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Patto Lega-Forza Italia, Pietrangelo Buttafuoco: "Attenti ai sabotatori", chi sono i caporali che possono far saltare il piano

Francesco Specchia
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Coalizione allargata, confederazione, partito unico, patchwork di anime: comunque lo si definisca, l’ardente abbraccio tra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi solletica scenari inediti nel centrodestra. Per Pietrangelo Buttafuoco, scrittore, giornalista, autore (se lo chiami “intellettuale” mette mano al revolver) è “la maggioranza silenziosa che comincia ad alzare la voce”.

Pietrangelo, la possibile fusione con la Lega, benedetta da Berlusconi, sta producendo entusiasmi e malumori. Alcuni in Forza Italia la considerano un’Opa di Salvini; lo è davvero?

“Non so. Qua i soggetti sono impegnati in una guerra civile a cui il popolo di destra non s’appassiona. Interessante è la reazione interna alla proposta di coalizione che hanno avuto le ministre di Forza Italia Gelmini e Carfagna che sono più un’emanazione della politica romana, sono la parte ebbra di rapporti col sistema. Ma un conto è l’elettorato, un conto i gruppi parlamentari, un altro ancora i leader”

Ma questa somma algebrica di elettorati di centrodestra non è un rischio? Da che mi ricordo gli ircocervi elettorali non funzionano.

“Ti sbagli. L’elettorato del centrodestra è un unico corpo, se ne fotte di tutto questo e si sposta a seconda delle proposte. Ed è imprevedibile. Ti ricordo che durante il governo gialloverde il travaso dei consensi dei Cinque Stelle non fu verso il Pd, ma verso Salvini. Gli elettori, se il sistema va male, scelgono sempre l’antisistema. I 5 Stelle al sud fecero un miracolo: per la prima volta il mezzogiorno scelse un partito “contro”. Poi il M5S pensò bene di allearsi col Pd, sistema puro. E il popolo, disorientato, ora sceglie Fratelli d’Italia. Vedi, l’analisi della realtà è molto più semplice rispetto a quella dei politologi. Ti piace Totò’”

 

Sì. Ma che c’entra ora Totò con i sovranisti e i popolari, con Silvio e Matteo. Totò e Peppino?

“No, no. Totò c’entra sempre. La politica come la vita si divide - diceva Totò- tra le azioni degli uomini e dei caporali. I caporali sono i soverchiatori, quelli che lavorano nell’ombra. Sono da sempre nel deep state: c’erano nelle sacche dell’Italia umbertina, tra i gerarchi fascisti, nell’Italia democristiana, nelle scuole di formazione del partito comunista. Poi, sicuramente, la gente si innamora dei leader; ma non considera la smagliante capacità di interdizione dei caporali, ossia la minoranza egemone”

Non afferro bene. Al di là dei caporali, metafora (mi pare) della vecchia politica, la federazione Salvini-Lega, argomento finora tabù, va fatta? Come la vedi da eretico conservatore?

“Berlusconi e Salvini sono costretti a stare insieme. La vedo positivamente come un modo per ampliare la possibilità di scelta. Ma Silvio e Matteo, secondo me, devono ripetere, ora, l’operazione di dottrina politica di D’Alema che a Prodi disse: “Ti consegniamo la nostra forza”. Come Garibaldi che conquistò l’Italia ma -ben sapendo che le elìte lo consideravano ancora un ladro di cavalli- consegnò tutto al re Vittorio Emanuele e Cavour”.

Però D’Alema dopo Prodi lo fece fuori…

 “Dopo. Ma quell’operazione fece vincere a Prodi le elezioni. L’importante è la gestione del potere, non la sua rappresentazione”.

Il metodo “Garibaldi”, uomo di popolo. Ma, sempre dentro metafora, il nostro re Vittorio Emanuele chi sarebbe, scusa?

“Il nostro re, ora, è Mario Draghi. E anche la destra oggi, deve consegnarsi a lui per imporre la voce della maggioranza silenziosa nel Paese. E guarda, paradossalmente, il soggetto politico più affine a Draghi è proprio Giorgia Meloni. Quelle con Salvini- dal Copasir in su- ora sono schermaglie finalizzate soltanto a salire nei sondaggi elettorali. Alla fine, troveranno la quadra”

Ma Draghi questa cosa che il centrodestra gli si deve consegnare in nome della patria, lo sa?

