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Vittorio Feltri sul romanzo di Aldo Cazzullo e Fabrizio Roncone: "Mi riconcilia l'idea di Padania"

Davide Locano
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Il romanzo di Aldo Cazzullo e Fabrizio Roncone mi ha riconciliato con l' idea di Padania. Una bella secessione, e via. Infatti il loro splendido giallo, scintillante di vocaboli che se li usassi su Libero sarei arrestato, è una introduzione del lettore nel corpo vivo di Roma, anima no, perché Roma è la dimostrazione che l' anima non esiste. L' Urbe in questo testo che si beve come un Negroni (i Mojito portano male) è viva, nel senso che è carne marcia che respira. Perché Roma è eterna non per meriti o grande bellezza, ma perché è in stato di putrefazione immortale. Il thriller si intitola appunto Peccati immortali (Mondadori, pag. 260, 18). Sono peccati che spaziano da quelli sotto la cintura, e perciò veniali, agli omicidi con killer prezzolati, ai tradimenti degli amici e all' uso di santi e madonne per scopi di potere più schifosi di quelli che immaginate. Non è vero come alcuni dicono che non esista sotto il Cupolone e presso il Colosseo il senso del peccato. Esiste ma è rovesciato, rispetto alla giansenista Torino e alla calvinista Milano. Il fatto è che Roma non crede che il male sia poi così male come dicono, anzi esiste, ma fa bene. In fondo pure il diavolo è uno dei nostri, è romano, e deve mangiare anche lui alla tavolata con la pajata. Leggi anche: Vittorio Feltri: "Mattarella conceda la grazia a Formigoni" Insomma, la lettura è alquanto istruttiva. Mi conferma nella mia determinazione di stare il più lontano possibile da quella che Gianfranco Miglio, buon' anima, chiamava "palude tiberina". Qui - come dimostrano i due autori - si ruba e si corrompe con animo sereno. Il problema è che a essere derubati e vittime dei corrotti siamo noialtri di fuori. I protagonisti non ce l' hanno con Dio, di cui non temono i fulmini anche perché i cardinali lo hanno coinvolto come complice, ma con i nordici. Non tutti. Ci sono lombardi e veneti che si trasformano in cittadini onorari più intrisi dello spirito della Bestia di quanto non siano gli autoctoni. Tali e quali i gabbiani emigrati qui e cresciuti, fino a essere il perfetto simbolo della Babilonia italica. Non più la Lupa ma il Gabbiano: «(I gabbiani) bestiacce ancora sporche del sangue dei piccioni predati in strada e degli avanzi rubati - con tecnica davvero pregevole - dai sacchi dell' immondizia». Si salvano in questa orgia di sesso, denaro e potere soltanto una prostituta a nome Emmanuelle e una suorina colombiana chiamata Remedios. Sono entrambe diversamente purissime. IL CELLULARE PROIBITO Ci sarebbe anche un eroe-non-eroe,l' antiquario-agente-segreto-in-sonno Gricia, «ciccione di merda» e in fondo buono, proprio come la pasta che adora e gli ha dato il nomignolo: quella con il guanciale, gli spaghettoni e il pecorino, di cui viene fornita la ricetta, e che alla fine è la sola cosa onesta e pulita dei banchetti satrapeschi e satrapreteschi in cui il romanzo ci avviluppa. Capita che un cardinale sia trovato morto, dopo una notte di bagordi con un telefonino in tasca. Il porporato fa in tempo a dire solo una frase prima di morire, e che me lo ha reso subito simpatico: «I poveri hanno rotto i coglioni». Il telefonino viene recuperato dalla suorina Remedios, che curò da vivo, e ora cura da morto, con amore devoto e casto (sul serio) il prelato di cui conosceva le debolezze esagerate della carne. Non resiste. Apre il telefonino. Nella galleria di fotografie dell' iPhone c' è quello che immaginate: l' orgia. Si vede lui e si nota anche l' inconfondibile tatuaggio di cui va orgoglioso il ministro plenipotenziario del "Partito dell' Onestà", ora al governo con il Pd (l' ambientazione è tra il 2020-2022). Questo