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Patrimoniale, i vip di sinistra si schierano a favore della tassa: da Gassman a Carofiglio, tutti i nomi coinvolti

Salvatore Dama
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Fermi tutti. Il mondo della cultura si schiera con Enrico Letta nella caccia al ricco. L'idea di una tassa patrimoniale piace un sacco. È cool. È desinistra. Il gusto sadico di impalare un possidente, privarlo della grana con cui acquista orrendi suv color fluo e con cui sciabola bottiglie di Dompe al Billionaire, non ha eguali. Si deve fare. È giusto. È corretto. È redistributivo. Parola da pronunciare rigorosamente con la erre moscia, sennò non vale. Niente, Enrico stavolta ha fatto il botto. L'ha detta giusta. È il fustigatore della riccanza. il Robin Hood degli Champs Elysées. Perché poi il malloppo tolto ai bifolchi infarciti va "restituito" ai giovani. Sotto forma di tesoretto. E che tesoretto: un assegno da 10mila euro per 280mila diciottenni. Qualche giorno fa Alessandro Gassman ha lanciato una campagna social per sostenere la genialata lettiana: «In momenti difficili, chi ha molto, può - e secondo me dovrebbe - dare a chi è in maggiore difficoltà. Nel nostro paese, chi è da anni in maggiore difficoltà, sono i giovani». Tutto bellissimo. E tutto fintissimo. Uno, perché Mario Draghi ha già detto che non se ne parla proprio («Non è il momento di togliere, ma di dare»). Due, perché la presunta operazione di redistribuzione ideata dal segretario del Pd è basata su numeri strampalati. Cifre che non esistono. Secondo Enrico, in Italia esisterebbero 412mila contribuenti con un patrimonio da un milione di euro in su. E, essendo quella proposta da Letta una tassa di successione, questi fantomatici ricchi dovrebbero morire tutti insieme in modo da far ricavare allo Stato 2,8 miliardi di euro, da distribuire, in carnè da dieci kappa, ai neo maggiorenni. Categoria scelta così, forse perché "18 anni" entrava bene in un tweet. Mentre ci sono le Partite Iva che sacramentano contro il redditometro e le famiglie che protestano per l'esiguità dell'assegno unico.

 

 

 

Numeri farlocchi

Comunque sia, i numeri di Letta sono buoni per il lotto. E forse neanche. Secondo l'Agenzia delle Entrate solo lo 0,1 per cento degli italiani ha redditi dichiarati superiori ai 300mila euro. Dunque, ammesso che abbia senso far pagare due volte le tasse sul patrimonio (al morituro e agli eredi), le cifre non tornano. Però fa niente. Letta riceve il plauso degli intellettuali. Sulla fiducia. «Non è solo una questione tecnica e fiscale, ma di etica sociale», precisa lo scrittore Gianrico Carofiglio, che sposa l'appello dell'attore Alessandro Gassmann. «Sono favorevole» alla patrimoniale, dichiara all'Adnkronos, «in forme ovviamente intelligenti e non punitive, perché la tassazione degli enormi patrimoni in una misura molto circoscritta corrisponde a un obbligo minimo di solidarietà senza il quale le società non si reggono». Bisogna individuare, aggiunge, «chi può pagarla senza subire alcun contraccolpo sulla qualità della sua vita. Una persona che ha cinquecento o mille appartamenti, e ce ne sono, che tipo di danno riporterebbe con la patrimoniale? Ovviamente nessuno». Mentre invece il beneficio che deriva dalla redistribuzione di questa piccola parte di enormi patrimoni è «enorme sia per gli individui sia per la società e l'economia. Nel senso che aumenta la possibilità di spendere e quindi produce crescita e sviluppo». Carofiglio tiene a sottolineare che la reazione di «coloro i quali sostengono che non bisogna aumentare le tasse parlando di patrimoniale o è strumentale oppure è segno di una scarsa comprensione del problema, perché evidentemente si tratta di tutt'altro». Per lo scrittore, infatti, «non si tratta di aumentare le tasse sul reddito, ma di operare su una minuscola parte ultra ricca della popolazione che ha tutto, incluso il superfluo, un piccolo prelievo che serva a garantire un minimo etico di solidarietà. In una democrazia avanzata, conclude lo scrittore, «questo è indispensabile, diversamente salta tutto».

 

 

 

Momento giusto?

La patrimoniale invocata da Gassman è una misura giusta soprattutto in un momento come questo, «in cui le sperequazioni e le disuguaglianze nel nostro Paese sono intollerabili». Maurizio De Giovanni, parlando anche lui con l'Adnkronos, si dice favorevole. E «Io lo sono da tempo. Mi rendo conto dell'impopolarità di questa manovra e di quanto sia facile dire banalmente togliamo le tasse. È un momento in cui le sperequazioni e le disuguaglianze in questo Paese sono intollerabili. La pandemia ha allargato spaventosamente il gap e ha creato una condizione veramente insostenibile. Penso che non possiamo continuare a ballare sul ponte della nave che affonda. Dobbiamo renderci conto che questo è un problema sociale che può diventare anche un serio problema di ordine pubblico». «Quindi», conclude lo scrittore, «questo è il momento in cui c'è bisogno di una presenza solidale di un valore perequativo del fisco. Non capisco quest' ansia dell'accumulo che crea questo atteggiamento difensivo. Stiamo parlando di patrimoni enormi. Non vedo proprio il problema». Sposa l'appello anche l'attrice e regista Simona Marchini. Pure se dice che la vera questione è un'altra: «C'è solo un unico problema. I privilegi dei ricchi e dei potenti, l'evasione fiscale. Non esisterebbero i paradisi fiscali. Questo è lo scandalo, ma purtroppo c'è una connivenza mondiale. Questa è la difficoltà di partenza se vogliamo cominciare a parlare di patrimoniale». L'unica che prova a distinguersi dal coro è Simona Ventura («Basta assistenzialismo, ai giovani vanno date opportunità») e viene crocifissa dalla rete. 

 

 

 

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