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Rampini, la dritta a Giorgia Meloni: "Segua l'esempio polacco"

Federico Rampini

Mirko Molteni
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Il giornalista esperto di geopolitica Federico Rampini è tornato in libreria con due nuovi lavori. In Suicidio occidentale (Mondadori, 252 pagine, 19 euro), invita a rigettare l'assurda demolizione della nostra memoria storica sulla base di un "politically correct" che porta a distruggere monumenti e censurare opere culturali applicando al passato categorie post-moderne. Con America. Viaggio alla riscoperta di un Paese (Solferino, 288 pagine, 18 euro), va oltre gli stereotipi diffusi in Europa per raccontare i mille volti e le mille contraddizioni dell'America di oggi, toccati con mano dall'autore, che da anni vive negli States. Proprio dal ruolo egemone degli Stati Uniti, prende le mosse la lunga intervista che Rampini ci ha concesso, partendo dai commenti di Washington sulla recente vittoria elettorale del centrodestra italiano, per allargare poi lo sguardo sulla scacchiera globale.

Il segretario di Stato USA Blinken dice che l'Italia è una democrazia forte, ma il presidente Biden ha paura della vittoria del centrodestra. L'America si fida di noi?
«Biden parlava ad una riunione del suo partito nell'ambito della campagna elettorale per le elezioni legislative dell'8 novembre. Ha usato l'Italia solo per ammonire i suoi che una vittoria della destra è possibile anche in America. Il suo segretario di Stato invece parlava di rapporti tra Stati e tra governi. L'America continuerà a fidarsi di noi se teniamo fede agli impegni presi in sede Nato e non scivoliamo dalla parte di Putin».

Che idea hanno negli Stati Uniti della Meloni, che due anni fa era andata al congresso dei repubblicani e adesso sta sostenendo, fin dal principio, l'Ucraina?
«L'Amministrazione Biden ha rapporti eccellenti con due governi di destra in Europa, quello conservatore di Londra e quello ultraconservatore di Varsavia. La Polonia è considerata, tra i membri dell'Unione europea, il paese che ha capito meglio la minaccia dell'espansionismo russo e ne trae le conseguenze in termini di aiuti all'Ucraina e di aumento delle proprie spese per la difesa. Se la Meloni segue l'esempio polacco l'idea che gli americani hanno di lei non può che migliorare».

La Polonia ha leggi sui diritti peggio di quelle dell'Ungheria. Come mai gli Stati Uniti vanno d'accordo con Varsavia e non con Budapest?
«Perché Varsavia è generosa di sostegno all'Ucraina più di ogni altro paese europeo, e perché spende già oggi più del 2% del suo Pil per difendersi dal pericolo russo. Il caso di Orban è del tutto diverso perché lui ha avuto continui cedimenti verso Putin, ivi compreso sulle sanzioni. In quanto alle leggi sull'aborto, in Texas e in Florida abbiamo situazioni più simili alla Polonia che alla California».

Come mai l'Europa ha trovato unità sulla guerra e non sulle sue conseguenze economiche?
«Sulla guerra ha trovato unità solo grazie alla regìa americana. Se gli europei fossero stati abbandonati ai loro impulsi istintivi le truppe di Putin sarebbero già a Berlino. Sulle conseguenze economiche ognuno cerca di proteggersi come può. Anche perché gli appelli italiani alla solidarietà sono male accolti. Roma accusa olandesi e norvegesi di lucrare sul caro-gas, ma cosa aspetta a estrarre dall'Adriatico il suo, di gas? Perché l'Estonia ha già varato un suo rigassificatore in tempi record, e la Germania ha acquistato cinque navi rigassificatrici, mentre a Piombino siamo ancora fermi?».

Ma gli Stati Uniti riusciranno a mantenere l'egemonia mondiale?
«Nel lungo periodo io penso che il baricentro della storia sia destinato inevitabilmente a tornare in Asia. Cioè dove si trovava mezzo millennio fa, quando Cina e India erano le nazioni più ricche e avanzate. Ma un conto è il lungo periodo, altro è ragionare su questo decennio e sul prossimo. La Cina ha un sistema politico inadatto a esercitare il soft power, l'egemonia sul piano delle idee e dei valori. Il modello cinese avanza a grandi passi nei paesi meno sviluppati ma incontra resistenze crescenti in Occidente».

Quanto corriamo il rischio di guerra atomica e di un nuovo conflitto mondiale?
«Putin lo agita ogni giorno, per terrorizzarci e metterci in ginocchio. L'esercizio più delicato in questo momento - che impegna governi, vertici militari, intelligence - è capire quanto il suo sia un bluff, e quali sono i metodi migliori per contrastarlo. A me colpisce un dettaglio importante, però: di fronte a un autocrate che minaccia di usare l'arma nucleare, dove sono finiti i sedicenti pacifisti italiani? Sanno manifestare solo contro la Nato?».

Gli USA sono preoccupati dal saldarsi dei rapporti fra Russia e Cina. Ora puntano a indebolire Mosca, ma una volta fatto ciò, andranno contro Pechino?
«L'analisi va rovesciata. L'alleanza fra Russia e Cina si è consolidata almeno dal 2007 ad oggi, perché quei due imperi coloniali hanno in comune la certezza della decadenza dell'Occidente, e condividono la stessa aspirazione di accelerare la nostra caduta finale. Abbiamo ignorato questa realtà a nostro rischio e pericolo, anche se Putin e Xi Jinping dichiaravano queste cose nei loro discorsi ufficiali».

È plausibile che con Trump alla Casa Bianca la guerra russo-ucraina non sarebbe scoppiata?
«Non si può escludere. Da un lato Trump era disposto a concedere più spazio di manovra a Putin. Dall'altro sarebbe stato capace di minacciare lui per primo l'uso della bomba atomica. In quel caso i nostri sedicenti pacifisti avrebbero invaso tutte le piazze d'Italia».

Abbiamo visto un Biden debolissimo. È stato scelto proprio perchè debole e quindi garantisce certi assetti di potere?
«Fu scelto nel 2020 perché è sempre stato un moderato e non c'erano altri candidati in grado di tenere unite le tante anime del partito democratico. Ha portato a casa dei risultati non disprezzabili. Il suo Green New Deal, ribattezzato per farlo sembrare una manovra anti-inflazione, zitto zitto oltre a finanziare le fonti rinnovabili rilancia anche l'estrazione di energie fossili. È un uomo anziano, non brilla per la sua forma, però ha conservato l'istinto pragmatico. Detto questo, prevedo che il suo partito perderà seggi a novembre e che lui sarà un presidente di un solo mandato».

Cosa succederà in Cina all'imminente congresso del PCC di ottobre?
«Non prevedo sorprese. Terzo mandato a Xi Jinping. Imperatore a vita. Poi però dovrà vedersela con un'economia che rallenta paurosamente. Il Fondo monetario prevede che il Pil cinese crescerà solo del 2,8% contro un obiettivo del regime che è il 5,5% e dopo decenni in cui cresceva a due cifre. Passato il trionfo, per Xi si presenta un periodo in cui avrà forti venti contrari».

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