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Silvana De Mari, "stupro farmacologico" e "Satana": tutte le follie della dottoressa no-vax arruolata da Belpietro

 Silvana De Mari

Alessandro Giuli
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Si dice che il sonno della ragione genera mostri e in tempi di pandemia bisognerebbe guardarsi appunto dal rischio della mostrificazione che attraversa la politica e la così detta società civile alle prese con l’afflizione della malattia, l’incognita delle sue varianti e le poche ma solide verità scientifiche a disposizione. Nel caso di Silvana De Mari, regina del complottismo no-vax, no-pass, no-mask e no-moltissime altre-cose, il pericolo rasenta la guerra di religione con spolverature millenaristiche. La signora in questione è un chirurgo specializzato in psicologia cognitiva molto popolare nell’universo psicopatologico di chi crede che dietro la genesi del Sars-CoV-2 e la profilassi globale contro il Covid si nascondano per lo più interessi finanziari, regie occulte e addirittura lo zampino del diavolo.

 

 

L’Ordine dei medici di Torino l’ha da poco sospesa assieme ad altri 94 colleghi, vietandole di “svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio Sars-Cov-2”. Fra le sue ultime intemerate, al netto della prosa che dispensa con regolarità sulla stampa nazionale, si annovera un comizio in piazza di fine ottobre nel quale descrive la vaccinazione – e il Green pass che ne consegue – come uno “stupro farmacologico… qualcosa di satanico”. A seguire, l’ostensione di un rosario dai colori rosso e azzurro, “i colori delle confraternite dei captivi… coloro che venivano catturati dai saraceni… catturati come noi… come noi a milioni…”. L’arringa si chiude con l’invito a una nuova battaglia di Lepanto per riscattarsi dalla schiavitù, e non è difficile indovinare che nei panni dell’invasore ottomano la dottoressa De Mari scorga le fattezze dei governi occidentali, di “Big Pharma” (lo dice lei stessa del resto) e di qualche oscura confraternita rivale devota alle tenebre.

 

 

Qualche indizio? Nel 2017 la De Mari offrì le proprie fantasticherie ai microfoni radiofonici della Zanzara per anatemizzare il sesso anale, sia omo sia eterosessuale, avvertendoci che “è un gesto sempre fatto nelle iniziazioni sataniche… non sono quattro sfessati, ma è presente anche ai piani alti… ne ha fatto uno anche Angelina Jolie”. E questo era il punto d’arrivo di un ragionamento basato sulla radicale convinzione che “in realtà l’omosessualità non esiste” se non come malattia da lei curata “per quarant’anni”, una “condizione drammatica per l’ano” sulla quale naturalmente si dispiega dall’alto “una censura incredibile… nessuno ne parla”.

Di là da tali stravaganze (basterebbe leggere Platone per vivere pacificamente il rapporto con la sessualità, ma è un discorso troppo lungo e alto per correre il rischio di sprecarlo), non è difficile cogliere il sottotesto implicito nel fanatismo di chi giudica il sesso peccaminoso ogniqualvolta prescinde dal dettato riproduttivo biblico, al punto tale che lo stesso autoerotismo finisce per essere condannato. Il tema assume addirittura i tratti dell’ossessione quando investe – come in un articolo della De Mari risalente al 2009 – l’alimentazione dei neonati tramite biberon: una pratica che sarebbe promossa dall’industria del latte artificiale per scoraggiare l’allattamento naturale al seno e – sotto sotto – agevolare la causa della teoria gender (le coppie omosex maschili non hanno molte alternative al biberon).

 

 

Il campionario delle enormità potrebbe arricchirsi di altri esempi, essendo sufficiente una ricerca online per imbattersi in numerosi video nei quali la nostra dottoressa millenaristica enumera i successi negletti delle cure semiclandestine anti Covid o discetta di genocidi pascolando nel prato immaginario della letteratura fantasy, mescolando fiabe per l’infanzia e cellule di feti abortiti utilizzate per fabbricare vaccini. Sullo sfondo, sempre l’idea che un’anonima setta nemica stia lucrando sulla nostra salute, sulla nostra libertà e sui cardini della natura umana ingabbiata dalle restrizioni contemporanee. Un bersaglio facile, per dire, è quello che De Mari descrive con lo zoppicante acronimo “Gafat”: Google, Facebook, Apple e Twitter; vale a dire le piattaforme e i social network premiati dall’isolamento sociale provocato dal Coronavirus ma al tempo stesso – guarda un po’ – gli strumenti prediletti dalla propaganda sottoculturale di cui De Mari e soci sono protagonisti e veicoli sempre più dinamici. Nulla di personale, naturalmente, anche perché la signora non è affatto ignorante e ha perfino una sua mitezza occhiazzurrata e carezzevole quando traguarda la telecamerina per registrare le sue sparate. Come una matura zia che abbia perso il controllo della propria fede interiore e vada esteriorizzando la Torquemada che tratteneva a stento dentro di sé. Non che un certo scientismo cieco e fideistico sia poi troppo diverso, ovvio, ma si tratta appunto di guerre tra cattive metafisiche che si alimentano a vicenda. La ragione sta altrove, per fortuna.

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