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Sandro Mayer, quella volta che spolpò vivo Gene Gnocchi: di cosa lo aveva accusato il comico

Matteo Legnani
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«Io non sono mai salito sul carro dei vincitori, perché, mi permetta un atto di presunzione: con la mia professione, sul carro dei vincitori ci sono sempre stato e sempre ho guidato io», scrisse, in un editoriale al curaro, Sandro Mayer al comico Gene Gnocchi che ebbe l' inaccortezza di collocarlo sulla biga politica del Movimento Cinque Stelle. Gnocchi venne spolpato vivo. E Mayer, che ci ieri ha lasciato all' età di 77 anni («per una brutta infezione», secondo quanto ha detto la figlia Isabella) aveva ragione. Era stato un grande nel suo genere, anche se i suoi avversari - ne aveva accumulati parecchi, da eccelso cronista - dicevano che era il suo genere ad essere piccolo. Ma non era affatto così. Il gossip impastato nella cronaca bianca, e nella stessa sostanza shakesperiana dei sogni, aveva fatto di Sandro una leggenda dell' editoria. Il suo Gente, diretto dall' 83 al 2003 era il settimanale popolare più letto d' Italia; quando Urbano Cairo lo mise, nel 2004, sulla tolda di Di Più le vendite sforarono subito il milione di copie (e tuttora, con la crisi dei giornali, risulta il rotocalco più venduto). La lezione - Mi ricordo ancora la sua lezione di giornalismo, durante il colloquio con cui voleva assumermi proprio a Di Più: «Io non faccio il New York Times, io sono il giornalismo popolare, sono il rotocalco. La mia missione sono i sogni del popolo e della piccola borghesia, scritti in modo semplice e con molte foto. Dicono che faccio un giornalismo da parrucchiera? Sfido chiunque a farlo meglio di me». Nessuno - forse le sole Bice Biagi e l' allieva Silvana Giacobini - era riuscito a raccogliere quella sfida e, soprattutto, a vincerla. L' arcinemica - Sandro Mayer stava alla cronaca bianca italiana come Louella Parsons, la grande firma della Hollywood Babilonia anni' 30 stava alla cultura popolare americana. Mayer, in realtà, era tutt' altro che il buon vecchio zio con la battuta aguzza e la "marmotta di mogano in testa" (copyright Selvaggia Lucarelli, una sua arcinemica) che si mostrava davanti alle telecamere di Buona domenica e di Ballando con le stelle. In redazione instaurava la dittatura, aveva sotto controllo dal primo cronista all' ultima virgola; si racconta che, nei primi anni di direttorato, costringesse i propri redattori a chiedergli la chiave del bagno per l' inevitabile pausa pipì. Ricordo che, all' epoca, la cosa mi terrorizzò. Mayer era tutt' altro che frivolo. Non era solo l' epopea dei Savoia o le stimmate di Padre Pio, o la ricetta pop del rognone trifolato, o i pancioni delle mamme famose, o l' intervista alla showgirl anni 80 che raccontava come portasse i figli a scuola incollata magari su servizi fotografici molto glamour e molto posticci dove svettavano spesso sfondi creati al computer, per togliere "dalla vita quella patina di tristezza", dichiarava Mayer stesso. Leggi anche: Sandro Mayer, il mistero sulla morte. La figlia Isabella: "Non è come avete detto" Intuito straordinario - L' uomo era fatto di straordinario intuito e strategia di marketing. Era in grado di disegnare, con i suoi pezzi e le sue copertine, le traiettorie delle celebrities. La copertina con Edwige Fenech in costume da bagno, per dirne una, vendette in edicola quanto quella sulla Madonnina piangente di Civitavecchia. Una volta feci una battuta cattiva sulle sue didascalie scritte solo con sostantivi, ripetizioni, senza subordinate, roba, a mio parere da studente svogliato della seconda elementare. Lui, senza scomporsi, mi fece notare che quelle dida erano studiate dai semiologi all' università: l' uso oculato e rigoroso del paratattico consentiva soprattutto all' Italia poco scolarizzata e agli extracomunitari, di potersi approcciare alla lettura rilassata. Il metodo ultrapop ha sempre consentito a Mayer di acchiappare immense platee di lettori a cui nessun editore era ormai più abituato. Bassi napoletani - Piacentino, laureato in Scienze Politiche, ex traduttore, Sandro ebbe una vita da film di Monicelli: «Vivevo a Napoli, e mi sono formato ascoltando la gente dei bassi, mescolati ai discordi dell' aristocrazia partenopea. Poi ci trasferimmo a Milano e vinsi un posto fisso in Fiat ma non andai mai lì e partii per Londra, dove ho fatto il cameriere per imparare l' inglese». Fino al 1977 fu inviato speciale per poi divenire direttore di Bolero Film. Dopo aver diretto altre riviste femminili, come Dolly, e Novella 2000 venne chiamato alla guida di Epoca ('81). Due anni dopo approdò a Gente. Da lì il "metodo Mayer" rese universalmente il rotocalco un amico di famiglia. Pochi i litigi trasformati in articolesse di lunga gittata -gli ultimi con Laura Chiatti e Veronica Pivetti-, molti gli abbracci con colleghi e piccole e grandi star come Mara Venier, Maurizio Costanzo, Milly Carlucci che l' aveva scelto come autorevole presidente della giuria di Ballando dove Sandro, assiso sul trono di un' allegra autorevolezza, dispensava strale e consigli. Mayer lascia la moglie Daniela e la figlia Isabella, un amore spropositato per gli animali e per il giornalismo, televisivo e di carta stampata. Che lo faceva salire, per l' appunto, sul carro dei vincitori ogni giorno. di Francesco Specchia

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