“Non è importante. Se ci pensi, chi sta davvero appoggiando Draghi è il centrodestra. I 5 Stelle traccheggiano struggendosi per Conte, Letta a volte fa discorsi da segretario di Democrazia Proletaria negli anni 70. E la missione di Draghi non è il Quirinale, come si dice. E’ portare a termine il lavoro, proiettarci in Europa, rendere l’Italia esempio di vero patriottismo. Draghi diventa l’interprete della maggioranza silenziosa per farci tornare primi nei campi in cui già eccelliamo: tecnologia, manifattura, sostenibilità…”

E, fatto questo, credi che filerà tutto liscio: le riforme, il Recovery Fund, le leggi di bilancio?

“Be’, I caporali sono in agguato e spesso sono più attrezzati. C’è sempre il rischio di ostruzionismo. A Giorgetti nel primo governo Conte dissero: ‘la prossima volta che vinciamo, cerchiamo di comandare, non di governare’. E ho ancora in testa l’immagine di Berlusconi bloccato dalla burocrazia che dal balcone di Palazzo Chigi diceva: ‘Ma che diavolo è questa bollinatura?’, mentre i Lancieri di Montebello tributavano all’ospite Paolo Bonolis gli stessi omaggi di Putin”.

Ma, in tutto ciò, manca la figura di federatore del Berlusconi del 94?

“Berlusconi è stato un caso unico al mondo, ad essere durato nel tempo sulla scena internazionale. Non ce l’ha fatta nemmeno Trump che pure aveva gli Usa a disposizione.”

Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della sera invita la destra di governo a farsi una classe dirigente all’altezza e ad abiurare il fascismo. Ti sembra un ragionamento congruo?

“Dice cose trite. La Lega dalla sua ha un blocco sociale solido, Fdi una schiera di amministratori di territorio. E per confutare i soliti esercizi storiografici sul fascismo basta compulsare l’opera di De Felice. Tra l’altro non c’è bisogno di esami del sangue di “mussolinismo”; l’unico leader dell’Italia repubblicana ad avere avuto un atteggiamento affine -non so quanto consapevole- al Duce è stato Craxi. L’unico e ultimo”.

Giorgia Meloni, intanto si defila dal progetto della federazione. E, da presidente dei conservatori europei, gira l’Europa…

“E fa bene ad allargare il network e gli orizzonti. D’altronde la vocazione dell’Italia per la politica estera è storica, vedi ora il capitolo libico. Per esempio, il blocco sociale del nord rappresentato da Salvini più che con Roma ha necessità di intessere rapporti con la Germania. Se tu entri in una Mercedes, osservando la componentistica dell’auto, ti accorgi che lì c’è la geografia industriale del nostro Pil. Il resto sono sciocchezze, è tutto un cercare invano farfalle sotto l’arco di Tito”

Cioè non tutti sono adatti alla solennità del luogo e del momento, citi Carducci (lo vedi che sei intellettuale?). Per esempio, Toti e Brugnano e il loro nuovo movimento, Coraggio Italia sono adatti?

“Toti e Brugnaro dovranno fare i conti col lavacro della realtà. Il civismo nasce dal basso non in un alambicco. Il modello deve essere quello della Provincia alla Guazzaloca. O alla Zaia. Che dice di tenere solo al suo Veneto. E fa benissimo ad avere questo legame col territorio. La nostra Italia è la provincia, è la linfa che scava nella profondità della storia. Mi fa ridere questa idea di sprovincializzarsi. La nostra Via della Seta è quella delle imprese venete”

Molti (tra cui Della Loggia) insistono sul fatto che esiste un profondo deficit culturale nella destra. Cosa ne pensi?

“Non è questione di destra o sinistra. La cultura non si risolve nelle letture di Dante fatte da Benigni che fa impazzire le insegnanti col cerchietto in testa. Noi dovremmo creare dei presidi culturali che siano anche commerciali, che non siano solo operazioni di cerimoniale. Come fanno la Germania con Goethe o la Spagna con Cervantes: portano con la cultura l’indotto economico. Dobbiamo puntare più su 10, 100, 1000 Samantha Cristoforetti, sulla nostra cultura scientifica invece che sui premiuncoli per scrittoruncoli. Eppoi dobbiamo renderci competitivi nella scuola alzando lo stipendio agli insegnanti”

Marta Cartabia si sta molto impegnando nella riforma della giustizia. Ce la farà?

“La riforma della Giustizia è come il Ponte di Messina: sulla carta lo vogliono tutti, ma poi non si fa. E i magistrati sono come i militari nella Turchia di Ataturk dai quali passavano tutte le riforme dello Stato laico. Per questioni di fondi europei, troveranno la quadra anche loro”.

Che tempi ci aspettano, Pietrangelo, tu che di solito non brilli per ottimismo e ti affidi agli dei?

“Credo che nel 2023 cambierà radicalmente la nostra offerta politica. Ci aspettano tempi interessanti…”

 

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