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L'eredità, Flavio Insinna minacciato di morte dopo la puntata: "Presa di mira anche la mia famiglia"

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Flavio Insinna si racconta a 360 gradi: dagli inizi come attore, alla svolta televisiva con Affari tuoi, all'amicizia col compianto Fabrizio Frizzi. "Non ho mai avuto gusto per la poltrona. Vede che poltrona tengo in camerino? Una sedia da barbiere. E non ho foto con Tizio o con Caio. Casa mia potrebbe essere di chiunque: c’è solo uno scatto assieme a Fabrizio (Fabrizio Frizzi, ndr), perché a quello ci tengo troppo. Non sopporto quelli che commemorano i defunti parlando di sé stessi e si mostrano in foto con personaggi famosi che non ci sono più e che non possono ribattere". Si lascia andare ai ricordi: "Potrei raccontarle di quando io e Gabriele Cirilli ci dividevamo una matrimoniale per risparmiare, ai tempi delle tournée. O di quando mi feci seicento chilometri, in pieno agosto, per andare a fare un provino e, appena salito sul palco, mi liquidarono con un “non funzioni fisicamente, ciao”. Ma mi vergognerei. Non stiamo operando a cuore aperto, appunto", racconta al Corriere della Sera.

 

 

 

Inevitabile non parlare di Don Matteo e di come fu scelto: "Per caso. Andai da Costanzo a parlare della nostra compagnia, La Cometa, e tra il pubblico c’era Enrico Oldoini, il regista della serie. Venne a vedermi in teatro, mi volle nel cast. Dico solo una cosa: se Don Matteo ha resistito così tanti anni secondo me si deve soprattutto alla professionalità di Terence Hill. Io non l’ho mai visto prendersi un caffè, è stato sempre con noi, con il caldo bestiale e con la neve di Gubbio. Ma se le racconto come iniziò la carriera negli show in televisione è ancora più divertente. Per un microfono aperto. Avevo fatto Don Bosco, miniserie tv. Mi premiarono a Saint-Vincent, le grolle, le star e tutto. Sul palco c’era Fabrizio. Il mio turno arrivava tardissimo, quando tutti non pensavano che alla cena. Quando Frizzi mi chiamò, io non sapevo di avere il microfono acceso e così dissi: “Ma devo proprio?”. Risate in sala. Mi accorsi di avere fatto una figuraccia e allora con Fabrizio cominciai a fare lo scemo, con battute a ruota libera. Qualche tempo dopo mi chiamò la mia agente e mi disse: “Ma che hai combinato a Saint-Vincent?”. E io: “Oddio, mi puniscono?”. E lei: “No, ti vogliono dare Affari tuoi”. Ero morto", ricorda.

 

 

 

Ricorda anche i tanti appassionati vip dell'Eredità: "Walter Veltroni lo vede. Ma se poi parliamo dei ghigliottinisti... Gigi D’Alessio è un cecchino. Non ne sbaglia una. Luca Barbarossa è un altro: manda le risposte su WhatsApp ma io controllo sempre che siano regolari, cioè che non le abbiano mandate una volta risolto il quiz. Il più matto di tutti però è Diego Abatantuono. Manda la sua risposta ma se questa è sbagliata mi fa arrivare dei messaggi vocali di un’ora in cui mi spiega perché, secondo lui, abbiamo sbagliato noi. Ma capisce?!", rivela. Infine un ricordo poco piacevole: "Tra le parole dell’Eredità venne fuori anche “caccia” e io, con naturalezza, dissi che finché ci sarò io la caccia in trasmissione non ci sarà. Minacce di morte a me e alla mia famiglia, minacce di boicottaggio dei prodotti delle pubblicità interne al programma. Lasciai spegnere tutto, diciamo che ci ho guadagnato la stima di qualcuno che prima non mi seguiva ma che la pensa come me. Il punto è che mamma e papà mi hanno fatto leggere libri. E oggi posso dire, con Gramsci, che io “odio gli indifferenti”", conclude Insinna.

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