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Giuseppe Giangrande, la terza vita dell'eroe: “Sono sopravvissuto all'attentato a Palazzo Chigi e ora al coronavirus”

Simona Pletto
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«Anche questa volta l' ho sfangata. Ho superato pure il Coronavirus". Sfodera tutta l' ironia che gli è rimasta, come fosse un utile antidoto alla cattiva sorte, il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Giangrande. Forse lo stesso che nel 2013 lo ha aiutato a superare il terribile attentato di cui è rimasto vittima. Quel 28 aprile era lì, in servizio con altri colleghi fuori da Palazzo Chigi, a piazza Colonna, nel centro di Roma. Era nel posto sbagliato al momento sbagliato. Sì perché quella mattina, giorno della cerimonia di giuramento al Quirinale del governo Letta, Luigi Preiti - condannato a 16 anni - sparò alcuni colpi contro i carabinieri. Giangrande rimase gravemente ferito, fino a perdere l' uso delle gambe. Una tragedia per lui, costretto a vivere su una sedia a rotelle, quando ancora cercava di superare il dolore della morte della moglie avvenuta pochi mesi prima. Accanto a lui, solo la figlia all' epoca 23enne. Ma, come ironizza il rappresentante dell' Arma insignito di vari riconoscimenti tra cui Cavaliere di Gran Croce dell' Ordine al Merito della Repubblica italiana e Medaglia d' oro al valor civile, «il cane morsica sempre lo straccione». Vista dalla sua, come dargli torto. Circa due settimane fa il militare è stato trovato positivo al virus. Un' altra sfida da superare per il 57enne di Monreale (Palermo), da anni residente a Prato.

 


TORNATO A CASA
 Giangrande è appena rientrato a casa dopo 9 giorni di ricovero nel reparto di malattie infettive dell' ospedale Careggi di Firenze. È ancora positivo, ma spera di chiudere anche questo brutto momento quando si sottoporrà al prossimo tampone del 3 aprile. «È stata una esperienza pesantissima, a livello psicologico e fisico», racconta il maresciallo. «Non pensavo mai al mondo di essere positivo, anche perché non avevo né tosse né raffreddore. Niente. Poi all' improvviso mi sono trovato chiuso da solo in una stanza, dove come unico diversivo potevo vedere pochissime volte al giorno gli infermieri che entravano per le terapie. Nessun altro». Giangrande ne approfitta per lanciare un suo appello. «Credetemi, trovarsi isolato in un reparto di malattie infettive, senza neppure poter camminare, è una prova dura. Per me lo è stata. Quindi voglio dire a tutte le persone: state in casa, rispettate il decreto del ministro.


Io ho accettato la mia condizione di paraplegico e non capisco come si fa a non accettare di non poter andare a fare jogging o in spiaggia o in palestra. A quelli che si credono furbi e non rispettano le regole per il coronavirus, dico solo che se si trovassero chiusi là dentro capirebbero e gli passerebbe la voglia di uscire». Il maresciallo, che fa vita piuttosto ritirata per via delle sue condizioni, non sa ancora oggi dove ha contratto il virus. «Non ne ho la più pallida idea. So solo che sono rimasto incredulo quando mi hanno detto che ero positivo. Ad ogni modo io uscivo in carrozzina e alcune mattine andavo anche a fare la fisioterapia», precisa. «Avevo la febbre alta, ma mi capita spesso per problemi alla vescica. Quindi pensavo a tutto tranne al Coronavirus». Poi svela: «Ho avuto paura, normale, ma sono stato ottimista perché non presentavo alcun problema respiratorio. Poi per fortuna mi hanno dimesso ed eccomi qui a casa».


«RISPETTATE LE REGOLE»
iangrande vive a Prato con la figlia Martina, che a maggio compirà 30 anni. Trascorre le sue giornate al computer, legge e guarda in tv i canali dedicati alla storia oppure i film. «Per fortuna mia figlia, che ha già passato il suo periodo di quarantena, è negativa», sottolinea. «La cosa che più mi è pesata», aggiunge, «è stata quella di dover stare lontano da lei perché non potevamo vederci. Ora che sono tornato a casa è tutto finito, e si va avanti. Cerco di non pensare a com' ero prima di quel 28 aprile, vivo questa nuova vita in modo diverso e l' accetto. Non penso al futuro. La cosa che mi manca? Tutte le cose che avrei voluto fare con Martina, portarla in giro per il mondo. Ma questa è un' altra storia. Ora dobbiamo stare in casa tutti, rispettare le regole». Il sacrificio minore.

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