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Rocco Casalino, "coraggio, è finita, esci da quell'ufficio". Indiscreto da Palazzo Chigi: il dramma dell'ombra di Conte

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"Rocco, coraggio, è finita. Vieni via, esci da quell'ufficio". Ci voleva la penna caustica di Fabrizio Roncone sul Corriere della Sera per descrivere il testino triste solitario e finale di Rocco Casalino, il portavoce-factotum di Giuseppe Conte. Con il premier, si è conclusa l'avventura a Palazzo Chigi dell'ex concorrente del Grande Fratello, vero e proprio dominatore della comunicazione del presidente del Consiglio e, di fatto, della sua immagine soprattutto nell'ultimo anno, quello della pandemia. In realtà, Casalino è stato il deus ex machina del contismo fin dall'inizio dei giochi, in una sorta di delirio di onnipotenza che molto c'entra con la psicologia dell'ingegnere pugliese nato in Germania. Vanità e vanagloria, in un mix esplosivo. 

 

 

 

E come per chi punta tutto sull'auto di lusso per dimostrare il proprio status, Roccobello, come lo chiamano maliziosamente Augusto Minzolini e Dagospia, appena arrivato a Palazzo Chigi ha puntato tutto sul suo ufficio, che "ha le dimensioni di un campo da calcetto". "Un bellissimo capriccio", lo definisce Roncone, ricordando l'insediamento di Casalino: "Il funzionario gli mostrò la stanza di solito destinata al portavoce del premier. Rocco restò immobile per alcuni istanti (solo il labbro superiore iniziò a tremargli: gli succede sempre quando sta per esplodere). Poi, battendo i piedi, urlò: «Orrore! È uno sgabuzzino!». Il funzionario, mortificato, chinò il capo". In questo episodio è riassunto il triennio di Casalino: "Demiurgo, spin doctor, eminenza grigia, sottosegretario senza aver giurato sulla Costituzione", di fatto "è stato quello che gli è stato consentito di essere".

 

 

Il suo modus operandi? "Allude, tratta, corteggia, annuncia, rimprovera, minaccia, drammatizza e poi, quasi sempre, perdona. Permaloso e un po' mitomane, pignolo fino all'ossessione, narratore sfrenato". E accentratore:  "In Rai è temutissimo - ricorda ancora Roncone -, annulla interviste ai quotidiani («Stabilisco io se Peppino parla o no»)" e incappa in gaffe inconvenienti, dai due giorni di vacanza meritata nel pieno del caos del Ponte Morandi al giallo del compagno cubano José Carlos Alvarez, nullatenente eppure segnalato all'Ufficio Antiriciclaggio della Banca d'Italia per movimenti sospetti di "cifre rilevanti" ("È ludopatico, non lo sapevo", è costretto a difenderlo il portavoce di Conte) tra misteriosi "master in business administration conseguito all'università di Shenandoah" rivendicati e smentiti dalla fonte americana fino al disastro finale, l'autobiografia in piena crisi di governo che Minzolini spappola rivelando un devastante audio dello stesso Rocco: "Amore, ci sarà un Conte Ter, stai tranquillo". Come no. Addio.

 

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