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Alessandra Ghisleri: "Cosa si aspettano gli italiani dalla Meloni"

Pietro Senaldi
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«Le rilevazioni demoscopiche sono ambivalenti rispetto al governo. Gli italiani si fidano ancora molto di Giorgia Meloni, totalmente quelli di centrodestra, in parte minore ma non banale quelli di sinistra; tuttavia, non registriamo un aumento impetuoso di consensi per Fratelli d’Italia. Oggi i cittadini sono alla finestra, vogliono comprendere quali effetti concreti la finanziaria produrrà nelle loro tasche. Il sentimento che prevale è ancora la preoccupazione di non riuscire a pagare conti e bollette, la medesima inquietudine che ha accompagnato la campagna elettorale estiva. Come è cambiato in un anno il panorama... Esattamente 12 mesi fa i timori della gente erano concentrati principalmente sulla pandemia».

Nostra signora dei sondaggi, nel commentare con Libero le tabelle presentate nell’ultima puntata di Porta a Porta, lancia un importante alert alla presidente del Consiglio, che «gode ancora di una buona immagine di coerenza, onestà e pulizia, ma è la prima a sapere di aver ereditato una situazione molto complicata ed è consapevole che la congiuntura e i timori degli italiani la impegnano a rendere conto di tutto, ad aprire un canale diretto con gli italiani». A non convincere, secondo i dati in possesso di Alessandra Ghisleri, è la manovra. «Tutti sanno che questa finanziaria è un po’ draghiana, perché si è dovuto farla in fretta e furia e le difficoltà economiche del momento non vengono ancora addebitate alla Meloni, che si è insediata meno di due mesi fa» spiega la fondatrice di Euromedia Research, «ma il tempo scorre rapido e, più passa, più gli italiani si aspettano una soluzione. A febbraio, quando si avranno le prime ricadute dirette della manovra, qualcuno potrebbe iniziare a dare segnali d’insofferenza».

Scosse che potrebbero avvenire anche all’interno della maggioranza di governo, «dove, ad esempio, il 37% degli elettori leghisti non promuove la finanziaria e si sarebbe aspettato sicuramente di più in tema di pensioni e partite Iva, mentre il 38% degli elettori azzurri si aspettava di più per quanto riguarda aiuti alle imprese e alle famiglie in tema di bollette». E il fatto che i forza-leghisti si attendessero più coraggio ha fatto scendere il gradimento della manovra dal 40,4% che aveva quando è stata presentata al 35,0% attuale. Anche questo affare del Qatargate poi, per quanto lo scandalo faccia godere l’elettorato del centrodestra, perché getta discredito sul Pd e ne sgonfia ogni pretesa di superiorità, svuotandone la capacità polemica, non è una buona notizia. «Gli scandali della politica rendono scettico l’elettorato su tutto il sistema» commenta la Ghisleri, «e per la Meloni è altro filo da tessere». Anche se, quando la situazione sarà più chiara, la leader di Fratelli d’Italia si troverà avversari fiaccati e maggiori frecce al suo arco, al momento di impostare una nuova politica europea, interna e a Bruxelles.

 

 

 

Fin qui il lato oscuro della medaglia, dottoressa Ghisleri. Quanto alle note dolci?

«Il giudizio degli italiani sulla leader è positivo. Il gradimento della Meloni è al 47,7%. La approva perfino il 14,7% dell’elettorato dem. Per la leader di un governo così politico, e considerato che oltre un terzo degli elettori non si ritiene rappresentato da nessuno, non è affatto male».

Come fa la Meloni a prolungare il feeling con l’elettorato?

«Quello che paga è l’atteggiamento che l’ha portata fino a qui. Gli italiani hanno molte aspettative su di lei, imprenditori e consumatori stanno ancora aspettando, ma il tempo non gioca a favore. Tutti, ovviamente, si attendono il massimo. La sua coerenza la deve accompagnare sempre nel portare avanti i progetti, anche contro il sentire comune e le sicure critiche. Non deve farsi intimorire dalle difficoltà politiche e congiunturali».

Almeno questi primi mesi sono serviti a spazzare via la cosiddetta pregiudiziale antifascista… 

«Quello era un cavallo elettorale della sinistra, una narrazione di parte per sottolineare le differenze politiche. Gli italiani non avevano alcuna paura di rigurgiti neofascisti, alcuni temevano solo l’avvio di politiche troppo differenti dalla propria sensibilità».

Mentre adesso?

«Chi ha votato per il centrodestra si aspetta un’evoluzione della politica verso l’applicazione di quanto gli è stato promesso. E in parte al momento è scontento».

Due terzi della manovra sono in aiuti a famiglie e imprese sulle bollette: il messaggio non è arrivato?

«Le bollette hanno colpito in maniera estremamente differente, e solo una parte della popolazione. Ognuno aspetta di vedere quanto l’aiuto sarà concreto per le proprie tasche. Tra gli aumenti del gas, delle materie prime, della benzina e del gasolio, gli italiani non hanno capito bene chi ci guadagnerà e chi no e hanno la sensazione che lo sforzo economico del governo si sia disperso in piccoli rivoli e le attenzioni siano ricadute su temi piuttosto marginali come il contante e i rave».

Il centrodestra però sale nei sondaggi: come mai?

