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Coronavirus, la testimonianza del criminologo Ezio Denti: "Gli scienziati sapevano della pandemia, il virus frutto di un complotto"

Annamaria Piacentini
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La strategia delle indagini condotte dal criminologo investigativo Ezio Denti è nota in tutta Europa. Vent' anni di esperienza vissute nel cercare di far luce su delitti più eclatanti. Con la sua macchina della verità, acquistata in Alabama, è riuscito a raccogliere le confessioni di noti personaggi, ed è stato protagonista a "Quarto Grado", per il caso Bossetti. Nella giustizia crede ancora, ma ora vuole delle garanzie, dopo aver accettato di investigare sulle morti avvenute in Lombardia.

Per quale motivo è stata ingaggiato da un team di avvocati, sulle morti dovute al Coronavirus?
«Alcuni cittadini lombardi hanno conferito incarico ai legali per tutelarsi civilmente nei confronti della Sanità, dopo aver perso i parenti a causa del virus. Hanno formato un Comitato. Così, sono stato contattato per capire se ci sono stati errori».

Che tipo di errori?
«C'è da porsi delle domande: in quale modo la struttura sanitaria ha affrontato il problema? Cosa succede mentre la gente sta morendo? Ci stanno nascondendo qualcosa?».

Per esempio?
«Non sono un virologo, ma ritengo che questo virus sia oggetto di un complotto. Non posso certo aspettarmi che qualcuno mi dia conferma».

Quindi, lei è convinto che ciò che affermano anche gli americani sia plausibile?
«Trump non si sarebbe così esposto se non ci fossero degli elementi validi su cui studiare. L'intelligence lavora da un lato, noi lo faremo dall'altro, all'estero ho molti collaboratori che lavorano con me. Anche in Cina».

Dove vuole arrivare?
«Alla verità! Saremo impegnati per mesi e mesi, finché questa storia non sarà chiara. Ma devo aspettare, lo Stato italiano mi deve garantire anche l'incolumità. Ci vuole un attimo per farti la pelle».

Si sente in pericolo?
 
«Sì, ma non mi ferma nessuno, Ho un'etica professionale e non sono assolutamente corruttibile».

Deve stare attento, c'è chi è corruttibile in tutti i settori.
«Lo so, ho lavorato in molti ambienti anche a favore e contro i politici e ne ho viste di tutti i colori. Ed ora c'è lo Stato che è in ritardo con gli aiuti alle persone».

Conferma che il suo ingaggio per investigare sulle stragi del coronavirus è avvenuto dopo la visione di "Contagion" del 2011, il thriller pandemico del regista Soderbergh?
«Sì, ma all'inizio l'incarico non mi convinceva, mi dava l'impressione di entrare in un mondo fatto più di rabbia che di logica. Poi, ho voluto vedere il film e ne sono rimasto colpito. Bisogna indagare anche sulle fonti da cui lo sceneggiatore ha tratto la storia».

Dovrà andare in America?
«Ottenuti i permessi parto subito. Mi sono chiesto: come può un film prodotto nel 2011 aver rappresentato in tutto e per tutto ciò che è accaduto in Italia e nel mondo? Lo sceneggiatore Burns ha dichiarato che all'epoca del film, gli scienziati che avevano consultato durante la pre-produzione, sapevano che prima o poi la pandemia sarebbe scoppiata».


È un'affermazione grave, cercheranno di incastrala
«Lo ha dichiarato in un'intervista. Sottolinearono: ciò che accadrà nel film, ritornerà realtà. Del resto il regista si era posto due obiettivi: dove nasce il virus e come si propaga». Si sono ammalati anche famosi personaggi, tutti guariti in breve tempo. Secondo lei sopravvive di più chi è raccomandato? «Sarà stata una combinazione, però ce l'hanno fatta. Mi dispiace che all'appello del Covid 19, gli italiani siano arrivati in ritardo, anche a causa della politica che all'inizio non era eccessivamente preoccupata. Insomma, gli italiani coinvolti in questo gioco al massacro andrebbero risarciti».

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