Cécile Kyenge, Filippo Facci definitivo: "Vede nel razzismo anche nella mer*** del suo cane"
C'è il problema del linguaggio da usare (qui nell'articolo) perché scrivere per cinquemila battute «escrementi» o «deiezioni» o «feci» è una roba che fa schifo da ogni punto di vista: la lingua italiana ha questo difetto, spesso le manca una via di mezzo tra il parlato volgare e il manuale scientifico. Quindi ci permetteremo una sola volta - una sola - di dirlo come lo diremmo a un amico o a un buon conoscente: l'ex ministro Cecile Kyenge è riuscita a vedere del razzismo anche nella merda del suo cane. Stop, ora possiamo tornare a a una lingua da veterinari. Leggi anche: Kyenge e la cacca? Vendetta del vicino esasperato Allora: lunedì, sulla Stampa, è uscita un'incredibile intervista appunto a Cecile Kyenge (l'ex ministra e ora europarlamentare che fa notizia solo per il colore della pelle) e il titolo era «Io, presa di mira dagli xenofobi perché esempio per i migranti». Sottotitolo: «L'ex ministro dopo la casa imbrattata: mi odiano in quanto donna, di colore e di successo». Spiegazione: nell'intervista, la farmacista congolese (perché è laureata in farmacia, ed è del Congo) ha spiegato che qualcuno venerdì notte ha imbrattato di escrementi il suo uscio di casa - a Gaggio di Castelfranco, nel modenese - e sarebbe solo l'ennesimo di innumerevoli episodi che iniziano nel 2013 e che la vedono parte civile «con un avvocato pagato da me», diversamente dalla scorta che invece è pagata dallo Stato. TUTTI INDIGNATI Altri giornali e siti internet avevano già commentato «l'assalto razzista» (con solidarietà dell'intero arco parlamentare, compreso Mario Borghezio e vari eurodeputati) e spiccava in particolare Piero Fassino (Pd) nel compiangere la «vittima di atti vandalici per il suo impegno a favore della convivenza e dell'integrazione multiculturale». Ovviamente sono scattate immediamente le indagini, curate da alcuni funzionari delle Fiamme Gialle che hanno fatto delle foto (alle feci) e raccolto alcune importanti testimonianze. E forse è già qui che si poteva intuire qualcosa: per la freddezza del vicinato, se non altro. Silvano, l'anziano dirimpettaio della villetta della Kyenge, non si diceva preoccupato: «Sono dei balordi, questa è una zona tranquilla, non è mai accaduto niente». «Non so nulla e non voglio sapere nulla» aggiungeva una signora, mentre altri facevano chiaramente capire che ritenevano la Kyenge una vicina di casa un po' ingombrante. La Gazzetta di Modena, avendo il problema di scriverci un intero articolo, si lanciava anche in ragionamenti investigativi: «Difficilmente il raid è stato opera di una sola persona: la materia prima era tanta, ed è stata lanciata anche dall'alto, da sopra il cancello». C'è di buono che la pista si percepiva chiaramente. Bene, facciamola breve: era tutta una cazzata. Era solo colpa di un vicino furibondo perché i coniugi Kyenge (il marito in particolare) a quanto pare hanno un cane enorme che lascia spaventose tracce del suo passaggio, senza che i proprietari le raccolgano (le tracce, le feci) come le regole vorrebbero. Il vicino, un giorno, ha pestato una tale torta di feci che si è incazzato e ha scaraventato tutto il prodotto della bestia nel giardino della Kyenge. ESCALATION La testimonianza, anonima ma certa, è stata pubblicata da diversi giornali: «È stato un gesto di esasperazione verso un atteggiamento incivile. Me ne scuso, ma quando sale la rabbia cedi a reazioni spropositate... il marito non raccoglie mai le deiezioni del loro grosso cane, e all'ennesimo episodio non ci ho visto più, ho rimosso le feci e le ho gettate nel giardino». Ma così, senza preavvisi? «Più di una volta abbiamo visto il marito che lasciava che il cane la facesse dove capitava, l'abbiamo invitato a smetterla, ma niente. Finché la fa nell'erba passi, ma quando ci ritroviamo le feci sulla ciclabile o sulla strada dove camminiamo coi bambini, beh, non sono l'unico a essermi stancato». Anche perché l'escalation non è stata di razzismo - come diceva la Kyenge - ma di altro. Due settimane fa ci sarebbe stato l'ennesimo scontro: «Ho visto che ancora non aveva raccolto gli escrementi, l'ho richiamato e lui ha detto che non se n'era accorto. Non gli ho creduto». Poi giovedì scorso ancora: «Camminavo sulla ciclabile e sono finito col piede dritto sui grossi bisogni. Più avanti c'erano altre tracce, e, come sempre, nulla era stato pulito. Mi si è chiusa la vena: ho raccolto tutto e l'ho gettato nel loro giardino sporcando anche il muro. Non è stato un bel gesto, lo so, ma non avete idea quante volte ci siamo ritrovati in queste condizioni». Finita? Macché: il giorno dopo, di nuovo: «Ero fuori col cane e nello stesso punto c'era lo stesso spettacolo, con addirittura accanto un grumo di pelo della loro bestia. Ho mantenuto la calma, ho messo tutto in un fazzoletto e l'ho lasciato davanti al cancelletto della villa. Non sono mai entrato nel giardino della loro abitazione». COMICA SMENTITA Finita? No, perché nel pomeriggio di ieri è arrivata una lunga e oggettivamente comica «smentita» della Kyenge: il titolo era «Rapporti coi vicini eccellenti, verifichino forze dell'ordine». E dev'essere bellissimo vedersi capitare i carabinieri in casa per verificare quanto tu e il mandante siate in buoni rapporti. Posto che la Kyenge non è praticamente mai a casa (il marito l'ha ripetuto più volte) l'ex ministra ha ricalcato la gravità circa gli «episodi delittuosi di spargimento di escrementi sui muri e sui cancelli» e ha parlato di «presunti escrementi del nostro cane» di cui il vicino anonimo «è l'unico a conoscere l'origine». Di chi saranno gli escrementi? Beh, la polizia scientifica è pagata per questo: si vedrà. Ma non cessi la vigilanza: si tratta chiaramente di «un tentativo di attribuire al nostro cane le responsabilità di un gesto d'odio compiuto contro di me». Demoralizzante, ma la Kyenge non demorde: «Raccolgo le forze per portare avanti il mio lavoro». È l'unica cosa che la Kyenge raccoglierà di sicuro. Finita? Speriamo, anche perché è ormai probabile che il razzismo non c'entri, ma la razza sì: quella del cane, Zibi, una bestia tipo Birillo di Amici Miei. di Filippo Facci