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Benjamin Ferencz, l'ex pm di Norimberga: "La Nato dorme, l'unica via è uccidere Vladimir Putin"

Giovanni Terzi
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«Sono molto impegnato, sono più impegnato ora di quanto non lo sia stato per negli ultimi cento anni e se fossi nei suoi panni, dato che ha un'idea di cosa vuole chiedermi, l'intervista la farei adesso, perché domani sarà un'altra giornata impegnativa». Sono le quattro e mezza del pomeriggio, le otto e mezza a Los Angeles da dove mi risponde Benjamin Ferencz centodue anni appena compiuti; lo raggiungo telefonicamente con Matteo Angioli, vice presidente del Global Commitee. Ben, così si fa chiamare, è l'ultimo degli avvocati accusatori nei processi di Norimberga ancora in vita. In particolare quelli agli Einsatzgruppen, le unità operative tedesche che compirono i massacri nei confronti di ebrei, polacchi e partigiani. Ben è stato anche uno dei protagonisti, sotto la guida del generale Patton, dello sbarco in Normandia.

 

 

 

Per prima cosa, volevo parlare del suo motto: "La legge, non la guerra." Applicherebbe pure oggi questo suo concetto?

«Certamente si può fare, serve una determinazione politica per farlo. Prima di tutto, ciascun individuo deve domandarsi se preferirebbe avere una guerra o avere una corte di giustizia che li aiuti a risolvere le loro divergenze. Alle persone che rispondono a questo quesito dicendo che preferirebbero una guerra dico di farsi controllare il cervello; perché le guerre comportano la morte di migliaia di innocenti. E sicuramente, in qualsiasi circostanza, anche una decisione sbagliata, presa da una corte di giustizia, è meglio di una guerra vinta che uccide tante, tantissime persone innocenti».

Quindi, secondo lei, anche il peggior tribunale corrotto è meglio di una guerra?

«Le rispondo con ciò che diceva l'uomo più informato su questo tema, che è stato il Generale Dwight D. Eisenhower, non solo già Presidente degli Stati Uniti, un Presidente Repubblicano, ma anche il comandante in capo di tutti i combattenti vittoriosi nella seconda guerra mondiale. Lui iceva: "Il mondo non può più contare sulla forza. Deve rivolgersi allo Stato di diritto"».

Sarebbe quindi opportuno seguire il motto di Eisenhower?

«Dwight D. Eisenhower, nel suo discorso d'addio, ha sottolineato il fatto che il mondo non può più contare sulla forza per risolvere le sue differenze. Deve rivolgersi allo Stato di Diritto. Io ho 102 anni e non è più un mio problema, ma ho parlato con i giovani di oggi e loro sono più a rischio di quanto non lo sia mai stato io. Perché ora si affronta il rischio non solo di armi nucleari ma anche di armi cibernetiche».

Cosa intende dire?

«Mi riferisco alla capacità di tagliare la rete elettrica del pianeta terra se si volesse, e non intendo solo gli Stati Uniti, ma questa possibilità include anche altre superpotenze come la Russia e la Cina e diversi altri Paesi. Tutti hanno la capacità, mai avuta prima, di tagliare la rete elettrica di tutto il pianeta e questo provocherebbe una morte in breve tempo di gran parte della umanità».

E di quanto tempo ci sarebbe bisogno affinché la cibernetica uccida?

«La risposta datami da un'autorità affidabile è stata che dipende da quanta acqua abbiamo a disposizione e potremmo sopravvivere per circa una settimana. Io mi rivolgo ai giovani e non ai vecchi come me che hanno già ampiamente vissuto. I giovani devono affrontare un futuro potenzialmente più difficile perla razza umana che mai nella storia si è rappresentato».

In sostanza lei sta dicendo che dobbiamo andare avanti con lo Stato di Diritto, corretto?

«E la prima legge dello Stato di Diritto è che nessuno sia al di sopra della legge, questo è il principio fondamentale. Come possiamo convincere un uomo come Putin, che è stato per due decenni al di sopra della legge, che lo Stato di Diritto è conveniente anche per lui? Perché la Russia è fondamentalmente una cleptocrazia».

