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Sergio Staino, la marcia indietro: "Su Silvio Berlusconi la sinistra si è sbagliata. Il male peggiore? Consegnare il Paese ai giudici"

Francesco Specchia
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A ottant' anni, quando la civetta di Minerva vola al crepuscolo e il suo Bobo, il proletario amletico, smozzica quel che gli rimane della pensione, Sergio Staino, scopre di essere un idiota. Certo, un idiota nel senso del principe Myskin di Dostoevskij - un puro di cuore che viene preso a calci nel didietro - ma pur sempre un idiota. Al punto che un filosofo, Mario Gamba, e uno storico dell'arte, Marco Feo, ora gli dedicano un libro Quell'idiota di Bobo - In difesa del buonismo nella vita, nella satira e nella politica (La Nave di Teseo pp 178, euro 18) che rovescia come un pedalino l'idea culturale della sua sinistra degli ultimi quarant' anni. Caro Sergio Staino, a prima vista appari come un venerato maestro: padre della satira moderna da Tango a Cuore, regista, militante di mille diritti, anima critica del Pd, presidente del Club Tenco. Quando ti sei reso conto di essere un idiota?
«Dell'"idiota" in vita mia me lo sono sentito dare spesso, non so se in senso dostoevskiano o in senso classico. L'ultima volta fu con Matteo Renzi, quando mi chiese di dirigere L'Unità; disse: "Io non la voglio chiudere, anzi la voglio rilanciare: Bobo l'è un brand", sai com' è lui è anglofono. "Sergio, puoi attaccare tutto e tutti, tranne magari il referendum costituzionale". E promise soldi, "non ti preoccupare per i soldi" e abbonamenti, e un rilancio tipo il New York Times».

Fammi indovinare, una roba tipo "Sergio, stai sereno"?
«Una cosa simile. Dopodiché, mai più visto. Non una telefonata, un'intervistella, una visita. Solo 400 abbonamenti, soldi nulla. Gli editori Pessina, ai quali aveva promesso chissà cosa nei paesi arabi, erano incazzatissimi. A quel punto, in un'intervista dichiarai che il difetto maggiore di Renzi era che fosse un cafone che ti lascia col culo a terra. E una mattina alle 5 Matteo mi chiamò, sembrava un pazzo: "Sergio io non m' offendo mai, ma se mi dai del cafone tu offendi la mi' mamma e non ti perdono". Ma veramente io ho dato del cafone a te, mica alla mamma, risposi. Mesi dopo mi fermò il padre Tiziano e mi disse: Hai ragione, Sergio, mio figlio è cafone. Come la su' mamma. Sembrano i dialoghi di un film di Almodovar, ma Renzi è rimasto uguale, ricattare gli altri col suo 3% fa parte del carattere».

In questo libro, di fatto la tua biografia, ricorre spesso un'espressione di Bobo sulla sinistra: "siamo nella merda", perché la politica delle poltrone e dei compromessi supera l'etica. Bobo, al figlio buonista - un idiota - augura come unica salvezza un futuro da missionario. Tu davvero, come lui, non vedi speranza?
«Tutt' altro. Cercare il buono dell'uomo, l'idea di non fottere gli altri, rimane la cosa principale in politica. Sono i cattivi politici, quelli che instillano il livore ad aver rovinato i compagni, parliamoci chiaro. Ci sarà un motivo se la gente passa da Pd ai 5 Stelle alla Lega. La pensavano così i Prampolini, i Turati, i Macaluso che arrivò in Parlamento con la volontà di aiutare i braccianti siciliani. Quando dicono che Cristo era socialista riformista non hanno tutti i torti».

Perdonami. Ma qua siamo alla filosofia. All'intima bontà dell'uomo in cui credeva Anna Frank. Mi sembri un prelato con l'acquasantiera, proprio tu il diavolone comunista
«Vorrei davvero che il fermento che c'è ora nella Chiesa ci fosse nella sinistra. Oramai io ho più amici tra i preti che tra i miei, e non parlo dei comunisti perché fortunatamente si sono estinti, dato che il comunismo è la versione militare del socialismo e lo stato di polizia mi spaventa sempre».

Sergio, cosa ti è successo? Qua non è come quando disegnasti la vita di Jesus (con Bobo nei panni del Giuseppe rompicoglioni) su Avvenire. Hai davvero bisogno di farti amica la Chiesa per convertiti, come i grandi atei, all'ultimo momento?
«Ho solo scoperto, per dire, il valore assolutistico della famiglia alla Wojtyla (ho due figli, tre nipoti, sempre la stessa moglie da 40 anni), pur credendo nel sogno utopistico del 68 dell'amore libero. E quando Marco Tarquinio direttore di Avvenire, uno dei migliori giornali italiani, mi chiamò, io, pur iscritto alla federazione Atei e agnostici - un po' settari ma persone perbene - fui felice».