telefonino passa dalle mani di una zingara ladra, che evita le grinfie del suo padre-padrone parente degli Spada. E lo vende a un "negro" (si scrive così nel libro, e usano tutti questa parola), che è un capo della mafia nigeriana, a sua volta braccio destro di un losco figuro amatissimo dal Papa perché dirige la Onlus "Fratello Migrante" da cui spreme denaro a gogo. Remedios corre dal suo padre spirituale a confidarsi, un cardinale di sinistra che scrive per Micromega e tiene una corrispondenza altissima e progressista con padre Enzo Bianchi, il frate più amato da Gad Lerner e da papa Bergoglio. LA DOPPIA VITA Anche il cardinale santo è in realtà un satanasso dalla doppia vita: vuole anche lui il telefonino, così come lo desidera un vecchio democristiano, il quale si allea con una corrente del Partito dell' Onestà, e con un cardinale reazionario, mascalzone ma saggio. Insomma. Un libro magnifico. Con spunti filosofici su cui rimarrete una mezzoretta a riflettere. Tipo questa frasa detta da Gricia a Remedios: «L' uomo è sempre sostanzialmente incolpevole, ma solo perché mai è all' altezza della sua colpa». La trama è intessuta con penna doppia e leggerissima. Siccome sono estimatore di entrambi gli autori, ciascuno dotato di una cifra inconfondibile e rara nel panorama giornalistico italiano (sono inviati del Corriere della Sera, capaci però di formidabili guizzi fuori dai ranghi del conformismo), mi sono stupito della loro capacità di mimetizzarsi uno nella scrittura dell' altro. Certo i riferimenti a Beppe Fenoglio e una certa competenza ecclesiastica sono di Cazzullo, così come certi scorci crudamente poetici del male romano, mentre il linguaggio di certi dialoghi di cardinali e politici sembra trasferito direttamente dalle interviste e dalle cronache a volte surreali di Roncone. Ma i due sono riusciti a unirsi e fondersi senza omogeneizzare i sapori, un po' come Fruttero e Lucentini, di cui sono persino più disincantati. Questo libro va letto. Dimostra con arte finissimamente greve che i luoghi comuni su zingari, negri, cardinali, politici sono proprio veri, per scorgerli basta uscire dai quartieri dei signorini, i quali tra l' altro sono in gran parte froci, come pure in Vaticano. Insomma. In ordine. Gli zingari qui sono tutti ladri e avvelenatori e perseguitano le donne. I negri sono violentatori, assassini arrivati con il barcone per fotterci, oppure finti sagrestani chierichetti ricattatore e pure peggio (non rovino il finale). I cardinali sono spietati criminali disposti a tutto per fare il bene, ovvio. I politici sono tutti uguali, ammorbati con i servizi segreti, con sottopanza manipolatori, ignoranti o sapienti, ma comunque tutti, vecchi o nuovi, pelosi di dentro. LA CLOACA Da questo quadro infame, si stacca Gricia: con tutti i suoi vizi, difetti, antichi delitti, compromessi, arrotondamenti amorosi, rappresenta misteriosamente quell' aspetto di Roma che non si tira fuori del tutto dalla melma, ma la rende odiosamente simpatica. Remedios è invece la figlia che vorremmo avere, e l' idea che in fondo la Chiesa è sì prostituta (come Emmanuelle) ma anche casta. I giornalisti sono gli unici della cloaca trattati abbastanza bene. Capisco Aldo e Fabrizio: in fondo cane non mangia mai del tutto cane, magari lo mozzica ma appena appena. Sono persino coraggiosi. Memorabile la stroncatura morale di uno che io ho capito benissimo chi sia, ma non lo dico: «L' ex presidente del Consiglio, che tutti consideravano e considerano un santo, l' emiliano, scriveva su giornali americani articoli a favore del leader ucraino, quello amico di Putin...». Ma sì, oso: sarà mica Romano Prodi? Di "Peccati immortali" dovrebbe farne un film Pupi Avati. Sorrentino no, lo rovinerebbe come già fece con Andreotti. di Vittorio Feltri

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