostri parlamentari a votare contro. Vogliono cacciare noi? Noi cacceremo loro».  Infine ci sono i gufi baby. Sono i ragazzi del Partito democratico che in qualche città italiana occupano, si fa per dire, le sedi della loro parrocchia. Hanno copiato lo slogan dei ribelli americani: «Occupy Pd». Di solito sono studenti universitari o precari. Piccoli gruppi, a Torino non più di trenta. Mostrano cartelli scritti con il pennarello.  Vedo le loro foto sui giornali. Hanno belle facce pulite, penso che potrebbero essere miei nipoti. Vorrei domandargli se si sono resi conto di scherzare con il fuoco. Gufare contro il generoso tentativo di Letta è una scelta suicida. Se la baracca Italia dovesse crollare, loro saranno i primi a essere condannati alla miseria. Andate meno in piazza e leggete qualche libro di storia in più. Imparerete che con questi chiari di luna il disastro sta sempre dietro l'angolo.  

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