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Giampiero Massolo, "trattare con Vladimir Putin è impossibile": l'ambasciatore svela il vero piano del Cremlino

Antonio Rapisarda
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«Vladimir Putin ha ancora la convinzione di riuscire prevalere, di poter controllare l'Ucraina. Sembra che il tempo conti meno per lui di quanto invece secondo noi dovrebbe contare: perché potrebbe rappresentare una grossa vulnerabilità». L'ambasciatore Giampiero Massolo, presidente dell'Ispi, di Fincantieri ed ex direttore del Dis (Dipartimento informazioni per la sicurezza), è certo che il capo del Cremlino non riuscirà a realizzare i suoi obiettivi: «Almeno per come li ha venduti alla propria opinione pubblica». Merito degli ucraini prima di tutto che hanno impedito il "blitzkrieg" ma anche l'Occidente - spiega il diplomatico a Libero - farà ciò che è necessario «perché perda il più possibile».

Ambasciatore, a che punto è l'invasione russa in Ucraina?

«Putin non sembra percepire il rischio di impantanarsi e continua a stringere l'assedio. Avanza da Nord, circondando Kiev, da Est, per consolidare la sua presa sul Donbass, e da Sud, per cercare di togliere l'accesso al Mar Nero all'Ucraina. Ha ancora molto potenziale militare».

Dall'altra parte?

«Gli ucraini continuano in maniera esemplare a combattere per la libertà. E questo è stato un elemento ampiamente sottovalutato. Sul terreno Putin ha preso un grande rischio: perché gli ucraini resistono al di sopra delle previsioni. E l'Occidente li sta aiutando in questo: in parte perché è doveroso aiutare l'aggredito. E poi perché va resa quanto più complicata possibile la situazione per Putin sul campo. In modo che non possa prevalere troppo».

Però il rischio di un incidente che coinvolga una Nazione della Nato c'è... Joe Biden teme «la Terza guerra mondiale».

«Per carità. È chiaro che in questo genere di situazioni il rischio che qualcosa scappi di mano c'è sempre. Ma non mi sembra immediato. Intanto perché i combattimenti a Ovest non sono ancora così serrati. In secondo luogo perché vi è stato ed è auspicabile che continui un contatto a livello militare fra gli Stati maggiori russo e americano».

Le trattative in corso sono all'altezza della situazione?

«Bisogna uscire dall'equivoco. Tutto quello a cui si assiste - il tentativo del primo ministro israeliano Bennet, le telefonate di Erdogan, quelle di Macron - sono tutte iniziative di "buoni uffici". In questo momento non c'è spazio per un negoziato vero: non si può negoziare con qualcuno che ti chiede soltanto di arrenderti. Non resta che cercare di adoperarsi affinché cessi il fuoco e i civili vengano evacuati».

Lo "zar" vuole il riconoscimento della Crimea, l'indipendenza del Donbass e la Nato fuori dall'Ucraina. Quanto potrà resistere Zelinsky a queste richieste?

«Dipende da cosa succede sul campo. È chiaro: è interesse ucraino e occidentale che Putin vinca il meno possibile. O perda il più possibile. È solo quando avremo questa "foto", questa cristallizzazione, si potrà incominciare a parlare del futuro dell'Ucraina. Gli elementi di questo futuro devono toccare la neutralità - evocata da Zalensky stesso - ma che chiaramente non può essere disgiunta dal mantenimento di una prospettiva europea per la sua Nazione. Poi una presa d'atto che la situazione del Donbass è cambiata: evidentemente la prima cosa da fare è liberare in quelle zone a maggioranza russa la minoranza ucraina. Ma se ne potrà cominciare a parlare a seconda del rapporto di forza che ci sarà quando saremo arrivati a una fine. Ad un esito sul terreno».

Cosa non si può accettare?

