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Elly Schlein? La conferma che la sinistra è perdente per vocazione

Elly Schlein

Antonio Socci
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C’è una celebre battuta di Oscar Wilde: «Perdere un genitore è una disgrazia, perderli entrambi rasenta la sbadataggine». Si può dire che per il Pd perdere il potere è una sciagura, ma perdere addirittura se stesso (con questo esito delle primarie) è un’imperdonabile distrazione. Oltretutto è accaduto dopo una lunga serie di perdite (ed errori). I Dem di Enrico Letta, a luglio, hanno perso l’alleanza con il M5S, poi hanno perso anche quella con Carlo Calenda (Renzi lo avevano scartato a priori) e hanno finito con il perdere le elezioni politiche e il governo. Di conseguenza Letta ha perso la segreteria. Così il Pd – mentre perdeva per strada pure “l’Agenda Draghi” - ha perso il contatto con la realtà iniziando una fase congressuale lunga e cervellotica. Durante la quale c’è stata un’epidemia di perdite e perdenti. Gianni Cuperlo ha persoil trolley e il telefono, Elly Schlein ha perso lo zaino e il computer, Stefano Bonaccini ha perso le primarie. Nel frattempo il Pd ha perso le elezioni regionali (in Lombardia e perfino in Lazio) e alla fine ha perso se stesso quando ha fatto scegliere il nuovo segretario a votanti occasionali contro la scelta degli iscritti.

LA FUGA
Ora il Pd perde pure Beppe Fioroni ed è solo l’inizio: potrebbe perdere anche gli altri popolari-cattolici (che già da qualche mese sono in allarme) e i riformisti renziani. Fioroni dice che se ne va perché il Pd ha perso l’anima e la strada maestra, cioè la sua natura originaria di alleanza fra naufraghi del Pci e naufraghi della Sinistra dc. Del resto il Pd aveva già perso Matteo Renzi e Carlo Calenda. Però – va detto – ha ritrovato Bersani e Speranza, il gruppetto di sinistra che aveva perso in una precedente scissione. Ritrovarli è un affarone? Non sembra. Praticamente il Pd è stato assorbito da Articolo 1 che è un po’ come se una sardina avesse ingoiato una balena. Vocazione minoritaria. Vuoto a perdere. Perdere l’amore, cantava Massimo Ranieri: «E adesso andate via/ voglio restare solo,/ con la malinconia/ volare nel suo cielo…». La Sinistra – volendo – potrebbe anche affinare questa sua propensione a perdere. Farne un’arte.

Come quella che Elizabeth Bishop ha descritto in una sua splendida poesia: «L’arte di perdere non è difficile da imparare;/così tante cose sembrano pervase dall’intenzione/di essere perdute, che la loro perdita non è un disastro./ Perdi qualcosa ogni giorno. Accetta il turbamento/ delle chiavi perdute, dell’ora sprecata./ L’arte di perdere non è difficile da imparare./ Pratica lo smarrimento sempre più, perdi in fretta:/ luoghi, e nomi, e destinazioni verso cui volevi viaggiare./ Nessuna di queste cose causerà disastri./ Ho perduto l’orologio di mia madre./ E guarda! L’ultima, o la penultima, delle mie tre amate case./ L’arte di perdere non è difficile da imparare./ Ho perso due città, proprio graziose./ E, ancor di più, ho perso alcuni dei reami che possedevo, due fiumi, un continente./Mi mancano, ma non è stato un disastro./ Ho perso persino te (la voce scherzosa, un gesto che ho amato). Questa è la prova. È evidente,/l’arte di perdere non è difficile da imparare,/ benché possa sembrare un vero (scrivilo!) disastro». Restando al femminile – in omaggio alla nuova segretaria del Pd – c’è un’altra poetessa che ha cantato splendidamente la “perdita”: Blaga Dimitrova, un’intellettuale bulgara che – dopo il crollo del comunismo –è stata anche vicepresidente del suo Paese.

LA LIRICA
Ecco la sua lirica: «Non so se mi ero innamorata di te./ Mi innamorai però di altre cose, lo so:/ di una stanza scomoda rivolta a nord,/ di una teiera che crepitava di sera./ Degli alberi mi innamorai che toglievano spazio,/ dei solitari e soffocanti cinema di quartiere,/ dei dolorosi ricordi di prigione,/ di un muro ferito dalle bombe./ Delle fermate del tram, delle foglie ricoperte di brina,/ di una calda tasca con castagne bruciate,/ della pioggia scrosciante, del suono del telefono,/ perfino della nebbia fonda color cenere./Di tutto il mondo mi ero innamorata, non di te./ Lo scoprivo nuovo, interessante, ricco./ Per questo soffro…Non per averti perso./Altro ho perduto - il mondo intero». Ma questa è poesia e di grande qualità. Poi c’è la prosa del perdere, che sfiora l’assurdo e, come si è visto, in questo campo il premio Nobel spetta al Pd che ha perso la bussola. Ma – vedrete – si può scommettere che ora i giornali mainstream perderanno la testa per la Schlein. Già hanno cominciato con le sviolinate. Auguri. Davanti al Pd si spalanca il deserto a “perdita” d’occhio. E di elettori.

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