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Vittorio Torrambolini, l'italiano al Forum di Putin: "Costretti a nasconderci, ma...". Parole sconvolgenti

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San Pietroburgo, nonostante la guerra, è tornata a ospitare il Forum economico internazionale (SPIEF). “Nuove opportunità in un nuovo mondo”, è lo slogan della 25esima edizione. Anche se il Cremlino si muove come se niente fosse è innegabile che dopo l’invasione dell’Ucraina, le sanzioni occidentali e l’addio di molte multinazionali dalla Federazione, l’atmosfera è cambiata. Se prima lo Spief era una sorta di Davos russa a cui accorrevano leader come Angela Merkel o Emmanuel Macron, quest'anno alcuni degli ospiti hanno addirittura cercato di mantenere nascosta la loro partecipazione: c'è chi ha chiesto di non essere identificato con i badge delle aziende per cui lavora per evitare di diventare bersaglio delle sanzioni e c'è chi ha pagato la quota di partecipazione (16.600 dollari) attraverso degli intermediari per non lasciare traccia. Eppure c’è chi al forum proprio non ha voluto rinunciare. 

 

 

Vittorio Torrembolini, ad esempio. A Rita Querzè del Corriere spiega che allo Spief lui ci va tutti gli anni: è un imprenditore che fa affari con la Russia dal 1989. Oggi ha una società di consulenza e guida Gim-Unimpresa, associazione che rappresenta 150 aziende italiane operative nella terra di Putin. "Quest'anno però ho preferito essere allo Spief in via non ufficiale, da osservatore", puntualizza Torrembolini spiegando che fino al 24 febbraio, data dell'invasione russa in Ucraina, è cambiato tutti: fino a quel giorno "noi imprenditori attivi in Russia eravamo eroi, gente che allargava le frontiere del business anche a vantaggio del nostro Paese. Ora siamo costretti a nasconderci".

 

 

Torrembolini è schietto: "Qui non sono le autorità russe a crearci problemi, gli ostacoli ci vengono messi direttamente dall'Europa, e in particolare da noi italiani". Del resto, fa notare, i primi ad avere interesse a che le filiali delle nostre aziende in Russia continuino a produrre sono proprio i russi. Sarebbero posti di lavoro persi". I problemi più grandi sono quelli legati all'arrivo di materie prime e alla partenza dei lavori finiti che sta diventando sempre più caro (+20%), oltre che ovviamente le transazioni bancarie. L'imprenditore rivela che una settimana fa molti suoi colleghi si sono trovati i conti bloccati, le carte di credito che non funzionavano più. "Poi è intervenuta l'ambasciata, adesso la situazione è tornata alla normalità. D'altra parte è comprensibile: l'Italia ha fatto la stessa cosa con molti russi nel nostro Paese".

 

 

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