Cerca
Cerca
+

Giulio Tremonti, la profezia: "Mario Draghi al Colle? Se cambia il governo sarà caos e distruzione"

Francesco Specchia
  • a
  • a
  • a

Se consulti Giulio Tremonti sull’Italia del nuovo anno risuona un’allegria di naufragi. Per lui che - volutamente- non cita mai Draghi, dietro la speranza c’è sempre una puntina di apocalisse.

Professore Tremonti, gliela sparo secca: Draghi andrà al Quirinale?

«La legislatura è giunta esattamente a metà; non può terminare, abbiamo bisogno di un governo forte e di un Parlamento stabile, che esclude gli esperimenti. L'alternativa è tra ricostruzione, che è già difficile, e distruzione che sarebbe certa. Questo governo nasce in termini di unità nazionale e di unità del Parlamento; e l'ispirazione è l'Italia della Ricostruzione del '48. Il doppio scopo è superare l'emergenza sanitaria e le riforme; si è citato Cavour "le riforme compiute a tempo, invece di indebolirla, rafforzano l'autorità"»

Però, scusi, lei ha criticato la Finanziaria "tutta spesa pubblica, fatta da 508 pagine per 147 metri, l'altezza della Tour Eiffel". Ha detto pure che i 51 progetti del Pnrr sono punti burocratici, messi in fila sulla carta...

«E confermo. Se lei chiede a un membro del governo qual è il punto 42, non lo sa. Il Pnrr si basa sugli eurobond che io, tra l'altro, ho proposto nel 2003. Ma la sua piena realizzazione è ostacolata da una tripla burocrazia: europea, centrale italiana e dei governi locali. I fattori che hanno per anni bloccato l'utilizzo dei nostri fondi europei sono ancora in essere, anzi si sono moltiplicati»

Ma allora, perdoni, perchè l'Economist ci porta ad esempio: crescita del 6% e tutto il resto?

«Bè, siamo ripartiti non tanto per il rimbalzo, quanto grazie alla nuova vitalità delle nostre imprese. Ho vivida l'immagine già durante il lockdown delle autostrade con chilometri di Tir. In realtà abbiamo perso le grandi imprese, ma sono molto cresciute le medie»

Ma, scusi, se le agenzie di rating danno tutti i nostri paramentri econometrici in rialzo...

«Guardi, io ho scarsa fiducia nelle agenzie di rating, anche perché non si sono precedenti di crisi energetica di questo genere, neanche nella crisi petrolifera anni 70. Si sono rotti i paradigmi; mi permetto di ricordare il mio libro Mundus Furiosus, anno 2016...».ù

 

Insisto. Per la Ue il Pnrr è un successo, almeno sulla carta. Ma la sua voce tradisce un affilato dissenso. Perchè è contro il Pnrr?

«Ma io sono per il Pnrr. Ma nella sua realizzazione ci sono dei problemi. Le opere sono state calcolate in assenza di inflazione, quindi si dovranno fare revisioni di appalti sia da parte delle imprese che degli enti portatori. Tra l'altro, in alcuni casi non hanno calcolato neanche l'Iva, quindi con i soldi di dieci opere ne faranno otto».

C'è di bello che lei è un inguaribile ottimista. Ora, è vero che ci sono ancora 38 miliardi di fondi coesione da spendere. Ma è roba vecchia. Secondo lei questo governo non ha ora snellito la burocrazia?

«Il Trattato di Maastricht prevedeva una "destinazione" dei fondi alle Regioni, non una "gestione" dei fondi della Regioni. Quand'ero ministro, un governatore di un'isola che non era la Sardegna, mostrandomi la coda nella sua anticamera mi disse: "se spendessi i soldi come mi dici tu, secondo te la stanza sarebbe piena o vuota?" Be', è ancora così».

Scusi, ma non mi torna. Ok, Draghi le va bene dove sta. Ma l'azione del governo le sta bene o no?

«È ancora presto per valutarla in modo articolato. Bisogna inquadrarla più che nel presente, nel futuro, che è complesso e si sviluppa su tre piani: italiano, europeo e globale. L'andamento dell'economia diciamo che non è stato il rimbalzo del gatto morto, ma certo molto di più...».

 

 

Ah, ecco, quindi Draghi...

«... Ma non è neanche quello raccontato dalla retorica dei giornali. Noi ora abbiamo seri problemi: l'inflazione che va oltre al 3% e gli alti costi delle materie prime che si riflettono sui costi dell'industria. Si profila come una non temporanea tempesta dei prezzi. Credo che 40/50 miliardi di maggiori costi siano una cifra congrua; tra l'altro sospetto che questa fase non sia affatto transitoria».

Mi faccia capire: lei non si pronuncia sui fatti interni perchè non la sfagiola il premier o perchè il quadro di lettura è molto più alto?

«La seconda. Vede, la governance europea è dominata da una drammatica asimmetria: tassi sottozero e inflazione soprazero, con l'inflazione che prima era un plafond da non superare, poi un obbiettivo da raggiungere, e ora è un problema. L'Europa soffre il fatto che in tutto il centronord sta entrando in crisi il Welfare basato su un sistema di mercato, una sorta di meccanismo di polizza vita che salta se non ha rendimenti. Noi non lo sentiamo direttamente perché il nostro Welfare è pubblico, basato sulla contribuzione ma vediamo salire lo spread.».

E siamo d'accordo. Quindi come si reallineano i paesi dell'Ue?

«Si dice con un limite all'azione delle Bce».

Cioè si dovranno rialzare i tassi?

«Sì, è una questione di stato sociale. Marx diceva che i tassi zero sono la fine del capitalismo, e questi, meno drammaticamente, mandano in crisi il welfare».

Quindi perchè dovremmo mantenere lo status quo in Italia?

«Stanno tornando i vecchi luoghi delle Storia con un carico di interessi arretrati; ecco i disordini in Asia e in Europa. Per questo abbiamo bisogno di stabilità, che questo governo duri almeno fino al 2023. Se andassimo a elezioni anticipate ogni nuovo governo sarebbe oggettivamente più debole di quello che abbiamo ora; l'idea della politica italiana come una monade autonoma rispetto a quel che accade fuori è semplicemente disastrosa».

E se al Quirinale ci andasse, invece, Berlusconi? O, magari una donna?

«Di Berlusconi e di altri non parlo. Ma nella scelta del Capo dello Stato io mi atterrei alla Repubblica di Platone, alla Politikè téchne, per cui il politico come il comandante deve conoscere bene la nave, l'equipaggio, i fondali, le correnti, i venti e le stelle. Deve essere competente, dopodiché non importa il sesso. Vale sia per il Presidente del Consiglio che per quello della Repubblica».

Perchè sindacati e No Vax, pur in minoranza, portano la gente in piazza?

«Ci sono delle aree di sofferenza; per esempio se la riforma fiscale è a vantaggio dei ceti medi, non risolve i problemi dei ceti bassi e sofferenze e insofferenze si incanalano in una nuova forza politica che comprende i No Vax ma non solo, un po' come in passato con i 5 Stelle. Sono valutati, ora, al 5%. Però il centrodestra resta maggioranza nel Paese...»

Dai blog