E come lo si convince?

«Non puoi convincerlo, devi ucciderlo! Non puoi convincere un maniaco come lui, o Hitler, o Goering, o alcuni dei nazisti che credevano che quello che stavano facendo fosse giusto nell'interesse del loro Paese».

Quindi lei vede un parallelo tra Putin e Hitler?

«Naturalmente, ci sono dei parallelismi. Nel caso di Putin, credo che Hitler sarebbe stato orgoglioso di lui, e lui sarebbe stato orgoglioso di Hitler. Detto questo si deve cessare ogni guerra ma per farlo la politica dovrebbe cercare di decidere e mediare».

 

 

 

Sembra che la Nato stia provando a fare proprio questo, perché stanno scegliendo di non imporre una No Fly Zone sull'Ucraina, non è così?

«La Nato è stata costruita con lo scopo di bloccare l'espansione dell'armata rossa. Ad oggi non l'ha fatto e non lo sta facendo e se fossero determinati a farlo, allora certamente il signor Putin dovrebbe pensare due volte se può continuare le sue attuali politiche. L'alleanza, purtroppo, è condotta in modo imperfetto ed è per questo che ci troviamo nella situazione in cui siamo ora».

Quindi lei riformerebbe questa alleanza?

«Si potrebbe rendere l'alleanza sempre più grande. Tutti nel mondo dovrebbero riconoscere ormai, in un'era nucleare e nella nuova era iperspaziale, che la guerra non è più praticabile come arma per ottenere qualcosa. Vede, le guerre sono tutte orribili e lo so di prima mano perché sono stato soldato e combattente. È un peccato che non abbiamo ancora raggiunto abbastanza intelligenza e sostegno pubblico per rendere illegale la guerra. Come disse il Presidente Eisenhower, non possiamo più usare la guerra per risolvere le nostre differenze».

Questo è un approccio piuttosto antimilitaristico, no?

«Certo che lo è, l'approccio militarista è omicidio. Omicidio di tantissime persone innocenti. Che diavolo di approccio è questo? E per secoli lo abbiamo glorificato ma oggi non possiamo più farlo, dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare, di come si affrontano le differenze di opinione, e non si può includere tra i propri strumenti il diritto di andare a uccidere. La gente muore in guerra, persone innocenti, lo vedete nelle immagini di oggi, madri che abbracciano i loro bimbi, non riescono a trovare un medico, devono nascondersi, muoiono perché non possono ricevere alcun aiuto. Che razza di civiltà è questa?».

Pensando a Norimberga. Come giudica l'Europa di allora e l'Europa di adesso?

«Norimberga è stato il tentativo di sostituire lo stato di diritto a posteriori per vedere se si potesse ritenere responsabili le persone e se questo potesse dissuaderle dal fare di nuovo le stesse cose. Questo era l'obiettivo. Ma non so se ha avuto successo. In una certa misura sì, abbiamo fatto dei progressi in certi modi, abbiamo una corte penale internazionale, che non abbiamo mai avuto prima. Insegniamo i diritti umani in tutte le università. Abbiamo una Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Abbiamo le Nazioni Unite, che funzionano, non bene, ma a volte funzionano. Così abbiamo cominciato a costruire gli strumenti necessari per un ordine razionale e umano. Abbiamo ancora molta strada da fare. E abbiamo dimenticato che lo scopo di tutti i governi è di assicurare che tutti i cittadini possano vivere in pace e dignità umana, indipendentemente dalla loro razza o dal loro credo o dalla loro nazionalità. Questo dovrebbe essere un obiettivo di ogni paese e di ogni persona. Ma ci vuole un cambiamento di cuore e di mente, ci vuole più impegno nelle scuole, e nelle chiese, nelle sinagoghe, per farlo accettare in generale. Non ci siamo ancora arrivati, speriamo di arrivarci prima di decidere di uccidere tutti». 

 

 

 

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