«Che Putin stravinca. Che rovesci il governo, democraticamente eletto, di Zelensky. Che ottenga il pieno riconoscimento di quello che ha preso con la forza. Che trasformi l'ordine di sicurezza in Europa in un'operazione di conflitto fra blocchi, di sfere d'influenza, di insicurezza permanente».

E pensare che qualche anno fa si ventilava l'ingresso della Russia nella Nato. E lo "spirito" di Pratica di mare?

«È successo che quel modello, frutto della vittoria dell'Occidente nella Guerra fredda - che Putin adesso fa finta che non sia avvenuta -, era sostanzialmente figlio di una scommessa: che la Russia, cioè, non fosse più da considerare un nemico temibile. Tutt' al più come un avversario pericoloso ma che però si poteva coinvolgere in questa o quella tematica globale: per esempio la lotta al terrorismo islamico. Tutto questo mentre Putin aveva cominciato, non molto tempo dopo Pratica di mare, a dare dei segnali di sofferenza politica, culturale, storica nei confronti di quella serie di mediazioni che l'Occidente stava chiedendo alla Russia».

 

 

Non un rapporto da pari a pari dunque?

«Le basi perché la Russia fosse considerata una grande potenza erano venute meno. E quindi si trattava la Russia come uno Stato, non più come una grande potenza. Putin a questo ha reagito, volendo ritornare ad un ordine di sicurezza che gli garantisse le sfere di influenza».

Possiamo a farne a meno?

«Come Europa abbiamo fatto poco per non "dipendere", soprattutto dal punto di vista energetico. Questo si è dimostrato un errore: perché il fornitore che diceva di essere affidabile - per la verità la Russia non ha mai smesso di fornirci il gas - ma che però poi, sul piano geopolitico, si comporta come si sta comportando in questo momento, non è propriamente un fornitore dal quale dipendere così: mani e piedi. Infatti, un po' tardivamente, si stanno cercando delle alternative».

L'obiezione che giunge dal Cremlino è l'allargamento della Nato ad Est...

«Intanto sull'allargamento della Nato non c'è mai stata formalmente nessun tipo di assicurazione. Poi, fino a prova contraria, sono scelte autonome di governi democraticamente eletti. Se uno interpreta come "minaccia" le scelte di Paesi sovrani, beh allora fermiamoci e decidiamo insieme che cosa è minaccia».

 

 

Sì ma il presidente Zelensky non ha ancora capito in che modo può contare sull'Europa.

«L'Ucraina deve avere la sua prospettiva europea. E l'Europa adotterà tutto quello che può far per far percepire quest' orizzonte. Dall'altra parte non esiste un'opzione di "fast track" per aderire all'Ue. È chiaro che frapporre un principio giuridico a un Paese che sta combattendo perla sua libertà è arduo. Però bisogna conciliare l'esigenza politica, il segnale politico forte, con la procedura che è in grado di assicurare questo approdo. Non si può inventarne una su due piedi».

Sia che la Russia vinca sia che perda nulla sarà più come prima? O mi sbaglio?

«Certamente, non fosse altro per la tragedia umana che si sta consumando. Questo, di sicuro, avrà un impatto anche sul futuro. Bisognerà vedere, da un punto di vista europeo, quello che succederà: che non si formi un'intesa sulla base di nuovi equilibri di forza fra Russia, Cina e Stati Uniti a danno dell'Europa o lasciandola ai margini. È per questo motivo che bisogna rafforzarla».

Che ne sarà di Putin?

«L'esperienza finora ci ha insegnato che quando gli autocrati cercano di inghiottire bocconi troppo grossi rispetto alle loro possibilità spesso finiscono sconfitti. Vuoi dal loro popolo, vuoi dal diritto, vuoi dalla storia. Possibile che questo si verifichi anche questa volta».

Insomma, a suo avviso non riuscirà a spuntarla.

«Penso che Putin non avrà quello che vuole. Non realizzerà i suoi obiettivi nella misura in cui li ha voluti e li ha venduti alla propria opinione pubblica». 

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