Meno i lettori, se non ricordo male. I più tignosi si ricordavano la vignetta del tuo Papa Francesco col pugno alzato al grido di "Brucerà il Vaticano!", e Bobo che non sapeva se gioire o preoccuparsi.
«Beh. I lettori si divisero tra quelli che, come Padre Balducci, scrivevano: "Tu sei il più cattolico di tutti" e chi affermava: "Vorrei vederla bruciare tra le fiamme dell'inferno assieme a quell'attoruncolo che siede sul soglio pontificio". Eppure, mi auguro sempre che il Papa, sfogliando Avvenire chieda: "Ragazzi, ma perché non c'è più Staino?"».

Torniamo alla satira a sinistra. Prodi non esclude un governo Pd con l'appoggio di Berlusconi. L'avresti mai immaginato?
«Berlusconi almeno il senso dello Stato ce l'ha, è nel Ppe, ha dei valori. E certamente rispetto ai 5 Stelle è un gigante. E forse tutti abbiamo sbagliato nell'attaccarlo sempre su questioni personali, extrapolitiche, abbiamo lasciato che la magistratura facesse il lavoro sporco per noi e la scorciatoia ha prodotto danni soprattutto a sinistra. Invece di riempire paginate di giornali su Berlusconi forse dovevamo concentrarci sui nostri, di valori. Nel '92 abbiamo consegnato l'Italia ai magistrati, D'Alema per primo: fu un errore della Madonna. Gramsci non l'avrebbe mai fatto. Invece noi abbiamo dato credito a Davigo, uno dei danni peggiori che potevano capitare all'Italia».

Non ci credo che lo stai dicendo.
«Certo. Io sono per il rispetto delle idee. Ora, per dire, parlo con Libero dal quale mi separano spazi siderali. Ti dirò di più. Meloni e Salvini fanno l'errore di buttarsi su paesi ultranazionalisti che con la loro storia personale non c'entrano nulla. Ma se, all'orizzonte apparisse uno Zaia, democratico di destra, non mi suiciderei. Si chiama democrazia dell'alternanza come in America».

Ma hai esternato il tuo pensiero ai fratelli satirici della sinistra militante?
«I miei fratelli sono Altan e Ellekappa, lo erano Vincino, radicale dall'onestà cristallina e Angese che sapeva riconoscere il valore degli avversari. Ma la vignetta di Vauro - che pure stimo - antiisraeliana con Gesù bambino che dice degli ebrei: vengono a crocefiggermi un'altra volta, be', è una cosa che non si fa».

Quando fu l'esatto momento in cui lasciasti il marxismo-leninismo per questa sinistra riformista "idiota"? Con Ochetto? Con D'Alema che fa fuori Prodi? Quando?
«Quando, da sposato, m' innamorai di quella che ora è mia moglie, Bruna, peruviana appartenente ai nuclei marxisti-lenisti che non perdonavano la Iotti a Togliatti. Di Bruna ero innamoratissimo, e aspettando la prima figlia Ilaria, ci rendemmo conto che l'allora diritto di famiglia italiano m' impediva di riconoscerla. Disperato, insistetti con i compagni in Parlamento per fare approvare la riforma del diritto di famiglia. Mi rimbalzarono schifati. E realizzai che sapevo tutto dell'Urss e del trozkismo, ma non conoscevo i reali problemi delle masse popolari italiane. Da allora, era il 75, cambiò tutto. Secondo te da dove nasce, nei fumetti di Bobo, la funzione della figlia che ne smonta con una battuta tutte le convinzioni?».

Non ho parole. Sta facendo dei discorsi da liberale.
«Guarda mio nonno, contadino, anarchico, socialista, comunista poi cacciato dal Pci mi diceva: "Io voto comunista, ma il giorno che vincono, io voto per quegli altri, la dittatura è sempre dietro l'angolo"». Parliamo dei 5 Stelle, dai.
«Ti prego, no. Grillo è una persona cattiva, io sono buonista, eleviamoci».

Perché la satira politica in Italia praticamente non esiste più?
«Perché s' è persa la passione politica a tutto tondo, sostituita dall'invettiva e dall'odio. D'altronde all'ironia bisogna esserci portati: tu hai mai sentito Di Maio raccontare una barzelletta?...».

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