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Ariela Benigni, "la pandemia non è finita". Picco di contagi-Covid, l'esperta: "Quali sono i soggetti a rischio"

 Ariela Benigni

Massimo Sanvito
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«Quello che sta accadendo nel resto del mondo deve farci stare in allerta perché la pandemia non è ancora finita. I vaccini e i nuovi farmaci anti-Covid, però, ci danno tranquillità. Ora dobbiamo convincere i genitori a vaccinare i bambini». Ariela Benigni è segretario scientifico dell'Istituto Mario Negri e coordinatore delle ricerche della sede di Bergamo e Ranica. Un profilo di rilievo nel campo della ricerca scientifica. Il suo nome figura ai primi posti della classifica dei Top Italian Scientists, i ricercatori più citati al mondo nella letteratura scientifica. Fa parte anche del gruppo delle Top Italian Women Scientists, che comprende le scienziate con pubblicazioni ad alto impatto. Ha messo in fila, nella sua carriera, 300 pubblicazioni su riviste internazionali e tenuto 150 ore di lezioni durante congressi nazionali e internazionali. A Libero spiega l'evolversi del Covid a 360 gradi: differenze tra paesi, nuova variante Omicron 2, vaccinazioni ai bambini, green pass, prossimi step della ricerca, farmaci anti-Covid, quinta ondata.

Dottoressa Benigni, in Cina si registra il picco di contagi dal 2020, mentre in Germania si viaggia al ritmo di 300.000 contagi al giorno. Cosa si sa dell'Omicron 2?
«Omicron è composta da quattro varianti diverse: due tipi di BA.1, la BA.2 e la BA.3, che non abbiamo mai visto. La BA.2, la cosiddetta Omicron 2, ha un'incidenza del 10%, è più infettiva e colpisce soprattutto gli anziani con sistema immunitario più debole. Questo è uno dei motivi per cui in Germania stanno aumentando di molto contagi e decessi. Ma non dimentichiamo che i tedeschi sono un mese e mezzo indietro rispetto a noi».

I vaccini coprono questa nuova variante?
«Gli studi dicono che due dosi contro Omicron non bastano. La differenza tra l'Italia e la Germania sta anche qui: da noi l'83% della popolazione vaccinabile ha chiuso il ciclo, mentre i tedeschi sono fermi al 58%. Hanno fatto molte meno terze dosi rispetto a noi, e la dose booster è fondamentale per prevenire i contagi».

 

In Gran Bretagna, invece, la mortalità Covid è scesa al di sotto di quella dell'influenza semplice. Il modello inglese ha funzionato?
«Innanzitutto bisogna dire che gli inglesi sono partiti prima di tutti con le vaccinazioni e questo ha pagato. Avendo avuto una mortalità abbastanza alta all'inizio, di fatto ciò che è successo prima non succede ora. Hanno adottato una buona convivenza col virus dopo aver allentato le misure di contenimento individuale. Tanto il Covid non sparirà, sarà sempre un virus infettivo ma meno severo. L'importante è continuare a vaccinarsi».

In Italia i contagi stanno lentamente risalendo e c'è chi parla di quinta ondata. Può essere davvero?
«Difficile, ma nessuno può saperlo con certezza. Le ondate riguardano sì i contagi, ma bisogna anche tenere conto dei decessi che ora stanno scendendo. È l'ultimo parametro a scendere, e questo fa ben sperare. I positivi tornano ad aumentare principalmente perché abbiamo un milione e mezzo di bambini non vaccinati, un serbatoio importante per il virus che si propaga verso genitori e nonni. Certo, il Covid continuerà a circolare, ma la stagione calda alle porte deve farci stare tranquilli».

Ci sono persone che hanno preso il Covid due volte e nonostante il vaccino. Com' è possibile?
«Succede, anche se raramente. Stiamo vedendo anche persone contagiate nonostante le tre dosi. Va sottolineato, però, che nella grande maggioranza dei casi si tratta di forme più leggere. I sintomi sono lievi: raffreddore, dolori articolari, un po' di febbre. Omicron ha la caratteristica di infettare le prime vie aeree piuttosto che i polmoni e quindi il virus non scende in profondità. Certo, poi la gravità dell'infezione dipende anche dalle patologie pregresse».

 

Quali saranno i prossimi step della ricerca scientifica sul Covid?
«Per quanto riguarda il sequenziamento delle varianti, in linea di massima non vedo grossi passi in avanti nell'immediato futuro. Ci sarà una velocizzazione della genomica: le macchine che permettono di valutare il dna e l'rna del virus saranno sempre più veloci. Le grandi company produrranno vaccini sempre più calzati sulle nuove varianti. Inoltre, saranno sviluppati i farmaci per la prevenzione di casi severi, perché agendo sui sintomi ancora prima di verificare la positività si possono evitare guai».

Le mascherine al chiuso sono ancora utili per contenere i contagi?
«Molto utili. Uno studio americano del 2020 ha provato che le mascherine in ambienti chiusi hanno ridotto di gran lunga anche i contagi per la classica influenza. A fine marzo finirà l'emergenza sanitaria, ma il virus non smetterà di circolare propagandosi proprio a partire dai luoghi al chiuso. Credo, però, che ormai siamo ben abituati a proteggerci anche all'aperto, e non solo dove ci sono assembramenti.Ora stiamo molto attenti quanso ci avviciniamo alle persone».

Il green pass va tenuto ancora in vigore?
«È stato uno strumento molto utile per favorire le vaccinazioni e, nonostante le polemiche, anche per creare ambienti protetti. Non lo vedo male anche per il futuro per due motivi: migliorare la percentuale di vaccinati e convincere i genitori a vaccinare i bambini».

 

 

Sulle vaccinazioni ai più piccoli c'è ancora molta resistenza. Mamme e papà possono stare tranquilli?
«Comprendo le perplessità dei genitori, le abbiamo avute tutti a proposito delle tante vaccinazioni rese obbligatorie negli anni scorsi. Però ora sono tanti i bambini ospedalizzati anche sotto i cinque anni e per evitare delle sequele che non conosciamo fino in fondo è bene vaccinarli. Non sappiamo gli effetti del long Covid né quanto durerà. Non è escluso che chi contrae il virus da giovanissimo, perché sprovvisto di vaccino, possa avere conseguenze nella vita adulta sviluppando aspetti anche gravi».

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