«Nei nostri dati FdI è tra il 28,0% e il 29,0%. La Lega risente molto dell’attualità stretta e delle dichiarazioni del suo leader. Di settimana in settimana - con lievi oscillazioni - il Carroccio aumenta e diminuisce i propri consensi a seconda delle esternazioni di Salvini come ministro e come capo di partito. Quanto a Forza Italia, è in recupero dopo le fibrillazioni legate alla formazione del governo, che l’aveva fatta scendere. Il centrodestra unito è al 46,7%,ma questo è dovuto anche al forte calo della sinistra, in particolare del Pd e di Sinistra Italiana e Verdi, dopo gli scandali dell’Europarlamento e del caso Soumahoro».

FdI e il resto della maggioranza non dovrebbero decollare sulla scia degli euroscandali che travolgono la sinistra?

«Come primo impatto del Qatargate sull’opinione pubblica in realtà abbiamo registrato un discredito generalizzato su tutto il sistema politico, soprattutto sull’Europarlamento, anche se oggi la sinistra ne paga il prezzo maggiore. Un italiano su tre, alla domanda su che cosa pensa del Qatargate, risponde che la lezione che se ne trae è che tutta la politica è marcia, mentre uno solo su dieci va subito diretto contro la sinistra».

Forse la Meloni non se ne è avvantaggiata perché ha deciso di non strumentalizzare l’inchiesta a fini di consenso…

«Una buona scelta, perché come premier deve difendere la posizione dell’Italia rispetto all’Europa, dove il malaffare è stato ribattezzato “italian job”. Non è puntando il dito contro la sinistra che se ne può uscire. E poi, in una situazione così delicata, è doveroso prendere tempo prima di muoversi, per non rischiare possibili autogol. Il 70% degli italiani è convinto che quanto emerso finora sia solo la punta dell’iceberg, e, chissà, forse lo pensa anche la premier».

 

 

 

Lo scandalo non può trasformarsi per la Meloni nell’occasione per rivendicare la propria visione dell’Europa, visto che il caso Panzeri scredita la narrazione che la sinistra ha sempre fatto di Bruxelles?

«Lo scandalo ha danneggiato molto anche l’immagine delle Ong, assecondando la narrazione del centrodestra. Oggi, dopo quanto accaduto, queste organizzazioni vengono sempre più percepite come uno strumento di business della politica piuttosto che come enti umanitari. Un quinto degli italiani le identifica come il baricentro di affarismo e ipocrisia. Tuttavia, il discredito che lo scandalo ha gettato sulle istituzioni danneggia anche la nostra maggioranza, perché spinge gli italiani su posizioni nichiliste e complottiste, che fanno sempre male a chi ha l’onere del governo».

In che modo?

«Le persone cominciano a pensare che, se non metti il tetto al gas, ti comporti così per interessi di bottega, non perché è impossibile altrimenti; oppure si convince che, se non togli le commissioni sulla moneta elettronica, vuol dire che intendi continuare a fare favori alle banche e non ti crede quando dici che non lo fai perché sarebbe anticostituzionale. Quando si avanza il dubbio sull’onestà delle istituzioni, ogni cosa finisce nel tritacarne». 

Mi faccia capire: lo scandalo scoppia a sinistra e il conto lo paga il centrodestra?

«Il conto lo paga tutto il sistema. In termini di consenso partitico, la sinistra lo paga più salato, ma in termini di agibilità politica ne risulta danneggiato maggiormente il governo. Certo però che nel medio-lungo periodo, se ben gestito mediaticamente e politicamente, lo scandalo Panzeri può essere la leva sulla quale la Meloni può spingere per affermare il proprio progetto di una nuova Europa».

Il Pd continua a calare: ha margini di ripresa dopo gli scandali Soumahoro e Qatar?

«Il Pd risente delle circostanze, ed essendo in una fase di cambiamento e di passaggio del testimone, non ha ancora indicato una direzione, nuova o tradizionale che sia, che permetta un piano di risalita dei consensi».

Ma lo aiuterebbe andare più a sinistra con la Schlein o più al centro con Bonaccini?

«Sono profili distantissimi, benché Schlein e Bonaccini siano rispettivamente vicepresidente e presidente della medesima giunta regionale, ma il rischio per entrambi è non essere vincenti perché incapaci di fare sintesi tra le varie componenti».

La sintesi nel Pd è impossibile, la cercano da trent’anni…

«Non è impossibile. Ci riuscirono sia Renzi sia Prodi».

Esperienze intense ma brevi: come è possibile conciliare in maniera duratura l’anima Ds con quella della Margherita?

«Bersani non arrivò al 41% di Renzi ma al 25% sì. Il problema oggi per il Pd è non perdere la rappresentanza della sinistra dell’elettorato a beneficio dei grillini e quella più centro-moderata a favore della federazione tra Azione e Italia Viva. Il Pd è stato fondato nel 2007 sulla base del manifesto dei valori come risposta al centrodestra per costruire e consolidare un’unione tra tutto il popolo di sinistra. Oggi, viste le circostanze, la missione è molto a rischio».

Neppure Calenda e Renzi però decollano…

«Sono un partito in potenza che deve trasformare in energia cinetica la propria forza teorica e per farlo devi compiere delle azioni».

Dicono che vogliono fare i macronisti. Ma c’è quell’area in Italia?

«In Italia Macron non c’è, quindi per vincere è necessario raccontare la “macronizzazione” italiana».

Il centrodestra invece barcolla ma non molla?

«Il centrodestra ha questa ormai storica capacità di essere combattivo al proprio interno ma trovare sempre o quasi una sintesi politica nelle battaglie elettorali».

 

 

 

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