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Antonio Socci, l'unico identikit di Cristo: perché il vero volto di Gesù coincide con la Sindone

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La domenica in Albis per la Chiesa è la festa della Divina Misericordia, istituita nel 2000 da Giovanni Paolo II e papa Francesco la celebra per la prima volta con una Messa pubblica nella Basilica di San Pietro. Anche negli ultimi due anni lo ha fatto, ma a causa del Covid, in forma privata nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia. La misericordia è il tema che ama: fondamento del suo pontificato. Nel 2016 il Pontefice ha indetto addirittura un Giubileo dedicato alla misericordia. Ma, a spiegare questa solenne celebrazione, c'è anche il momento storico che viviamo col divampare di una guerra che rischia di diventare un conflitto mondiale che porta alla distruzione totale dell'umanità.

La messa del Papa in San Pietro per invocare la Divina Misericordia è un altro momento - come la Consacrazione della Russia e dell'Ucraina - con cui il Vicario di Cristo sta innalzando una barriera di preghiere (il katéchon di San Paolo) per fermare il dilagare nel mondo dell'odio fratricida e della guerra. È una "diplomazia soprannaturale" a cui il Papa ricorre, deluso da quella mondana. «L'umanità non troverà pace finché non si rivolgerà con fiducia alla mia Misericordia». Sono le parole di Gesù trascritte da suor Faustina Kowalska, che è all'origine di questa festa.

 

 

LA MISTICA - La sua storia ci porta proprio a ridosso delle terre oggi in guerra: a Cracovia, in Polonia, e a Vilnius, capitale della Lituania che faceva parte dell'Urss. Questa umile suora polacca morì a 33 anni a Cracovia nel 1938: si chiamava Helena Kowalska e prese il nome di suor Faustina. Il giovane Wojtyla, operaio alla Solvay, si fermava ogni giorno a pregare nel convento dove lei aveva vissuto fino a pochi mesi prima e lì conobbe gli eccezionali doni mistici della religiosa. Fu poi lui, da vescovo, che fece conoscere il suo straordinario Diario. Infine fu lui, da papa, a beatificarla nel 1993 e poi a canonizzarla nel 2000. Al centro delle apparizioni di Gesù a suor Faustina c'è l'infinita compassione di Dio per tutti gli uomini (papa Wojtyla dedicò una delle sue prime encicliche proprio a questo tema: la Dives in Misericordia). Nel Diario di suor Faustina, alla data 22 febbraio 1931, si legge che Gesù gli apparve «vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire, mentre l'altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l'uno e l'altro pallido».

Quello bianco è come l'acqua che lava le anime e il raggio rosso «rappresenta il sangue che è la vita delle anime. Entrambi i raggi» dice Gesù alla suora «uscirono dall'intimo della mia misericordia, quando il mio cuore agonizzante venne aperto con la lancia sulla croce». Poi suor Faustina annota: «Gesù mi disse: "Dipingi un'immagine seguendo ciò che vedi e sotto scrivici: 'Gesù confido in Te!' Desidero che quest' immagine venga venerata nel mondo intero"». Prometteva un fiume di misericordia a chi si fosse affidato a lui: «Voglio che l'immagine che dipingerai venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la Festa della Misericordia».

Santa Faustina riporta ancora queste parole di Gesù: «Desidero che la Festa della misericordia sia di riparo e di rifugio per tutte le anime e specialmente per i poveri peccatori. In quel giorno sono aperte le viscere della mia misericordia, riverserò tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della mia misericordia. L'anima che si accosta alla confessione ed alla santa Comunione, riceve il perdono totale delle colpe e delle pene».

 

 

All'inizio del 1934 fu don Michal Sopocko, confessore della suora, a trovare a Vilnius un pittore disposto a dipingere quel ritratto sotto le indicazioni di suor Faustina: era un vicino di casa del sacerdote, Eugenio Kazimirowki. In fondo usarono la tecnica con cui si fanno gli identikit. Ora a Vilnius esiste l'unico vero identikit del volto di Cristo. A dire il vero, alla fine del lavoro del pittore, suor Faustina fu presa da sconforto, andò in Chiesa e scoppiò a piangere perché quel ritratto non le sembrava paragonabile alla bellezza di Gesù, ma lui la confortò: «Non nei colori o nel pennello sta la bellezza di questa immagine, ma nella mia grazia».

Del resto, recentemente, l'arcivescovo di Vilnius, monsignor Gintaras Linas Gruas, ha affermato che - adeguando le misure del dipinto al telo sindonico - «questo Volto è perfettamente sovrapponibile al Volto della Sindone. Abbiamo fatto alcuni esperimenti che confermano questo fatto» (sebbene il volto del lino di Torino sia tumefatto e devastato dalle torture). Arrivato il regime comunista, nel 1948, la chiesa che esponeva l'immagine fu chiusa e il quadro nascosto. Nel 1956 tornò esposto in un'altra chiesa di Nowa Ruda che però nel 1970 fu trasformata in magazzino dal regime. Finché, nel 1982, il dipinto venne esposto alla pubblica venerazione a Vilnius.

IL MESSAGGIO - Ora è a un passo dalla guerra, dove domina del male, e continua a trasmettere a tutti l'appello al pentimento di Gesù riportato da suor Faustina: «Il peccatore non tema di avvicinarsi a Me. Anche se l'anima fosse come un cadavere in piena putrefazione, se umanamente non ci fosse più rimedio, non è così davanti a Dio. Le fiamme della misericordia mi consumano, desidero effonderla sulle anime degli uomini. Io sono tutto amore e misericordia. Un'anima che ha fiducia in Me è felice, perché Io stesso mi prendo cura di lei. Nessun peccatore, fosse pure un abisso di abiezione, mai esaurirà la mia misericordia, poiché più vi si attinge più aumenta. Figlia mia, non cessare di annunziare la mia misericordia, facendo questo darai refrigerio al mio Cuore consumato da fiamme di compassione per i peccatori. Quanto dolorosamente mi ferisce la mancanza di fiducia nella mia bontà! Anche se i suoi peccati fossero neri come la notte, rivolgendosi alla mia misericordia, il peccatore mi glorifica e onora la mia Passione. Nell'ora della sua morte Io lo difenderò come la stessa mia gloria. Se non credete alle Mie parole, credete almeno alle Mie piaghe!».

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