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Elezioni 2022, Usa e Biden sotto accusa: "Pronti a tutto per fermare la destra"

Salvatore Dama
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Se si ribalta la questione e la si disconnette dalla polemica politica, il dossier americano sui finanziamenti di Mosca ai partiti offre anche un'altra chiave di lettura. Perché l'intelligence statunitense diffonde proprio ora queste informazioni, oltretutto parziali e non circostanziate. Ok, d'accordo, i cattivi sono quelli di Mosca, che provano a influenzare l'opinione pubblica occidentale comprando l'amicizia dei politici a suon di rubli. Ma quella americana non è anch' essa un'ingerenza? Che, in Italia, arriva oltretutto a pochi giorni dal voto.

 

Il tema si fa strada. E non solo a destra, parte politica sospettata di aver trafficato con Vladimir Putin. Anche a sinistra, in quella sinistra che tradizionalmente non ama gli Stati Uniti, si insinua il dubbio dell'hamburger avvelenato.

L'argomento rimbalza sui social network, e fa discutere Twitter tutto il giorno. E se n'è parlato anche l'altra sera a Otto e mezzo, su La7, quando Lilli Gruber ha avuto come ospiti il filosofo Massimo Cacciari e l'ex premier Mario Monti. A introdurre il dubbio che la manina americana abbia calcolato scientificamente i tempi di diffusione (parziale) del dossier è stato proprio Cacciari: quello che è successo, secondo l'ex sindaco di Venezia, «era prevedibile», perché siamo «in una situazione di guerra» e non si guarda in faccia a nessuno.

«Gli Stati Uniti temono un'affermazione della destra e temono che questa destra non sia così affidabile all'interno dell'alleanza atlantica», nonostante le rassicurazioni giunte da Giorgia Meloni in primis. Per cui, ragiona il filosofo, «gli americani faranno di tutto per evitare una loro affermazione elettorale. E questa non è una novità», aggiunge Massimo Cacciari, alludendo a precedenti casi di ingerenze di Washington sulla politica italiana.

 

La Gruber, a questo punto, chiede a Monti, l'altro ospite, se in effetti gli americani abbiano avuto «poca prudenza» nell'intervenire in scivolata nella nostra campagna elettorale. E il professore conferma: «Se ci fossi io a Palazzo Chigi chiederei agli americani se abbiano elementi concreti da trasmettere». Le notizie trapelate e raccolte dal giornale americano Washington Post «non sono una fuga di notizie, la fonte è il Dipartimento di Stato. Io farei notare agli americani che un'uscita di questo genere può configurarsi come un'influenza. Magari chiamiamola anche non voluta, se vogliamo essere ingenui». Una forma di intromissione sul voto italiano. Anche tra chi ha lavorato in passato nei Servizi di intelligence, si sta facendo largo l'ipotesi di una manina che a pochi giorni dal voto in Italia cerca di condizionare l'opinione pubblica del nostro Paese.

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