Cerca
Cerca
+

Scarpinato, il pm fallito che inventa le stragi meloniane

Filippo Facci
  • a
  • a
  • a

La grana del cervello di Roberto Scarpinato era piuttosto nota, ergo a essere responsabile di tutto il tempo che fa perdere è solo chi ha permesso che sedesse in un tempio sacrale come il Senato dopo che lui, per una vita, aveva giudicato sacrale ogni suo atto da magistrato. Noi navigati della giudiziaria ci siamo pure abituati alle fumisterie dietrologiche di questo neoprodotto senile del grillismo: ma Giorgia Meloni magari no, quindi potrebbe anche essersi invero stupita, ieri, quando si è sentita additare come una che ha «eletto a figure di riferimento alcuni personaggi che sono stati protagonisti del neofascismo e tra i più strenui nemici della nostra Costituzione», con menzione per Pino Rauti che fondò Ordine Nuovo (1965) e relative azioni incubatrici di «idee messe in opera nella strategia della tensione», già sanzionate con «sentenze definitive» su stragi hanno «insanguinato il nostro Paese» eccetera. Insomma, una requisitoria come tante delle sue, con citazioni dei soliti Franco Freda, Giovanni Ventura, Carlo Digilio, Carlo Maria Maggi e altra gente morta.

Tralasciamo la citazione del defunto generale Gianadelio Maletti (a cui in Senato, in aprile, dedicò un convegno: scandalo) perché mettersi a seguire Scarpinato nei suoi percorsi porta alla labirintite. Registriamo per mera cronaca che il presidente del Consiglio ha reagito così: «Un approccio così smaccatamente ideologico mi stupisce fino a un certo punto, perché l'effetto transfert che Lei ha fatto tra neofascismo, stragi e sostenitori del presidenzialismo, è emblematico del teorema di una parte della magistratura che è partito dal depistaggio e dal primo giudizio sulla strage di via d'Amelio. È tutto quello che ho da dire».

DIETROLOGIA
Ed è pure troppo, per Roberto Maria Ferdinando Scarpinato da Caltanissetta: un archetipo della toga della Trinacria più pura e dietrologica, malfidente, dietrologica, storicizzante e adesso-ti-spiego, un personaggio inquietante non solo per le sue barbe e le sembianze mefistofeliche. Tutti a ricordarlo come ex fallimentare accusatore del fallimentare processo Andreotti (processualmente parlando) ma nessuno che sappia o ricordi che ora siede in Senato, appunto tempio della democrazia: e però da antimafioso professionista, nel 2003, fu autore di teorizzazioni arditissime e spiegò che alla democrazia, tutto sommato, si potrebbe anche rinunciare: «Bisogna sospendere autoritativamente la democrazia elettiva aritmetica al fine di salvare la democrazia sostanziale... Nella nuova Costituzione europea bisogna pure porre il problema degli interventi politici e istituzionali, compreso, come estrema ratio, il commissariamento europeo nei confronti degli Stati membri i cui vertici dovessero risultare in collegamento con la criminalità organizzata». Lo scrisse su Micromega.

Poi si meritò un procedimento disciplinare del Csm (sappiamo come finiscono) per una frase pronunciata proprio durante una commemorazione per la strage di via D'Amelio nel 2010: «Stringe il cuore a vedere talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra la negazione dei valori di giustizia e legalità per i quali tu ti sei fatto uccidere». Una frase come tante sue, ripetiamo, pronunciata da un personaggio che andrebbe raccontato: se ce ne fregasse sinceramente qualcosa. Ma, parlando in fin dei conti di una fiducia al Senato, non è chiaro quanto importi, ora, ricostruire le elaborazioni tra le più incredibili da lui sviluppate. Indimenticabile l'inchiesta «Sistemi criminali» in cui giunse a ipotizzare che tra il '91 ed il '93 Cosa Nostra avrebbe progettato di dividere il Meridione dal resto d'Italia grazie all'appoggio della massoneria deviata e dell'estrema destra, questo dopo essersi accordata in qualche modo con le leghe del Nord e prima di trovare un nuovo referente, alla fine del 1993, in Forza Italia. L'inchiesta - che strano - è stata archiviata. E ci sarebbe un sacco di altra roba da dire su Scarpinato. Ma è finita la voglia. È finito lo spazio. È finito il tempo: il suo.

Dai blog