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David Parenzo, insulti agli Alpini: "Decine di maschi allupati". Ora che fa?

Gianluca Veneziani
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Ma allora, cosa state aspettando a pronunciare quelle sette letterine magiche, "Scusate"? Non vi abbiamo ancora sentito proferirle, forse le avrete dette in silenzio o in privato, non certo in pubblico, come invece avete fatto con un certo compiacimento quando si trattava di parlare per attaccare i "mostri" di turno, gli Alpini. Si dà il caso che ieri per i presunti molestatori seriali e di gruppo, per i tanto bersagliati interpreti di una Rimini in versione bavosa e violenta, la Procura della città romagnola ha chiesto l'archiviazione in merito alla denuncia a loro carico per molestie durante l'adunata nazionale dello scorso maggio.

 

 

Già il fatto che ci fosse stata una denuncia, una sola, era apparso piuttosto strano, se si considera che le segnalazioni, mediatiche e ufficiose, di molestie, palpeggiamenti, apprezzamenti volgari e insulti sessisti all'associazione femminista "Non una di meno" erano state circa cinquecento. Un'unica denuncia giudiziaria a fronte di decine di denunce informali faceva sentire puzza di bruciato, cioè di racconto gonfiato a uso e consumo dello sdegno politicamente corretto e della gogna per le Penne Nere... Nondimeno ciò era stato sufficiente per gli Indignati di professione e a senso unico, politici e commentatori di simpatie rosa e rosse, donne ma pure maschi, per scatenarsi coi loro commenti feroci, per "molestare" verbalmente gli Alpini e i maschi tutti, parlando a proposito delle loro violenze - tutte non accertate, e quasi tutte non denunciate, e quindi inesistenti, almeno a livello giudiziario - di sfogo di istinti beceri, di sessismo e soprusi schifosi, di manifestazioni della cultura dello stupro.

CULTURA DELLO STUPRO
Tra gli altri, si era distinta la filosofa femminista Michela Marzano che su Repubblica aveva vergato il suo affondo: «Non si tratta affatto di goliardate. (...) Tanto più che non si è trattato affatto di casi isolati, di pochi maschi che avevano forse bevuto troppo e che si sono lasciati andare a volgarità e gesti inopportuni», in quanto «ci si trova di fronte a un fenomeno ben più generale, uno dei peggiori retaggi del vecchio patriarcato. Il vero problema è quella intollerabile cultura dello stupro che ancora persiste nel nostro Paese». Non casi isolati, ma molestie diffuse e numerose, eh? Sì, al punto che il pm non è riuscito a identificare un solo autore di quelle presunte violenze... Anche la dem Laura Boldrini, senza carte e prove in mano, aveva già emesso la sua condanna: È «gravissimo», aveva sentenziato, che «centinaia di donne denuncino molestie di vario genere». Ed è «inaccettabile che incontri di uomini diventino occasione per dare sfogo a violenza e istinti più beceri».

Si era sbilanciata ancora di più la collega di partito Barbara Pollastrini che aveva mostrato «ammirazione per le donne che hanno denunciato» (ma a denunciare era stata solo una...) perché così «si è alzato il sipario sulle molestie durante il raduno degli Alpini» e sulla cultura sessista: passano «i secoli», ma «resta la logica di sopraffazione sulle donne». Non poteva mancare neanche la lezioncina della maestra buonista Alessandra Moretti, eurodeputata dem: «Le oltre cento denunce non vanno derubricate con il solito "raptus" del maschio. Non esiste alcun "richiamo della foresta" che possa giustificare una manata sul sedere o una frase imbarazzante». Quanto ai predicozzi, avevano celebrato la loro messa cantata contro l'Alpino bruto pure due esperte in moralismi come Selvaggia Lucarelli e Concita De Gregorio.

 

 

La prima aveva parlato (su quale base?) di un metodo collaudato di molestie: «Non tutti gli alpini sono dei molestatori, ma in tutti i raduni degli alpini c'è sempre stato uno schema preciso e identico negli anni e nelle varie città, in cui gli accadimenti erano questi: il branco, l'abuso di alcol, la ricerca della preda, anche minorenne, catcalling da parte di giovani e anziani, palpate su seno e sedere in mezzo alla folla, frequenti accerchiamenti, ragazze prese di peso, sollevate e portate su carretti e camioncini su cui venivano apostrofate, toccate, molestate». Quindi la giornalista aveva alluso a una colpevolezza di gruppo: «Non tutti gli alpini partecipavano al banchetto, ma la solita storiella delle mele marce è una grossa bugia. Le mele, nel migliore dei casi, sapevano». Per la De Gregorio invece la vicenda Apini era la conferma che il maschio, se insieme ad altri maschi, è da temere in quanto tale: «Se camminando per strada vedo un gruppo di uomini con una birra in mano, davanti a un pub, o nei pressi dello stadio: attraverso, cambio marciapiede. Istintivamente, proprio», scriveva.

+MASCHI INDIGNATI
Ma non erano solo donne prevenute ideologicamente, per partito e genere, a pronunciare la condanna anticipata. Ci si erano messi tanti maschietti, politici d'area (rossa), e commentatori à la page. Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana, aveva tuonato: «Quello che è avvenuto al raduno degli Alpini a Rimini è schifoso, non può rimanere impunito. (...) Gli autori delle molestie al raduno degli alpini non se la possono cavare». David Parenzo, con sicumera snob, aveva garantito che al raduno di Rimini c'erano «decine e decine di maschi allupati che circondavano ragazze». E ancora, Marco Travaglio aveva notato con doti da preveggente: «Anch' io sono un ex alpino, ma credo che molte di quelle denunce siano purtroppo fondate».

Ahi ahi, stavolta i pm lo hanno smentito... Né era mancata la sanzione istituzionale, sebbene ammorbidita, del ministro della Difesa Lorenzo Guerini: «È sbagliato fare generalizzazioni, ma non ci deve essere nessuna tolleranza: le molestie e le violenze vanno condannate senza esitazione». Non era meglio accertarsi che quelle molestie ci fossero prima di parlare? E comunque, da quanti hanno espresso pensieri contro le violenze ora sarebbe giusto aspettarsi solo una frase: "Perdonateci, abbiamo sbagliato". Ma non lo faranno: è tipico di una certa "cultura" accusare senza prove e poi non pentirsi né chiedere scusa.

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