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Massimo Galli si auto-candida al Cts: "A disposizione". E sui "reparti invasi" si corregge: "Espressione un po' colorita"

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A Massimo Galli, infettivologo del Sacco di Milano, non dispiacerebbe entrare nel tanto discusso Comitato tecnico-scientifico: "Se ci fosse bisogno sarei a disposizione, ma sto bene anche al mio posto", ha detto in un'intervista a La Stampa. Negli ultimi giorni Galli è stato travolto dalle polemiche per aver detto "Ho il reparto invaso dalle varianti". Dichiarazione poi smentita dal suo stesso ospedale: "Tali affermazioni non rappresentano la reale situazione del presidio". L'infettivologo adesso torna sui suoi passi e confessa: "Ho usato un'espressione colorita, ma sono anche irritato da continue domande su questioni ovvie. Il problema è che tutti, compreso io, vorremmo essere liberi, mentre finché non affronteremo seriamente la pandemia non ne usciremo. È da dicembre che col mio gruppo di ricerca approfondiamo le varianti perché avevamo intuito che sarebbero diventate un problema".

 

 

 

Secondo l'esperto, infatti, il pericolo variante c'è e non si può negare: "Tra due settimane sarà chiaro a tutti che la variante inglese sarà prevalente, mentre ora è solo un dato di laboratorio". L'infettivologo, poi, ha rivelato anche di sentire spesso il ministro della Salute Roberto Speranza: "Da qualche giorno mi onora delle sue telefonate e di seguire alcune mie indicazioni, ma non vorrei sembrasse che me ne vanti". Nello specifico, Galli al ministro ha consigliato di mettere su un sistema nazionale di analisi delle varianti e di posticipare la  vaccinazione dei guariti, che hanno già una forma di immunità. Argomenti che l'infettivologo va ripetendo da tempo, insomma: il pericolo delle mutazioni e l'immunizzazione di chi si è già infettato. 

 

 

 

Le regole ora in vigore in Italia per contrastare il coronavirus con tutte le sue varianti, però, non sarebbero adeguate secondo l'infettivologo: "Purtroppo il sistema a colori non diminuisce sufficientemente il contagio e la vaccinazione va a rilento per il ritardo delle forniture". Il primario del Sacco, comunque, non è per l'opzione più rigida: "Il lockdown duro è l'ultima spiaggia, perché penalizza l'economia e funziona solo se dura a lungo. Bisogna provare una via intermedia per circoscrivere i focolai, rilevare le infezioni nelle scuole se le si vogliono tenere aperte e vaccinare al massimo con l'aiuto di tutti, primule a parte".

 

 

 

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