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Nicola Porro sull'Ilva: "I pm sono colpevoli di aver definito i Riva un mostro e lo stabilimento un disastro"

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Caterina Spinelli
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Il caso dell'ex Ilva sta generando pareri contrastanti, ma una cosa accomuna l'opinione di tutti: quello che sta per accadere a Taranto è l'inizio della fine. Lo dice anche Nicola Porro, che sulle pagine del Giornale parla di un "suicidio industriale", i cui responsabili rimarranno indenni. "La mortificazione del più importante stabilimento di produzione di acciaio in Italia, ha dei colpevoli ben identificati: magistrati, politici e grandi giornali che non hanno avuto il coraggio di dire che quell'impianto è un pezzo fondamentale dell'industria italiana, che per quell'impianto non c'è ancora una sentenza, si dica una, che dimostri il supposto disastro ambientale".  Leggi anche: Ilva, Claudia Fusani ad Agorà: "Questa storia è una vendetta di una parte dei 5Stelle contro Di Maio" L'ArcelorMittal ha ugualmente scelto di abbandonare il sito, perché il Parlamento ha tolto lo scudo penale con quella che Porro definisce "indecorosa, ma politicamente corretta, legge approvata il 3 di novembre". Ma come fanno - si chiede sempre il giornalista - i dirigenti di ArcelorMittal a rispondere di ciò che può arrivare dalle condotte passate. "Proprio in queste ore il tribunale penale di Taranto ha imposto prescrizioni talmente dure nella conduzione degli impianti da costringere lo spegnimento di un altoforno. Insomma chi mette le mani là dentro ci lascia le penne". Il triste destino dell'Ilva ha però radici ben più lontane: "nel luglio del 2012, quando vengono arrestati i Riva, alcuni loro manager e viene sequestrato il cuore della fabbrica. Un pezzo del Pil italiano muore perché lo ha deciso una magistratura che, ripetiamo, senza alcuna decisione definitiva, ha stabilito che l'Ilva fosse un disastro e i Riva il mostro". E la politica? Beh, la politica "è stata zitta, silente". Imbarazzata. 

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