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Mario Giordano: "Virus, salute e soldi. Gli sciacalli che hanno speculato sull'epidemia"

Mario Giordano
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Per gentile concessione dell' editore Mondadori pubblichiamo un capitolo del libro "Sciacalli" di Mario Giordano, in libreria da oggi.

Diverse società scientifiche nel mondo per calcolare la predisposizione al rischio di fratture ossee usano un algoritmo, che si chiama Frax. Tu inserisci i dati nella tabella e ti esce il responso: sei a rischio o non sei a rischio. Soltanto che, è stato calcolato, sulla base di quell' algoritmo andrebbe trattato con farmaci il 72 per cento delle persone oltre i 65 anni e il 93 per cento di quelle oltre i 75. Numeri esagerati, ovvio. Che hanno un unico obiettivo: allargare il mercato e vendere più farmaci. Ma più farmaci servono davvero a ridurre il rischio? Certo, dicono gli esperti pubblicando ricerche trionfanti: riducono il rischio del 50 per cento. Percentuale che fa impressione. E, numericamente, è pure vera: prendendo certi medicinali, infatti, il rischio di fratture al femore scende dal 2,1 all' 1,1 per cento. Si dimezza, per l' appunto. Ma in pratica che significa? Significa che se 100 anziani non prendono il farmaco, c' è la probabilità che si rompano il femore in due. Se tutti quei 100 anziani lo prendono, invece, c' è la probabilità che si rompa il femore uno solo. () Ci fa piacere per quella frattura evitata, si capisce. Ma conviene davvero? E a chi?

E quella strombazzata riduzione delle fratture del 50 per cento, per quanto vera, non è un po' una fregatura?
criteri diagnostici «La tendenza ad aumentare il mercato dei malati è irresistibile» sostiene Marco Bobbio, già primario di cardiologia a Cuneo e autore di Troppa medicina. E cita il caso di una contea norvegese, dove sulla base dei nuovi parametri di rischio per pressione e colesterolo, il 90 per cento delle persone oltre i 50 anni è risultato bisognoso di trattamento farmacologico. Il 90 per cento! «Del resto,» conclude Bobbio «si è osservato che su quattordici linee guida riguardanti malattie comuni, dieci propongono l' ampliamento dei criteri diagnostici (creazione della condizione di premalattia, riduzione del valore di soglia, ecc.). Inoltre «il 75 per cento degli estensori ha dichiarato legami economici con le industrie, con la media di sette industrie per estensore». () Questa irresistibile tendenza ad allargare il mercato dei malati non si manifesta soltanto nella modifica dei parametri di patologie esistenti.

 

 

Macché. Si inventano anche patologie che non ci sono. O che non sono mai state considerate tali. Perché, come diceva un medico diventato famoso per le sue canzoni, Enzo Jannacci, «la medicina moderna ha fatto davvero un sacco di progressi. Per esempio, ha saputo inventare un sacco di malattie nuove». () Nei primi anni Cinquanta, per esempio, quando fu elaborato, il Dsm, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, cioè la bibbia della psichiatria, contava 80 disturbi. Oggi sono più di 300. Guarda caso è stato calcolato (nel 2006 da Lisa Cosgrove della University of Massachusetts di Boston) che il 56 per cento degli psichiatri che hanno lavorato all' estensione dell' ultimo manuale avevano interessi finanziari o rapporti stretti con l' industria farmaceutica.() Non a caso gli psicofarmaci sono i medicinali per cui gli italiani spendono di più di tasca loro: 357 milioni di euro nel 2018. Risultato? Per comprare le pillole, le tasche si svuotano. Le tasche vuote generano ansia. E l' ansia fa correre tutti in farmacia a comprare le pillole a costo di rimanere con le tasche vuote. Un circolo vizioso insomma. Che rende dura la vita a noi. E la lastrica d' oro per Xanax e Lexotan.

Al terzo posto (classifica Aifa) dei medicinali per cui spendiamo di più ci sono il Viagra e i suoi fratelli, cioè quelli contro la disfunzione erettile: 219 milioni di euro nel 2018. () In vent' anni la Pfizer ha incassato soltanto dalla vendita di Viagra oltre 30 miliardi di dollari, con il record di 2 miliardi nel 2012, quando fu calcolato che ogni 6 secondi c' era un uomo che ingoiava una di quelle pasticche. Un risultato insuperabile. Ma non solitario: le campagne pubblicitarie basate sui nostri disturbi sessuali sono uno dei punti di forza del mercato delle malattie. Forse qualcuno ricorderà una serie di spot, qualche anno fa, sull' eiaculazione precoce. Si vedeva un fiammifero che si incendiava troppo in fretta, il solito messaggio allarmistico: «Un italiano su 5 ne soffre», l' invito a rivolgersi a un medico. La campagna fu martellante, ben riuscita. Colpiva assai. Sulla parte bassa dello schermo, piccola piccola, la scritta «con il supporto di» e il marchio del gruppo farmaceutico Menarini. Il quale aveva appena lanciato sul mercato la pillola contro l' eiaculazione precoce Priligy. Pensa un po' la combinazione.

Semplice no? Non puoi fare lo spot al farmaco, perché si tratta di un farmaco di fascia A (necessitano di prescrizione e vengono rimborsati, perciò la legge ne vieta la pubblicità). E allora fai lo spot direttamente alla malattia.
Campagna pubblicitaria, spot, convegni.
Ci sentiamo tutti malati di eiaculazione precoce, come ci sentivamo tutti malati di stitichezza, come ci sentiamo tutti malati di insonnia o di calvizie o di cellulite o di impotenza o di qualsiasi problema che immediatamente rimanda a una soluzione chimica. Siamo diventati così: talmente ansiosi di star bene che finiamo per star male. Per sentirci malati anche quando non lo siamo.

E dunque torniamo a dove siamo partiti, a quel fiorire di giornate mondiali che sembrano non avere un senso, ma forse un senso ce l' hanno proprio. A questo punto dovrebbe essere chiaro, no? Anche dove non c' è il disturbo in primo piano, alla fine si cade sempre lì: la giornata del sonno? Serve a ricordare quanti italiani dormono male, un rimedio in farmacia ci sarà. La giornata della stanchezza? Serve a ricordare quante volte ci sentiamo un po' giù, un rimedio in farmacia ci sarà. E la giornata dell' orgasmo?
Serve a ricordare che se la giornata dell' orgasmo viene una volta sola all' anno, può essere un problema.
Bisogna provvedere. Ovviamente con la pillola. E se qualcuno, in questo modo, ci guadagna fino a 2 miliardi di euro l' anno, noi che ci possiamo fare?

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