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Strette di mano, diffidenze, affinitàVent'anni di rapporti tra Giorgio e Silvio

Giuliano Ferrara

Ferrara ricorda il clamoroso gesto tra Berlusconi e Napolitano, capo dell'opposizione, del 94. Ma anche il fair play del Cavaliere

Nicoletta Orlandi Posti
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Un segno di possibile pacificazione: è questo che Giuliano Ferrara legge nel messaggio di Giorgio Napolitano a Silvio Berlusconi. Del resto, spiega il direttore del Foglio, nel suo editoriale il rapporto tra i due presidenti, da venti anni a questa parte, è un rapporto di rispetto reciproco e di "affinità sul piano del realismo". Ferrara racconta nell'articolo firmato con l'elefantino rosso venti anni di strette di mano, diffidenze e far play che hanno caratterizzato il braccio di ferro tra Napolitano e Berlusconi. Parte dal 1994: "Non era mai successo, e non è mai accaduto dopo che un capo di governo lasciasse il banco dell'esecutivo alla Camera  dopo aver ascoltato il discorso del capo degli oppositoei per stringergli la mano e complimentarsi con lui". Berlusconi si comportò cosi dopo che Giorgio Napolitano, all'epoca capogruppo del Pds, aveva finito di parlare all'indomani della vittoria napoleonica di Forza Italia nel 94. Il gesto era e fu percepito, puntualizza Ferrara, clamoroso. "Fu un unicum", incalza il direttore del Foglio, "reso possibile dai toni di impeccabile opposizione privi di rancore ideologico che aveva distinto il discorso di Napolitano dalla quasi totalità dei pronunciamenti selvaggi contro il Cavaliere nero che aveva legittimato il fascista Fini e il leghista Bossi portandoli al governo insieme alla sua squadra di parevu della politica".  Dopo l'equivoco sulla proposta di nominare Napolitano con Monti commissario a Bruxelles invece della Bonino i rapporti si raffreddarono. Berlusconi, continua Ferrara, mantenne un legame strutturale sia pure antagonistico con Massimo D'Alema, "ma all'atto pratico mollò D'Alema per il Quirinale, non votò Napolitano presidente (la prima volta nel 2006) salvo attestarne sempre le note doti di equilibrio e il tentativo quasi sovrumano di imparzialità nel mezzo di pressioni e tensioni tremende". Ferrara passa poi a raccontare come Berlusconi accettò con incredibile fair play di farsi da parte, senza chiedere le elezioni, lasciando che Napolitano incaricasse Mario Monti presidente del Consiglio al posto suo e formasse un governo di larghe intese. "Certo", scrive l'elefantino, "nella mentalità privatistica e pragmatica di Berlusconi, Napolitano forse poteva fare di più e una parte dei suoi lo consigliava di diffidare ogni giorno di più. Napolitano teneva a bada le orde dei lincitari, svolgeva il suo ruolo in punto di equilibrio sistematico, ma non aveva condotto a risultati di pacificazione, di rientro dell'anomalia di un sistema media-giudici che minacciava attraverso il Cav, di mestiere ridotto a fare l'imputato e il diffamato, l'autonomia e la dignità della politica tutta". Poi però Berlusconi è ritornato a galla e ha annullato la prosopopea di Bersani e del Pd e ha liquidato le ambizioni parlamentari di Monti. Il risultato lo conosciamo tutti: un governo di larghe intese con Enrico Letta premier e vice Angelino Alfano. Ieri il messaggio: secondo Ferrara Berlusconi potrebbe trovare il modo di ricominciare a sorridere.

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